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Carducci e Verga ANSA

Carducci e la gelosia per Verga, il retroscena nelle lettere

Lo scrittore Giosuè Carducci ebbe una lunga relazione con Carolina Cristofori Piva, ma a casa della donna incontrò il collega siciliano

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Le opere di Giosuè Carducci e di Giovanni Verga fanno parte del percorso di studi della scuola superiore ed entrambi sono tra i massimi esponenti della letteratura italiana di fine Ottocento e inizio Novecento. Il loro stile e la loro personalità non potrebbe essere più diverso, ma a metterli in conflitto sarebbe stata una donna. In alcune lettere del premio Nobel per la Letteratura toscano emerge una grande gelosia nei confronti del siciliano a causa milanese Carolina (Lina) Cristofori Piva.

Le lettere di Carducci a Lina Cristofori Piva

Carolina Cristofori Piva era la moglie del colonnello ed ex garibaldino Domenico Piva. Giosuè Carducci si innamorò perdutamente della donna con cui ebbe una lunga relazione, soprattutto epistolare. Fra i due il legame durò per quasi un decennio, dal 1872 al 1881, anno della morte della donna per tubercolosi. Nelle lettere del poeta la donna viene indicata con lo pseudonimo classicheggiante di "Lidia" e soprannominata "La Pantera" per i suoi modi provocanti.

I due ebbero pochi incontri amorosi, ma in compenso lo scrittore le inviò oltre seicento lettere che costituiscono il miglior epistolario amoroso ed erotico dell’Ottocento insieme a quello di Ugo Foscolo. In uno di questi incontri Carducci, arrivato a Milano, anelante "l’abbraccio lungo, soave, profondo" e il "bacio supremo" della bella Carolina, avrebbe incontrato a casa della donna Verga in atteggiamento da corteggiatore.

La gelosia di Carducci per Verga

La gelosia di Carducci nei confronti di Giovanni Verga viene espressa chiaramente in una lettera spedita a Cristofori Piva dopo il ritorno del poeta a Bologna.

"Ora mi torna a mente il cavaliere […] il cavaliere, dico, o cavalierino, come avrebbe detto Foscolo – scrive Carducci alla sua Lidia, nei testi riportati da La Repubblica – Verga, il quale mette una brutta corona di barone, falsa probabilmente come il titolo che gli presti tu, benigna e gentile complice di falsità, il quale scrive una delle solite invenie di racconti di monastero in romanzo epistolare e che ha il coraggio di lisciarti la mano per far paragone della morbidezza con quella del visino del tuo bambino".

"Ah stupida bestiuola d’un falso cavaliere e in tutto imbecille uomo!", continua ancora lo scrittore inveendo contro il collega siciliano

Le parole di Carducci su Verga

Nella lettera Carducci descrive Verga come donnaiuolo, mariuolo e millantatore, parole che venivano usate all’epoca dalla classe dirigente postunitaria per definire la popolazione del Sud Italia.

"E dire che fra i miei rivali, o fra quelli che nel loro audace secreto vagheggerebbero un furto da borsaiuoli su quel che è l’amor mio – si legge nella lettera – e che innanzi a un mio sguardo che li cogliesse nella premeditata mariuleria diverrebbero lividi di paura, ci sarà anche cotesto rifiuto isolano!".

Infine l’attacco ai natali nobili di Giovanni Verga, di cui lo scrittore siciliano non si è però mai vantato, e alla sua provenienza dall’isola mediterranea.

"Un uomo che mette una brutta corona baronale sur una carta da visita – scrive ancora Carducci – e che si lascia dare falsamente del cavaliere e che scrive un romanzo epistolare; e con tutto questo è siciliano, non può essere altro che un vigliacco ridicolo parvenu".