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Oskar Schindler: chi era e perché diventò famoso

Paolo Marcacci

Paolo Marcacci

INSEGNANTE DI LETTERE, GIORNALISTA PUBBLICISTA, SPEAKER RADIOFONICO, OPINIONISTA TELEVISIVO

Ho trasformato in professione quelle che erano le mie passioni, sin dagli anni delle elementari. Dormivo con l'antologia sul comodino e le riviste sportive sotto il letto. L'una mi è servita per diventare una firma delle altre. Per questo, mi sembra di non aver lavorato un solo giorno in vita mia.

Le origini

Oskar Schindler (1908-1974) era nato a Svitavy (Zwittau), in Moravia, in un territorio che all’epoca era una provincia dell’Impero Austro-Ungarico.

Perché passo alla storia

Durante la Seconda Guerra Mondiale, Schindler, il quale era di nazionalità tedesca e di religione cattolica, salvò quasi 1.200 Ebrei dalla deportazione ad Auschwitz. Non perché fosse un benefattore, non originariamente perlomeno. Era tutt’altro, ma questa è una di quelle occasioni in cui la Storia ridisegna i destini, singoli e collettivi, facendo scoprire a determinati individui un modo differente di essere e di agire.

L’uomo Schindler

Nel 1936, Schindler aveva cominciato a lavorare per i Servizi Segreti Militari tedeschi e nel febbraio 1939 risultava già iscritto al Partito Nazionalsocialista di Adolf Hitler.
Uomo d’affari opportunista, spregiudicato nelle operazioni e nelle speculazioni finanziarie, quando gli riuscivano, era un amante della vita raffinata, un donnaiolo e uno che non disdegnava la buona tavola e i liquori di pregio. A prima vista, dunque, Schindler non sembrava certamente uno che possedesse la personalità tipica del filantropo, meno che mai dell’eroe di guerra.

La vicenda

Dopo l’invasione della Polonia, Schindler aveva ritenuto che per i suoi affari fosse proficuo trasferirsi a Cracovia. Pensò di sfruttare il programma tedesco di “arianizzazione” delle imprese commerciali polacche; questo lo portò nel novembre del 1939 a rilevare una fabbrica di oggetti smaltati, denominata “Emalia”, che era appartenuta a un imprenditore ebreo.
Già proprietario e direttore di due altre fabbriche, Schindler utilizzò solo per Emalia dei prigionieri ebrei costretti ai lavori forzati, provenienti dal Ghetto di Cracovia. Durante la “liquidazione” del Ghetto, nel marzo del 1943, Schindler permise ai suoi operai di pernottare all’interno della fabbrica: in questo modo avrebbe fornito loro un riparo relativamente confortevole e il più possibile protetto. Quando aveva raggiunto il massimo della sua operatività, Emalia contava 1.700 lavoratori, di cui almeno 1.000 erano ebrei provenienti dai lavori forzati; molti di loro furono in seguito deportati nel campo di lavoro di Plaszow.

L’impegno di Schindler

Pur lavorando ad Emalia, i prigionieri erano però pur sempre soggetti alle feroci condizioni del campo di Plaszow e Schindler a quel punto iniziò a prendere più più volte le loro parti, di fatto proteggendoli: adoperava sia le sue abilità diplomatiche che degli strumenti di vera e propria corruzione più diretti ed efficaci. In questo modo riuscì a far passare la tesi che quei lavoratori fossero essenziali allo sforzo bellico del Terzo Reich, di conseguenza egli creò all’interno di “Emalia” un settore per la produzione di armamenti.

I “numeri” di Schindler

Oltre al migliaio di ebrei registrati come suoi lavoranti, Schindler consentì anche ad altri 450, che lavoravano in fabbriche vicine, di vivere all’interno di “Emalia”. La protezione offerta dall’imprenditore a quegli operai, insieme ad alcune delle sue diversificate attività commerciali, portarono le autorità naziste ad accusarlo di corruzione e di “aiuto non autorizzato” verso individui di religione e “razza” ebraica. Le SS e la Gestapo lo arrestarono tre volte, ma non furono mai in grado di provare le accuse nei dettagli, questo lo fece scagionare presto in tutte le occasioni.

L’impegno verso gli ebrei

Nell’ottobre del 1944, Schindler ottenne l’autorizzazione di spostare gli impianti a Brünnlitz (Brnenec), nella regione della Moravia. Uno dei suoi assistenti si trovò a redigere diverse versioni di una lista di più di mille ebrei da assumere in quanto fondamentali per il nuovo stabilimento.

La lista di Schindler

Questo elenco sarebbe poi diventato famoso come “La Lista di Schindler”. Nonostante fosse classificato come fabbrica d’armi, l’impianto di Brünnlitz produsse soltanto semplici munizioni, peraltro spesso difettose, durante gli otto mesi della sua produzione. Schindler ebbe quindi cura di far presentare falsi rapporti sull’operatività effettiva dell’opificio: fu questo lo stratagemma attraverso il quale ebbe modo di giustificare l’esistenza della fabbrica con le autorità tedesche, mantenendo in vita e al sicuro tutti quegli individui che altrimenti sarebbero stati perseguitati, internati e uccisi dai nazisti.

Schindler dopo la guerra

Nel 1949 Schindler e sua moglie emigrarono in Argentina. Nel 1962, Yad Vashem, l’Ente Nazionale Israeliano per la Memoria sull’Olocausto, giudicò che Oskar Schindler meritasse l’appellativo di “Giusto tra le Nazioni” per la sua opera di salvataggio e protezione degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale. Nell’ottobre del 1974, Schindler terminava i suoi giorni in Germania, in povertà e nella dimenticanza più assoluta.

Il film

Nel 1993 il film di Steven Spielberg, “La Lista di Schindler”, risvegliò un nuovo interesse per la figura e la sua vicenda esistenziale di quest’uomo che tutto avrebbe pensato di essere, fuorché un eroe.

A futura memoria

In tutto, durante il periodo dell’Olocausto, Oskar Schindler riuscì a mettere in salvo dallo sterminio circa ottocento uomini e quattrocento donne di religione ebraica.