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A 63 anni va a vivere in collegio per laurearsi: la storia Fonte foto: iStock

A 63 anni vive in collegio per laurearsi: chi è Bernardo Buggemi

A 63 anni lascia moglie e figlia a casa per vivere in collegio proseguendo gli studi universitari e racconta: "Voglio sentirmi davvero uno studente"

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Bernardo Buggemi, a 63 anni, ha deciso di andare a vivere in un collegio per poter proseguire gli studi universitari. Dopo essersi laureato con un bel 110 e lode alla triennale di Scienze dell’Educazione, l’ex meccanico si è iscritto alla magistrale in Scienze pedagogiche all’università di Palermo.

La vita nel collegio del 63enne

La storia di Bernardo Buggemi è stata raccontata dal quotidiano La Stampa. L’uomo vive nel Collegio Santi Romano gestito dall’Ersu, l’Ente regionale per il diritto allo studio, e frequenta l’università. “Mi alzo alle 5 e mezza e mi metto sui libri, se non ho lezione il pranzo è alle 12, la cena alle 19, tutto buono, non posso lamentarmi. Poi i miei colleghi escono, fanno tardi tra locali e discoteche, io invece mi rimetto a studiare. All’ultima sessione ho dato quattro materie, 16 gennaio, 20 gennaio, 21 gennaio, 22 gennaio, e ho preso due trenta e due trenta e lode”, ha raccontato a La Stampa.

Con il suo reddito Isee ha diritto alla stanza, alla mensa e alla borsa di studio. Proveniente dalla provincia di Agrigento, all’inizio ha fatto la spola tra casa e università, circa 120 km di distanza. Poi è stata la moglie a consigliargli di trasferirsi a Palermo per studiare con più tranquillità.

Chi è Bernardo Buggemi

Bernardo Buggemi è un ex meccanico nato nel 1962. Già all’età di 9 anni ha cominciato a lavorare in officina a Cianciana, il piccolo paese in provincia di Agrigento dov’è nato. Finita la terza media ha raccontato che neanche sapeva che esistesse il liceo e l’università.

La madre era analfabeta ma “conosceva la bilancia, il metro e mi faceva studiare matematica con le lenticche, le fave e le palline di vetro, e mio padre con la terza elementare impiegato all’Anagrafe del Comune, un posto che ai tempi era pieno di gente che aveva studiato poco, e non a caso i nomi erano pieno di strafalcioni”.

“Me lo ricordo ancora – ha detto – quando nell’officina in cui lavoravo sentii dei passi al piano di sopra e chiesi al mio titolare: ma che succede? E lui mi rispose: sono i ragazzi del liceo. E che cos’è il liceo?”.

Mentre lavorava in officina ha conosciuto una ragazza che ha sposato. Lei laureata in lingue, lui una vita trascorsa tra famiglia, corse in automobile, officina, “dove però nel 1977, oltre ai libri di Meccanica necessari anche per l’apprendistato, avevo comprato un librone di Psicologia che era costato 150 mila lire, l’avevo visto in libreria e non avevo resistito”.

Perché Bernardo Buggemi è tornato a studiare

Buggemi ha spiegato di essere tornato a studiare proprio per la voglia, la gioia, il bisogno “di sentirmi studente, di vivere una vita da studente, io che quando ho finito la terza media non sapevo neanche che esistesse il liceo e tanto meno l’Università”. La svolta è arrivata nel 2011 quando ha deciso di chiudere l’officina che nel frattempo era diventata sua.

“I miei genitori si erano ammalati, tutti e due di Alzheimer, non volevano né badanti né residenze per anziani, ho dovuto assisterli io per nove anni. Finché, quando sono morti, un professore di Ragioneria del paese mi propose di iscrivermi alla scuola serale per prendermi il diploma. Andai, riuscii a farmi ammettere direttamente al terzo anno. I docenti erano gli stessi di mia figlia che frequentava la scuola diurna. A loro chiedevo: come va mia figlia? E mia figlia chiedeva: come va mio padre?”.

Dopo il diploma, l’ex meccanico ha iniziato a studiare un po’ d’inglese per poter comunicare con i tanti stranieri che hanno comprato casa nel suo paese. “In quel momento – ha raccontato – mi sono reso conto che potevo andare all’Università. Andai a svegliare mia moglie, le dissi: voglio continuare a studiare. E lei mi risposte: tu sei pazzo, guarda che è difficile, ma fai come vuoi. I miei cognati, tutti istruiti, mi chiesero che cosa mi piacesse studiare. Filosofia, Sociologia, Pedagogia, risposi. E mi trovai iscritto a Scienze dell’educazione“.

La triennale l’ha frequentata nella sede distaccata di Agrigento facendo su e giù da Cianciana. I compagni di corso erano tutte donne. “All’inizio mi snobbavano, poi non facevano che chiedermi riassunti e dispense”, ha rivelato. Alla fine è arrivato alla fine del percorso triennale prendendo “sempre trenta, e quando non ho avuto la lode sono rimasto un po’ deluso, ho preso una sola volta un 28, e per tre giorni sono stato male”.

Poi la scelta di continuare con gli studi magistrali, ma in questo caso l’università è a Palermo. “All’inizio facevo su e giù dal paese, 120 chilometri, arrivavo a casa alle nove di sera e ripartivo alle quattro del mattino – ha detto – finché mia moglie mi ha detto: così non riesci a studiare, resta a dormire allo studentato“.

“Con i ragazzi andiamo d’accordo – ha spiegato – anche se a volte sento su di me lo sguardo di chi mi vede diverso, anziano, come se fossi un pedofilo, come se stessi al posto sbagliato. Una volta vennero gli ispettori e volevano buttarmi fuori, pensavano che fossi un infiltrato. L’altro giorno alla mensa una persona nuova, che non mi conosceva, credeva pure che fossi un senza casa che si era imbucato. Adesso hanno capito che non sono un alieno, sono uno studente, solo con qualche decennio in più degli altri”.