Giuseppe Ungaretti nasce ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 ed è un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano. È un importante poeta della letteratura italiana del XX secolo, le sue poesie sono caratterizzate inizialmente da componimenti molto brevi, analogie ardite, poche essenziali parole, e le ritroviamo quasi tutte nella raccolta intitolata L’allegria, del 1931. Influenzato da sempre dal simbolismo francese, solo in seguito passa a opere più articolate e complesse, dai contenuti più difficili.
C’è anche una terza e ultima fase della sua evoluzione poetica, che è quella segnata dal dolore che accompagna l’uomo a causa della morte prematura del figlio. In questo periodo Ungaretti scrive opere caratterizzate da una riflessione molto intensa e profonda su quello che è il destino dell’uomo. Gli ultimi anni della sua produzione sono caratterizzati da opere che racchiudono saggezza, ma anche tristezza, tipiche dell’età avanzata. Da alcuni critici è considerato un anticipatore dell’ermetismo.
Giuseppe Ungaretti vive ad Alessandria d’Egitto fino ai primi anni della giovinezza, la sua famiglia si trasferisce infatti in Africa per ragioni professionali. Il padre perde la vita sul lavoro, operaio occupato nella realizzazione del canale di Suez, la madre manda avanti la famiglia grazie ad un negozio della periferia di Alessandria.
Frequenta l’Ecole Suisse Jacot, dove conosce la letteratura europea. Si trasferisce in Italia e poi a Parigi, si iscrive alla facoltà di lettere della Sorbona e frequenta i caffè letterari della capitale francese, diventando amico di Apollinaire. Resta in contatto con il gruppo fiorentino che crea la rivista Lacerba su cui Ungaretti, nel 1915, pubblica le sue prime liriche.
Viene inviato sul fronte del Carso e dello Champagne e la sua prima opera dal fronte è scritta il 22 dicembre 1915. Compone poi Il porto sepolto e si rivela in quest’occasione un poeta rivoluzionario, aprendo la strada all’ermetismo.
Torna a Roma, dove scrive il bollettino informativo quotidiano e collabora alle riviste La Ronda, Tribuna, Commerce. Le condizioni economiche difficili lo costringono a trasferirsi a Marino, nei Castelli Romani. Nel 1932 vince il premio del Gondoliere, assegnato a Venezia, è il primo riconoscimento ufficiale che apre alle sue opere le porte dei grandi editori. Pubblica Sentimento del Tempo e il volume Quaderno di traduzioni.
Nel 1937 perde suo fratello, a cui sono dedicate le liriche Se tu mio fratello e Tutto ho perduto. Purtroppo poco dopo perde anche il figlio, a soli 9 anni, per un’appendicite malcurata, in Brasile. Rientra in Italia, è nominato Accademico d’Italia e vince il premio Roma. Vive una vita molto intensa nei suoi ultimi anni, eletto presidente della Comunità europea degli scrittori; per gli 80 anni riceve solenni onoranze da parte del governo italiano. Pubblica il libro Dialogo e la piccola raccolta di poesie d’amore e Morte delle stagioni, illustrata da Manzù.
Tra il 31 dicembre 1969 e il 1 gennaio 1970, nella notte, scrive la sua ultima poesia: L’impietrito e il velluto. Torna negli Stati Uniti, si ammala a New York, viene ricoverato e poi decide di rientrare in Italia, a Salsomaggiore, dove si cura. Muore a Milano l’1 giugno 1970 a causa di una broncopolmonite, a 82 anni.