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Congresso di Vienna, cos'è e quando si è tenuto

Fu una conferenza fra le principali potenze europee tenutasi presso il castello di Schönbrunn dal 1° novembre 1814 al 9 giugno 1815, al fine di ripristinare l'Ancien régime

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre napoleoniche portarono le principali nazioni del Vecchio Continente a inaugurare la cosiddetta età della Restaurazione, vale a dire il ripristino dei sovrani assoluti, destinati a regnare fino al 1848. A dispetto del nome, quello di Vienna non fu mai un vero e proprio congresso, in quanto non si riunì mai in forma plenaria e la maggior parte delle discussioni avvenne sotto forma di sessioni informali tra le grandi potenze.

Congresso di Vienna: i partecipanti

Dopo un primo incontro a Londra, il 1° novembre 1814 le delegazioni diplomatiche – in primis – di Austria, Regno Unito, Prussia e Russia, le nazioni vincitrici delle guerre napoleoniche, si riunirono a Vienna con l’obiettivo di ridare all’Europa un assetto stabile. Ad esse si aggiunse quella della Francia, grazie all’abilità di Charles Maurice de Talleyrand-Perigord, vescovo prima della Rivoluzione del 1789 e a quel tempo ministro degli esteri di Luigi XVIII. Egli riuscì a far applicare il principio di legittimità, secondo il quale dovevano essere ripristinati sui rispettivi troni i sovrani illegittimamente spodestati da Bonaparte. L’altro principio assunto come linea-guida fu quello ‘di equilibrio’, ideato con lo scopo di non concedere ad alcun Paese la supremazia territoriale in Europa ma, al contrario, di equilibrare le forze in modo tale che nessuna potesse prevalere sulle altre: ciò portò alla nascita del Regno Unito dei Paesi Bassi, un territorio ‘cuscinetto’ tra la Francia e la Confederazione germanica. A seconda dei temi trattati, ad ogni modo, parteciparono anche delegazioni di Spagna, Portogallo, Svezia, Hannover, Baviera, Württemberg, Stato Pontificio e dei Regni di Sardegna e Napoli. Inoltre, l’ordinamento degli Stati cosiddetti ‘restaurati’ venne lasciato ai singoli sovrani e fu generalmente costituito dalle tipiche monarchie assolute, prive di parlamenti o, al più, con rappresentanze non elettive. A caratterizzare il Congresso di Vienna, oltre agli aspetti geopolitici, furono i numerosi balli, feste, cene e sfarzosi ricevimenti tenuti dalla corte e dai nobili austriaci con i più importanti rappresentanti delle altre potenze continentali, al punto che venne ribattezzato dal principe belga Charles Joseph de Ligne “Congresso danzante”.

Congresso di Vienna: la questione polacco-tedesca

Innanzitutto, la questione delle perdite territoriali della Francia non fu praticamente mai neppure accennata, in quanto già alla vigilia del Congresso di Vienna si era deciso per il ripristino dei confini transalpini all’epoca prenapoleonica. La Russia ottenne gran parte del Ducato di Varsavia e la Finlandia, mentre alla Prussia andarono la Westfalia, la Renania settentrionale, il 40% della Sassonia (il restante rimase ‘libero’, sotto il re Federico Augusto I), il distretto di Poznań e parte della Polonia. Cracovia, invece, divenne una città libera. Fu proprio la questione polacco-tedesco al centro di numerose discussioni, con lo zar di Russia Alessandro I che mirava alla creazione di una Polonia ‘indipendente’, ma in realtà resa una nazione satellite: i diversi punti di vista portarono inevitabilmente alla sua spartizione. Fu introdotta poi la Confederazione tedesca, sotto la guida di Prussia e Austria e che portò all’accorpamento – in soli 39 – dei circa ex 300 Stati fino al 1806 sotto il controllo del Sacro Romano Impero. Il Regno Unito, dal canto suo, il Paese con il maggior interesse a mantenere lo status quo nel Vecchio Continente, si avvantaggiò ‘scippando’ alcune colonie alla Francia e al suo alleato olandese, come le Indie Occidentali, il Sudafrica e il Capo di Buona Speranza. A rappresentare la Gran Bretagna c’era il ministro degli esteri, il nobile irlandese lord Castlereagh, che aveva ricevuto l’istruzione di mettere sul piatto i possedimenti oltremare della Corona per avvantaggiarsi in Europa ma, notando come le altre potenze sottovalutassero le potenzialità e le ricchezze di questi territori, agì in modo totalmente opposto, rendendo il proprio Regno il più grande impero coloniale al mondo, primato che deterrà fino al termine della Seconda Guerra Mondiale.

Congresso di Vienna: il nuovo assetto politico in Italia

L’Italia, poi, venne divisa in dieci Stati: in primis, il Regno di Sardegna, governato dai Savoia, che riottenne il Piemonte e la Savoia e venne ingrandito con i territori della Repubblica di Genova, il Regno Lombardo-Veneto, sotto il controllo dell’Austria e comprendente i territori di terraferma della Repubblica di Venezia (che non venne ricostituita), del Veneto, del Friuli, della Lombardia orientale, della Valtellina (che rifiutò l’annessione al Canton Grigioni) e della Transpadana ferrarese (prima appartenente allo Stato Pontificio), tutti uniti alla parte rimanente della Lombardia. Sotto una forte influenza asburgica finirono, poi, il Granducato di Toscana, i Ducati di Modena, Parma, Lucca e Massa-Carrara, così come – in via minore – lo Stato Pontificio, la Repubblica di San Marino e il Regno delle Due Sicilie, nato dall’unione del Regno di Sicilia con quello di Napoli. Infine, la Danimarca perse la Norvegia a vantaggio della Svezia e ottenne il Ducato di Lauenburg da Hannover (quest’ultima ricevette però la Frisia orientale a scapito della Prussia e vari altri territori della Germania nord-occidentale), mentre la Pomeriana da svedese divenne prussiana e la Baviera guadagnò il Palatinato renano e alcuni territori in Franconia. Ma la più grande eredità lasciata dal Congresso di Vienna, senza ombra di dubbio, furono l’abolizione della tratta degli schiavi e la restituzione delle opere d’arte trafugate – soprattutto in Italia – da Napoleone. I diplomatici, tuttavia, ricevettero pesanti critiche per aver ignorato i principi del liberalismo e le aspirazioni delle popolazioni.