Giordano Bruno è uno scrittore, filosofo e frate domenicano italiano vissuto nel XVI secolo. Il suo pensiero è inquadrabile nel naturalismo rinascimentale e si basa sull’idea che l’universo infinito è effetto di un Dio infinito, fatto di infiniti mondi, da amare infinitamente.
Nasce a Nola nel 1548 con il nome di Filippo Bruno. Appassionato di filosofia, a 15 anni frequenta il chiostro dell’ordine dei domenicani a Napoli per approfondire i suoi studi. Qui prende i voti e cambia il suo nome di battesimo in Giordano. Dall’animo irrequieto e non incline ad accettare i dogmi, inizia presto a maturare la concezione panteistica che Dio è l’universo pur nella sua molteplicità.
Le sue idee non sono ben viste nel periodo più buio della Controriforma e il frate si scontra spesso con le autorità religiose. Nel 1576 decide di abbandonare l’ordine e si trasferisce prima a Roma, poi a Nola, Savona, Torino, Padova fino ad arrivare a Ginevra dove si avvicina al calvinismo. Dalla Svizzera passa in Francia, a Tolosa, e scrive le sue prime opere, fra le quali De umbris idearum e Il Candelaio.
Dal 1583 al 1585 si trasferisce in Inghilterra, insegna a Oxford, e realizza i testi La cena delle ceneri e De l’infinito universo et mondi che riprendono le teorie copernicane sulla natura e l’eliocentrismo ma contrappongono al mondo finito dell’astronomo polacco, l’idea di infinità dell’universo. Di questi anni è anche la sua opera più importante De la causa principio et uno.
Nel 1591 si sposta in Germania dove insegna a Wittenberg e a Francoforte, per poi approdare nella più tollerante Venezia. Viene invitato nella città italiana dal nobile Giovanni Mocenigo che vuole essere istruito sulla mnemotecnica, di cui Bruno era un esperto. Sarà proprio Mocenigo, impressionato dalle idee di Giordano, ritenute da lui blasfeme, a denunciarlo al Santo Uffizio. L’ex sacerdote viene così arrestato e processato a Venezia. Qui il filosofo ritratta in parte le proprie posizioni, ma l’inquisizione romana richiama a sé il processo e chiede l’estradizione dalla Repubblica lagunare.
Il trasferimento nella Capitale avviene nel 1593. L’inquisizione tenta di convincerlo a ritrattare le sue idee definite “eretiche” e, nel 1599, convinto dal cardinale Bellarmino, Bruno fa delle dichiarazioni che sembrano essere una ritrattazione delle sue teorie, ma le autorità religiose le reputano parziali e insufficienti. Viene quindi dichiarato eretico e condannato al rogo. Per ordine di Papa Clemente VIII, Giordano Bruno viene arso vivo a Roma il 17 febbraio del 1600.