
Che scuola ha fatto Burioni (e perché): da musicista a virologo
Roberto Burioni è un famoso virologo italiano, spesso ospite di diverse trasmissioni in tv: che scuola ha fatto e cosa avrebbe voluto diventare?
Roberto Burioni è un noto dottore virologo, diventato “celebre” grazie ai suoi post sui social e alle sue ospitate in diverse trasmissioni televisive, in particolare nello studio di “Che Tempo Che Fa” di Fabio Fazio. Che scuola ha fatto Roberto Burioni? Forse non tutti sanno che è diventato dottore quasi “per caso”, anche perché il suo sogno nella vita era un altro. Sogno che oggi condivide con la figlia adolescente (anche se la moglie non sempre sembra essere “d’accordo”).
Che titolo di studio ha Roberto Burioni
Roberto Burioni è nato a Pesaro, nelle Marche, il 10 dicembre del 1962. Virologo, immunologo e divulgatore scientifico, il ricercatore nel campo dello sviluppo di anticorpi monoclonali umani contro gli agenti patogeni infettivi e nella divulgazione scientifica sui vaccini, è famoso per le sue ospitate in tv e anche per i suoi post sui social, dove è molto seguito (anche se non mancano gli hater).
Originario di Casteldelci, in provincia di Rimini, è cresciuto a Fermignano, in provincia di Pesaro Urbino. Nella città ducale marchigiana ha conseguito la maturità classica: è un forte sostenitore del Liceo classico e dell’insegnamento del latino a scuola.
Dopo aver ottenuto il diploma si è iscritto alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con sede a Roma, dove si è laureato. Dopo la laurea, ha anche conseguito la specializzazione in Allergologia e Immunologia clinica presso l’Università Politecnica delle Marche e il dottorato di ricerca in Scienze microbiologiche e virologiche presso l’Università degli Studi di Genova.
Ha anche frequentato i Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie (CDC) di Atlanta e il Wistar Institute dell’Università della Pennsylvania nel laboratorio di Hilary Koprowski, come visiting student. Ed è stato anche visiting scientist al Center for Molecular Genetics presso l’Università della California, San Diego, e allo Scripps Research Institute.
Il sogno di Burioni di diventare musicista
In un’intervista al Corriere della Sera, ha parlato della sua grande passione: da ragazzo sognava di diventare musicista. La sua casa è ancora oggi piena di musica, tra vinili, cd, spartiti e un pianoforte a coda lunga, sistemato al centro del salotto.
“Io volevo fare il musicista, lo avevo deciso a otto anni, ascoltando canzoni con la mia radio Telefunken Bajazzo. Ce l’ho ancora, l’ho fatta rimettere a posto e funziona”. Ha anche iniziato a studiare “pianoforte fino al cosiddetto compimento minore”. Qui ha conosciuto “il maestro Giorgio Giovannini, che mi aprì la mente spiegandomi che la musica è bella tutta, dal ballo liscio fino a Beethoven”.
Un giorno è andato da suo padre Gaetano e gli ha detto: “Papà, voglio andare al Conservatorio”. Lui lo ha preso da parte e gli ha fatto una domanda per la quale da adulto gli è stato grato: “Roberto sei proprio sicuro di avere il talento necessario?”.
Ovviamente da ragazzo lui era convinto di averlo: “Ci restai malissimo, litigai con papà com’era giusto, poi mi iscrissi a Medicina a Roma. Senza alcuna vocazione“.
Roberto Burioni ha raccontato: “Non ero Mozart, però mi accorgevo che al pianoforte me la cavavo, mentre invece ero negato per lo sport. All’Università Cattolica vinsi una borsa di studio negli Stati Uniti, era il terzo anno e scelsi Philadelphia, perché là dirigeva Riccardo Muti. Erano gli anni dell’Aids, e in Pennsylvania capii che la ricerca e la virologia erano la mia strada. Mentre a Roma avevo smesso di suonare di colpo, in America comprai una chitarra Ovation e mi misi a strimpellare. Conobbi il jazz, e l’amore trionfò”.
La passione per la musica ereditata dalla figlia di Burioni
Oggi non suona quasi più, ma ascolta musica tutto il giorno. La sua passione l’ha passata alla figlia Caterina Maria: “Quand’era piccola avevo provato in ogni modo ad avvicinarla al pianoforte, invano: contagio zero. Mi ero rassegnato, finché a un certo punto lei ha scoperto i Beatles e ha cominciato a suonare la chitarra, pure piuttosto bene”.
Il professore, che ha anche commentato con una vena polemica la nuova riforma di Medicina, ha poi raccontato: “Quando suona, io piombo al piano e la accompagno. L’altra sera, mia moglie mi fa: ‘Roberto, vai a dirle di smettere ma non come al solito, che poi vi mettete a suonare insieme’. E succede, immancabilmente: suoniamo Paul, John, George, Elvis… Amiamo molto il primo rock anni Cinquanta e Sessanta. Insomma, non ho più scuse: tornerò alla tastiera”.
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