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La caduta del Muro di Berlino: Date e principali avvenimenti

La caduta del Muro di Berlino, la notte tra il 9 e il 10 novembre 1989, simboleggia per il mondo intero la fine di un'epoca. Per i tedeschi si conclude un lunghissimo dopoguerra, nel blocco sovietico si assiste all’inizio della dissoluzione dell’URSS. Ma tutto, sorprendentemente, scaturisce da un equivoco

Valeria Biotti

Valeria Biotti

SCRITTRICE, GIORNALISTA, SOCIOLOGA

Sono scrittrice, giornalista, sociologa, autrice teatrale, speaker radiofonica, vignettista, mi occupo di Pedagogia Familiare. Di me è stato detto:“È una delle promesse della satira italiana” (Stefano Disegni); “È una scrittrice umoristica davvero divertente” (Stefano Benni).

“Nessuno ha intenzione di costruire un muro”

È il 15 giugno 1961 quando Walter Ulbricht, Presidente del Consiglio di Stato della Repubblica Democratica Tedesca (DDR) si espone personalmente a rassicurare il popolo: nessuno spaccherà fisicamente la Germania.

La divisione politica e ideologica, di fatto, esiste già dal 1949: il territorio è frammentato in una Germania Est e una Ovest dotate di rispettive capitali, Berlino e Bonn. Quindi, che necessità ci sarebbe di costruire un muro?

La risposta arriva rapidamente, a soli due mesi di distanza, nella notte tra il 12 e il 13 agosto.

Il regime comunista è profondamente inquieto a causa dell’esodo che riversa milioni di persone (almeno 2 e mezzo, secondo le stime dell’epoca) verso i territori occidentali. Il blocco a est assiste a una vera fuga di cervelli: sono i professionisti, i giovani studenti, le famiglie con un tenore di vita e con un livello culturale medio-alto a ricercare condizioni di vita più favorevoli. L’unica soluzione, allora, appare davvero quella di inibire il passaggio attraverso l’erezione di un muro.

La Cortina di Ferro – che già separava i Paesi sotto l’influenza sovietica da quelli dell’orbita occidentale – diviene improvvisamente visibile a occhio nudo.

All’alba del 13 agosto 1961, gli abitanti di Berlino aprono gli occhi su una città improvvisamente diversa. Strade invase da recinzioni di filo spinato, linee di trasporto interrotte. Ed è solo l’inizio: nel giro di poco, il muro diviene una barriera di cemento insormontabile, alta più di tre metri e lunga ben 155 chilometri.

Se l’impressione può essere quella di una città segata in due, la situazione reale racconta altro: Berlino Ovest è, sostanzialmente, accerchiata: una sorta di isola, di enclave della Germania Est. Quest’ultima parla, infatti, di “Muro di protezione antifascista”; il sindaco di Berlino Ovest, invece, lo chiama efficacemente “il muro della vergogna”.

Come di presenta, il muro della vergogna

Lo scenario davanti agli occhi appare davvero bellico. Oltre al Muro originario, si notano recinti fortificati, fossati, campi minati, bunker, centinaia di torrette di guardia e posti di blocco.

Molti sono gli interventi progressivi per garantire la divisione. Un secondo muro viene eretto nel 1962, quindi nel 1965 si dà il via alla costruzione della terza generazione del muro che andrà a soppiantare le precedenti. È composto da lastre di cemento armato collegate da montanti di acciaio e coperti da un tubo, anch’esso di cemento.

Il muro di quarta generazione, iniziato nel 1975, è in cemento armato rinforzato, alto 3,6 metri e composto di 45.000 sezioni separate, larghe un metro e mezzo. Viene eretto, inoltre, un ulteriore muro parallelo al primo, che amplia la distanza tra le due Berlino attraverso un esteso anello di terra vuota: la “striscia della morte”: oltre 105 chilometri di fossato anticarro, 302 torri di guardia con cecchini armati, 20 bunker e una strada illuminata per il pattugliamento lunga 177 km.

Chiunque tenti di attraversare l’area per sconfinare viene raggiunto dai proiettili dei Vopos – le guardie di frontiera – incaricate di sparare a vista ai trasgressori.

Se in un primo momento era previsto un unico punto di attraversamento – per stranieri e turisti – il Checkpoint Charlie in Friedrichstraße, le potenze occidentali avevano altri due posti di blocco: il Checkpoint Alpha sul confine tra Germania Est e Ovest e il Checkpoint Bravo al confine sud di Berlino Ovest.

I tentativi rocamboleschi di attraversare, le morti crudeli e assurde

Si calcolano circa 5000 tentativi di fuga coronati da successo verso Berlino Ovest. Nello stesso periodo, varie fonti indicano un numero compreso tra 192 e 239 di cittadini della Germania Est uccisi dalle guardie durante il tentativo di raggiungere l’ovest, e molti feriti.

Si può, purtroppo, sostenere che vittime del muro siano state molte di più, tra il 1961 e il 1988. Oltre 600 persone, se – in aggiunta ai caduti per mano dei soldati di frontiera – si enumerano i casi di suicidio, gli incidenti mortali e gli scomparsi per annegamento dovuti al tentativo di oltrepassare i fiumi Spree e Havel, a cavallo del confine tra Est e Ovest.

La prima persona a perdere la vita tentando la fuga è Ida Siekmann, che il 22 agosto 1961 prova a raggiungere Berlino Ovest saltando dal suo appartamento nella Bernauer Straße.

L’ultimo, probabilmente, Winfried Freudenberg, morto l’8 marzo 1989 precipitando nel territorio Ovest con la mongolfiera costruita con le sue mani.

Günter Litfin è la prima vittima uccisa dai soldati di confine; Chris Gueffroy – poco più che ventenne – l’ultima.

Se la maggior parte dei tentativi è stata posta in atto da uomini sostanzialmente giovani, ricordiamo anche alcune donne:

– Olga Segler, morta all’età di 80 anni

– Marienetta Jirkowsky (18 anni), uccisa con ben 27 colpi

E bambini:

– Lothar Schleusener e Jörg Hartmann (13 e 10 anni), uccisi a colpi di arma da fuoco dai soldati di confine, nel tentativo di fuga intrapreso insieme

– Cengaver Katranci, di nove anni,

– Giuseppe Savoca, di sei anni,

– Siegfried Krobot, di cinque,

– Cetin Mert, morto il giorno del suo quinto compleanno,

– Holger H., 15 mesi.

Uno dei più noti tentativi falliti fu quello del diciottenne Peter Fechter, ferito da proiettili sparati dalle guardie di confine della DDR il 17 agosto 1962 e lasciato morire dissanguato nella striscia della morte, davanti agli occhi dei media occidentali.

Il malinteso e, finalmente, la caduta

La prima tappa della riunificazione va in scena nell’agosto 1989, quando l’Ungheria elimina le restrizioni alla frontiera con l’Austria, creando così la prima breccia nella cortina di ferro.

Dalla metà di settembre dello stesso anno, migliaia di tedeschi orientali provano quindi a raggiungere l’Ovest attraverso l’Ungheria, ma vengono respinti. Il processo, però, ormai è partito.

Le dimostrazioni di massa contro il governo della Germania Est non passano inosservate; anzi, provocano le dimissioni del leader della DDR Erich Honecker che ha recentemente assicurato l’esistenza del muro per altri cent’anni.

l nuovo governo di Krenz decide, quindi, di concedere ai cittadini dell’Est permessi per viaggiare nella Germania dell’Ovest.

Il compito di dare la notizia è appannaggio di Günter Schabowski, Ministro della Propaganda della DDR. Ma se l’entrata in vigore delle disposizioni è programmata per il 10 novembre 1989, avviene un clamoroso malinteso.

Le guardie di confine non hanno ancora indicazioni precise quando, il 9 novembre 1989, la conferenza stampa viene convocata per le ore 18.

Alle 18:53 il corrispondente ANSA da Berlino Est Riccardo Ehrman domanda da quando le nuove Reiseregelungen (regole di viaggio) divengano effettive. Schabowski cerca inutilmente la risposta nella velina del Politburo, e risponde come ritiene: «Per accontentare i nostri alleati, è stata presa la decisione di aprire i posti di blocco. Se sono stato informato correttamente quest’ordine diventa efficace immediatamente.»

La dichiarazione appare come un segnale di “liberi tutti” e la popolazione si riversa contro il muro.

Nell’arco delle settimane successive, migliaia di berlinesi si prodigano a demolire il confine di cemento che li ha tenuti in ostaggio per quasi trent’anni, abbattendo di fatto l’ultimo simbolo della Guerra Fredda.

La Germania viene ufficialmente riunificata il 3 ottobre 1990.