In questo caso coesistono entrambe le grafie e i due vocaboli hanno significato identico: press’a poco, con apostrofo, e pressappoco, con due p, sono tutte e due forme corrette. È da considerarsi invece errore la versione con una sola p, pressapoco.
Nonostante i fenomeni linguistici che stanno alla base del termine press’a poco – o pressappoco – siano piuttosto complicati, è bene comprenderli per capire come scrivere tale avverbio senza sbagliare. Analizziamoli.
Il primo caso, press’a poco, nasce dall’elisione dell’ultima o della parola presso di fronte alla vocale a, apocope segnalata dalla presenza di un apostrofo. Per chiarire il concetto possiamo guardare a situazioni simili: d’accordo, d’altronde, senz’altro, tutt’altro, tutt’oggi, poc’anzi e quant’altro.
Il secondo caso, pressappoco, deriva invece dall’univerbazione dei termini presso – soggetto al troncamento della o di presso davanti ad una seconda parola che inizia per vocale -, a e poco, che subisce un raddoppiamento fonosintattico della p di poco dopo la vocale a. Altri contesti in cui si verifica il troncamento sono talvolta, qualora, davanti, finora e talora, mentre il raddoppiamento fonosintattico è visibile in quassù, soprattutto, chissà e affatto.
Per fissare ulteriormente il giusto modo di scrivere le due forme accettate nella grammatica della lingua italiana serviamoci di alcuni esempi, ricordando che il significato di press’a poco – o pressappoco – è all’incirca, suppergiù, ma anche quasi.
Esempio 1: I due appartamenti avevano pressappoco / press’a poco la stessa grandezza (mai pressapoco)
Esempio 2: Paola e Chiara avevano pressappoco / press’a poco la stessa età quando decisero di trasferirsi all’estero (mai pressapoco)
Esempio 3: Questo mese credo di aver perso due chili o pressappoco / press’a poco(mai pressapoco)