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La casa dei doganieri: testo e commento alla poesia di Montale

Un luogo del ricordo, in cui passato e presente si fondono per farsi “varco”, punto di fuga dalla realtà, in cerca del senso dell’esistenza

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

10“La casa dei doganieri", composta da Eugenio Montale nel 1930 e pubblicata per la prima volta sul periodico “Italia letteraria", costituisce il nucleo della raccolta “Le Occasioni", edita da Einaudi nel 1939. Il componimento è una riuscita rappresentazione della memoria, che si fa fisica in un luogo del ricordo, all’interno del quale tempo e spazio si fondono in un’unica entità, e che contiene una domanda centrale per comprendere l’intera produzione poetica montaliana: “Il varco è qui?". Un interrogativo che come i tanti posti dal poeta è destinato a rimanere sospeso, senza risposta, ma che allo stesso tempo rappresenta il punto di fuga dalla realtà, la possibilità di trovare un senso alla propria esistenza.

La casa e Arletta

Il luogo del ricordo è fisicamente rappresentato dalla casa di Monterosso, il paese natio di Montale. La casa dei doganieri, a strapiombo sulla scogliera ligure, appare ormai desolata e in rovina, ma resta l’ultimo stadio della memoria, che invano si oppone all’ineluttabilità della morte e dell’oblio. Sensazioni che si legano a doppio filo con l’immagine di Arletta, un’amica d’infanzia, mai più rivista, della quale aleggia la presenza nelle stanze che una volta li videro trascorrere insieme ore felici e spensierate in cui ancora riecheggia la sua risata. Una figura femminile, associata ora a una bambina poi tragicamente scomparsa, ora all’amica di gioventù Anna degli Umberti, che ricorda Dora Markus, altra importante presenza evocata nella stessa raccolta “Le Occasioni", figure inquiete e sempre più evanescenti nell’inesorabile incedere del tempo.

Testo

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura.
e il calcolo dei dadi più non torna
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.

Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.

Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende …)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.

Parafrasi

Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: [la casa] ti attende abbandonata da quel giorno in cui tu vi entrasti con i tuoi pensieri inquieti.

Il libeccio colpisce da anni le vecchie mura e il suono del tuo riso non è più felice: la bussola si muove senza senso da una parte e dall’altra e la somma dei dadi non è più corretta. Tu non ricordi più; altre situazioni confondono in te il ricordo di quell’incontro; il filo della memoria si dipana dalla matassa, allontanandoci l’uno dall’altra.

Io ho ancora in mano un capo di quel filo, conservo ancora in me quel ricordo; ma la casa si allontana e la banderuola affumicata in cima al tetto gira senza interruzione. Ne ho ancora un capo; ma tu resti sola e non sei presente qui con me nel buio.

Oh l’orizzonte che si allontana, sul quale raramente si accende la luce di una petroliera! È qui il passaggio? (L’onda che si rompe riappare ancora sul precipizio che scende… ). Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi va e chi resta".

Analisi e commento

Abbarbicata sulla scogliera ligure e sferzata dalle potenti raffiche di libeccio, la casa dei doganieri contiene tra le sue mura i due piani temporali che si alternano nel componimento, il passato e il presente. Così come a contenere i versi è quel “Tu non ricordi", che apre e chiude la poesia, dall’incipit dal richiamo leopardiano, in cui Arletta per un attimo si sovrappone a Silvia, distaccandosene subito dopo, con una ad imboccare l’illusione della rimembranza e l’altra la certezza dell’oblio, alla perentoria affermazione nella conclusione della lirica, in cui il poeta prende coscienza di essere il solo a ricordare, unico a sorreggere il filo della memoria. Che intanto si sgretola tutta intorno, erosa all’esterno dal vento e dalle onde, mentre all’interno si scatena il caos incontrollabile dell’esistenza e dello scorrere del tempo, tra la bussola impazzita, il calcolo dei dadi che non torna più, la banderuola che vibra in preda alle raffiche e l’orizzonte che si allontana, come la figura della stessa Arletta. Lasciando il poeta di fronte al varco tra passato e presente, che si confondono al punto da non saper più dire “chi va e chi resta", in quel luogo di passaggio della memoria umana che è la casa dei doganieri.