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Proverbi

Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce

Qual è il Significato del proverbio Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce? Scoprilo su Virgilio Sapere, trovi origine e varianti.

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Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce” è un antico proverbio che affonda le proprie radici nella tradizione popolare: viene utilizzato per spiegare che le persone inclini a tessere inganni verso gli altri, non fanno del bene a loro stesse perché rischiano di cadere nelle stesse sventure.

La spiegazione del proverbio

Il proverbio “Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce” tratta un tema legato ai rapporti sociali e quello del modo di relazionarsi con gli altri, basandosi sul principio che quello che si fa nei confronti del prossimo può ripercuotersi nei propri confronti, in questo caso specifico in maniera negativa.

Questo antico modo di dire si rivolge a chi è avvezzo a tessere inganni nei confronti del prossimo e si ingegna per arrecare del male ma non sa che comportandosi in questo modo, non sta facendo del bene a sé stesso. Il proverbio infatti dice che chi tesse inganni agli altri, “poco bene per sé ordisce”, ovvero non costruisce qualcosa di buono per sé ma anzi, si espone a essere ripagato con la stessa moneta. Arrecare un danno a un altra persona non fa altro che costituire un danno per sé stessi.

Proverbi simili e collegati

All’interno dello straordinario e immenso universo dei proverbi, ce ne sono tantissimi che trattano i temi legati ai rapporti tra esseri umani e in particolar modo al male e agli inganni. Se ne possono citare diversi, da “Un male chiama l’altro” a “Se ari male, peggio mieterai”, passando per “Il male viene a libbre e va via a once” e “L’ingannatore rimane ai piedi dell’ingannato“.

Significato

Il proverbio viene utilizzato per indicare che fare del male agli altri produce del male a sé stessi e si basa sulla regola d'oro del principio di reciprocità "Non fare agli altri quello che vuoi non sia fatto a te".

Origine

L'antico proverbio che recita "Chi ad altri inganni tesse, poco bene per sé ordisce" si sostanzialmente sull'etica della reciprocità conosciuta anche con il nome di regola d'oro: si tratta di un valore morale  fondamentale che si riferisce all'equilibrio in un sistema interattivo tale che ciascuna parte ha diritti e doveri, la norma secondaria della complementarità afferma che i diritti di ciascuno sono un dovere per l'altro. Tale codice etico ha alla base il fatto che ciascuno ha diritto a un trattamento giusto e il dovere e la responsabilità di assicurare giustizia agli altri. Riferimenti della regola d'oro si possono trovare in tante religioni, dal Buddismo all'Ebraismo arrivando fino al Cristianesimo.

La regola d'oro ha radici in diverse culture del mondo in entrambe le sue forme: quella positiva del "Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te" e quella negativa, più vicina a questo proverbio, che si fonda sul "Non fare agli altri quello che vuoi non sia fatto a te". Nella sua forma negativa, la regola d'oro era un principio molto comune all'interno della filosofia degli antichi greci, basti pensare alle frasi di Talete e Pittaco, i quali affermarono rispettivamente "Evita di fare quello che rimprovereresti agli altri di fare" e "Non fare agli altri ciò che ti riempirebbe di ira se fatto a te dagli altri".