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Adolescenti Fonte foto: iStock

Allarme sexting tra gli adolescenti in Italia: la scoperta

Tra gli studenti scatta l'allarme sexting, che consiste nell'invio di foto intime sui social: cosa è stato scoperto sugli adolescenti in Italia

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

È allarme sexting tra gli studenti che hanno tra i 13 ed i 19 anni in Italia. Cosa è stato scoperto in uno studio sugli stili di vita degli adolescenti.

Il fenomeno del sexting tra gli adolescenti

Il 15% delle ragazze ed il 10% dei ragazzi tra i 13 ed i 19 anni ha ammesso di aver postato sui propri profili social, almeno una volta, proprie foto o video dal contenuto “sessualmente provocante”. La percentuale arriva al 18% se si considera la sola fascia di età 17-19 anni. Ancora più frequente l’invio di foto intime al proprio partner, che riguarda un adolescente su 2: a farlo è il 55% delle ragazze ed il 52% dei ragazzi.

Sono questi i dati rilevati da dell’indagine nazionale sugli stili di vita degli adolescenti che vivono in Italia, edizione 2024, realizzata annualmente dal Laboratorio Adolescenza e dall’Istituto di ricerca IARD, con il supporto operativo di Mediatyche, su un campione nazionale rappresentativo di 3.427 studenti tra i 13 e i 19 anni.

Da Laboratorio Adolescenza e IARD hanno sottolineato come questo tipo di comportamenti “siano adottati nonostante ci sia un’ampia consapevolezza dei rischi a cui espongono”, ovvero:

  • compromissione della propria immagine (indicato dal 78,8% dei giovani intervistati);
  • timore di essere ‘bannati’ dalla piattaforma utilizzata per l’invio del contenuto (73,6%);
  • reato contro la morale (inesistente, come sottolineato dagli esperti, ma indicato dal 70,1%);
  • revenge porn (54,2%);
  • diffusione virale delle immagini senza consenso (52,9%).

“L’unico ‘conforto’ – hanno proseguito – è sapere che, se gli adolescenti si ritrovassero in una situazione critica, il 42% sporgerebbe denuncia alla Polizia Postale (percentuale che aumenta con l’età), il 20% si confiderebbe con i genitori (percentuale in netto calo all’aumentare dell’età) e l’11% con gli amici“.

Il commento della psicologa

“Condividere immagini o momenti intimi attraverso la rete ha un nome ben preciso, sexting, ed è espressione di come anche la sessualità si sia trasformata con l’utilizzo delle nuove tecnologie”, – ha affermato Loredana Petrone, psicologa e sessuologa dell’Università di Roma. Questo, ha proseguito, “vale per gli adulti e, dobbiamo farcene una ragione, vale anche per gli adolescenti”. Ma “mentre per gli adulti sembra ormai essere stato normalizzato all’interno del nostro scenario culturale, quando si parla di adolescenti i discorsi relativi al sexting virano verso il panico morale e, ancora una volta, discriminano le donne”, ha puntualizzato la psicologa.

Il sexting “è considerato spesso un affronto ad una moralità sana e soprattutto ad una femminilità appropriata – ha proseguito Loredana Petrone -, tanto che quando si parla sexting ci si focalizza molto di più sulle ragazze che producono e veicolano immagini di sé stesse che sui ragazzi che – l’indagine di Laboratorio Adolescenza lo conferma – lo fanno altrettanto spesso”.

“Consapevoli di questo – ha aggiunto la sessuologa -, dobbiamo liberarci dall’ipocrita assunto dell’innocenza ad oltranza di ragazze e ragazzi, dobbiamo accettare l’idea che gli adolescenti hanno diritto alla sessualità, e dobbiamo renderci conto che la rete oggi – per gli adolescenti come per gli adulti – è un ‘luogo’ (non deve essere il solo) dove questa sessualità si esprime”.

Solo facendo così “avremo la serenità di parlare con gli adolescenti di queste cose e cercare di evitare che si imbattano nel revenge porn o nella sextortion (estorsione sessuale) che rappresentano – questi, sì – dei rischi gravissimi”, ha concluso la psicologa Loredana Petrone.