Suffragette, chi sono le attiviste per l’emancipazione femminile
Le eroine del movimento per l’emancipazione delle donne lottarono per il diritto di voto. Non sempre in modo pacifico, a volte pagando con la vita
La parola “Suffragette” indica le donne appartenenti a un movimento di emancipazione femminile, determinato ad ottenere il diritto di voto. Il termine è anche entrato nel linguaggio corrente e viene associato alle donne che hanno lottato per conquistare i loro diritti.
La convinzione che la donna debba essere assoggettata all’uomo è appartenuta ai grandi popoli dell’antichità, dai Persiani, ai Greci, passando per i Romani, tutti caratterizzati da una famiglia di tipo patriarcale. Esistono però prove che altrettanto antica è anche la lotta femminista, risalente addirittura al 200 a.C. nella Roma di Catone, quando va in scena la protesta delle donne contro il divieto di possedere più di mezza oncia d’oro, di portare vestiti multicolori e di passeggiare in carrozza.
La situazione della donna forse addirittura peggiora nel Medioevo quando, addirittura, ci si domanda se la donna sia dotata di un’anima come l’uomo, oppure se ne sia priva, come le bestie.
Anche nel Rinascimento la condizione della donna non registra miglioramenti, ma soprattutto tra le classi più elevate, emergono figure femminili che riescono a raggiungere i gradi più alti dell’istruzione e ad affermarsi in vari campi, dalla letteratura all’arte, dalla politica agli affari.
E’ però solamente tra la fine del Settecento e l’inizio del Novecento che si inizia a diffondere tra le donne la volontà di riuscire ad ottenere gli stessi diritti di cui godono gli uomini.
Una storia di lotte
Il cosiddetto Femminismo si propone di ottenere l’equiparazione della donna all’uomo, sia per quanto riguarda l’ambito civile, sia per quanto riguarda quello socio-politico, e rivendica il diritto della donna di realizzare liberamente la propria personalità.
Questo movimento nasce durante la rivoluzione francese, quando, nel 1792, Olympe de Gouges presenta al governo rivoluzionario una “Declaration des Droits des Femmes”, con la quale vengono richiesti per le donne tutti i diritti civili e politici. All’incirca un anno dopo, in Inghilterra, viene pubblicato un libro intitolato “Vindication of the Rights of Woman” di Mary Wollstonecraft.
Quasi un secolo più tardi, nel 1880, sulla scorta del successo di “The Subjection of Woman” di John Stuart Mill, le donne inglesi ottengono il diritto di voto nei consigli municipali e nei consigli di contea. Nel 1903 le organizzazioni femministe danno vita a un vero e proprio movimento politico, disposto a lottare con comizi e manifestazioni pubbliche, per ottenere l’estensione del suffragio alle le donne. Le militanti di questo movimento, che verranno dispregiativamente appellate con il nome di “suffragette”, riescono a far breccia nella resistenza della società britannica, disturbano i comizi dei deputati, incendiano e danneggiando negozi e edifici pubblici, come nella “guerra delle vetrine” del 1912, fino ad ottenere, nel 1918, il diritto di voto.
Anche negli Stati Uniti le femministe americane iniziano le loro lotte, ma senza degenerare nella guerriglia urbana, le loro manifestazioni si limitano a parate pacifiche, cortei con fiaccole e striscioni, comizi e marce di protesta, nel tentativo di sensibilizzare l’opinione pubblica. Almeno fino all’8 marzo del 1908, quando in un’azienda tessile di New York muoiono, uccise da un improvviso incendio, 129 operaie, riunite in sciopero all’interno della fabbrica.
Nel 1913 il movimento suffragista conta anche la sua prima martire, la giovane Emily Davinson, che si getta sotto la carrozza reale durante un affollato derby rimanendo uccisa in seguito alle gravissime lesioni riportate.
Il movimento femminista farà molta strada e non solo in Inghilterra e negli Stati Uniti, ma anche in quasi tutta Europa, dove le donne riusciranno ad eguagliare l’uomo in tutti i campi e ad ottenere, finalmente, il sospirato diritto di voto.
“La donna nasce libera e ha gli stessi diritti dell’uomo. L’esercizio dei diritti naturali della donna non ha altri limiti se non la perpetua tirannia che le oppone l’uomo. Questi limiti devono essere infranti dalla legge, dalla natura e dalla ragione”. (Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina)