Iosif Stalin, biografia e attività politica
Dalla biografia agiografica e il culto della personalità alla repressione del dissenso fino alla morte: tutto sul militare sovietico che guidò il Partito Comunista
- Le origini
- L’opera politica
- La biografia agiografica e il culto della personalità
- La metodologia in ambito economico
- Le "purghe" staliniane
- La repressione del dissenso, quintessenza della politica staliniana
- La macchina propagandistica
- La morte
Le origini
Iosif Vissarionovič Stalin (18 dicembre 1878 – 5 marzo 1953), fu inizialmente un rivoluzionario, in seguito un uomo di stato russo, nato in Georgia, divenuto alla morte di Lenin Segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (1922-53), nonché capo dello Stato sovietico. Per 25 anni, Stalin esercitò attraverso il governo dell’URSS una forma di governo autoritario che si trasformò quasi subito in dittatura personale, mentre al contempo l’Unione Sovietica a livello economico e industriale evolveva in una delle principali potenze globali.
L’opera politica
Negli anni in cui fu al comando dell’URSS, fino alla morte avvenuta nel 1953, il potere personale di Stalin, esercitato con la durezza tipica dell’assolutismo, fu immenso e incontrastato, anche perché contemplava l’eliminazione sistematica di qualsivoglia forma di opposizione e di ogni altro politico del quale Stalin stesso riteneva di non potersi più fidare. Nel frattempo, in Unione Sovietica si era avviata una veloce industrializzazione dei territori delle varie Repubbliche Socialiste e una collettivizzazione forzata dell’agricoltura, che anche in questo caso ebbero costi umani elevatissimi.
La biografia agiografica e il culto della personalità
La biografia di Stalin conosciuta in Occidente è stata per lungo tempo ammantata da una specie di alone leggendario diffuso dai sovietici stessi e recepito con ammirazione dai militanti dei partiti comunisti di tutto il mondo, che enfatizzava la sua abilità di eroico rivoluzionario bolscevico e fedele seguace di Lenin: quasi un co – fondatore dell’Unione Sovietica. Nel periodo in cui fu all’apice del potere, Stalin fu salutato come una sorta di divinità laica, come un “sole splendente” o anche come un “grande maestro e amico”: queste le definizioni che ne esaltavano gli aspetti di autorevolezza ma anche le doti di paterna guida del popolo. La mitologia legata al suo nome divenne tale da essere suffragata da un’ampia “promozione visiva” per mezzo dell’erezione di busti, statue e di tutta un’iconografia del dittatore, con lo
scopo di farne l’oggetto di un culto fanatico.
La metodologia in ambito economico
Uno dei volani usato da Stalin per accrescere in modo esponenziale il proprio consenso fu pianificare nei minimi dettagli la politica economica: lo stato presiedeva in modo invasivo tutti i meccanismi dell’economia e di conseguenza della finanza russe: il governo decideva cosa produrre, quanto, in quanto tempo e a quale prezzo. Ciò escludeva a priori l’iniziativa privata e presupponeva che lo stato detenesse la proprietà di tutti i mezzi di produzione. Fu uno sforzo enorme, che trasformò l’Unione Sovietica in una grande potenza industriale, seconda solo a USA e Germania, con una crescita programmata di lustro in lustro: i cosiddetti “Piani quinquennali”. I costi di tale politica furono altissimi in termini sociali, non potendo ottenere finanziamenti da stati stranieri, si seguirono due strategie: stabilire un basso livello dei salari e quindi dei consumi, ottenuto con una sorta di “militarizzazione” del lavoro operaio, poi il trasferimento coatto dei proventi dall’agricoltura all’industria, tramite la collettivizzazione obbligaroria dei terreni. Stalin era consapevole che ciò avrebbe provocato inizialmente un forte dissenso nelle campagne: in effetti, i contadini si opposero con ogni mezzo alla collettivizzazione forzata. Verso di loro si agì con la forza, attraverso eliminazioni sistematiche e internamento nei campi di lavoro. Questo inizialmente provocò delle pesanti controindicazioni: la produzione agricola ebbe una contrazione e il prelievo forzato di gran parte del raccolto non era sufficiente nemmeno per l’autoconsumo; di conseguenza una gravissima carestia distrusse molte regioni. Nel 1933 Stalin stesso reintrodusse il diritto dei contadini di coltivare piccoli appezzamenti per le proprie necessità.
Il PNL in quel periodo aumentò, ma ciò non si tradusse in aumento dei consumi delle famiglie, in quanto venne utilizzato per nuovi investimenti e per la difesa.
Le “purghe” staliniane
In campo politico Stalin instaurò una dittatura basata sul partito unico, che era l’interfaccia dello stato stesso, in quanto unico detentore del potere e catalizzatore del consenso. Questo fenomeno, già descritto in precedenza, è quello delle cosiddette “grandi purghe”, per mezzo delle quali furono uccisi o internati numerosi cittadini sovietici, per convincere il popolo della colpevolezza dei quali veniva messa in atto sistematicamente un propaganda ideologica che tendeva a criminalizzare ogni dissenso.
La repressione del dissenso, quintessenza della politica staliniana
Dal 1927 comincia ufficialmente la dittatura staliniana assoluta, che diviene più che altro una feroce egemonia personale, proprio come tante altre dell’Europa della medesima epoca, anche se di segno ideologicamente opposto. Il tipico regime all’interno del quale non è consentito nessun tipo di dissenso nei confronti del governo centrale e, di conseguenza, nessuna libertà d’espressione. A questo si lega il concetto, secondo Stalin stesso, della necessità di individuare e neutralizzare, con i metodi più efficaci e intransigenti, non solo gli oppositori politici, ma il concetto stesso di opposizione al potere centrale e allo Stalinismo. Era iniziato, come durante il regime del Terrore di Robespierre in Francia, il clima tipico della cultura del sospetto. Una volta individuati e isolati i nemici politici, o supposti talento, venne istituita una fitta rete di campi di lavoro forzato, chiamati Gulag, dove c’erano milioni di detenuti, quasi sempre ridotti allo stremo delle forze e che spesso trovavano la morte nelle condizioni proibitive che erano costretti a sopportare all’interno dei campi.
La macchina propagandistica
Contestualmente, proprio come accade nella Germania di Hitler e nell’Italia di Mussolini si avvia una grande macchina propagandistica, che si concentra sul culto della personalità del dittatore: la persona, intesa come capo, viene saltata in ogni occasione per le sue grandi doti politiche e militari e viene in qualche modo osannata e seguita quasi alla pari di una divinità.
La morte
Nel pomeriggio del 2 marzo 1953 Iosif Stalin, il leader dell’Unione Sovietica, venne ritrovato riverso su un tappeto, vittima di un colpo apoplettico, come si definivano all’epoca più di un malessere. La sua morte, annunciata il 5 marzo, diede avvio al processo di “destalinizzazione” che sarebbe terminato definitivamente solo con la dissoluzione dell’URSS nel 1990.
– L’agonia fu spaventosa (…) in un certo momento, evidentemente già nell’ultimo minuto, a un tratto egli aprì gli occhi e li girò su tutti coloro che stavano intorno. Fu uno sguardo terribile, forse folle, forse furibondo e pieno di terrore davanti alla morte e davanti alle facce sconosciute dei medici che si chinavano su di lui -: queste le parole di Svetlana Allilueva, meglio conosciuta come Svetlana Iosifovna Stalina, la figlia del dittatore.