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Dal Pakistan a Bologna, sveglia alle 5 per la Maturità: bocciato iStock

Dal Pakistan a Bologna, sveglia alle 5 per la Maturità: bocciato

Nadir, uno studente di 20 anni, è stato ammesso alla Maturità ma alla fine è stato bocciato, unico della sua classe e il caso ha generato polemiche

Stefania Bernardini

Stefania Bernardini

GIORNALISTA

Giornalista professionista dal 2012, ha collaborato con le principali testate nazionali. Ha scritto e realizzato servizi Tv di cronaca, politica, scuola, economia e spettacolo. Ha esperienze nella redazione di testate giornalistiche online e Tv e lavora anche nell’ambito social

Nadir è uno dei tanti giovani adolescenti stranieri che arrivano in Italia e iniziano a frequentare la scuola nel Bel Paese affrontando le numerose difficoltà dovute a un ambiente, una culture e soprattutto una lingua nuova da imparare. Questi giovani devono impegnarsi il doppio dei compagni italiani proprio per riuscire a superare il gap linguistico. Nadir ha messo tutto se stesso per riuscire a terminare la scuola superiore, ma a un passo dalla fine, dopo essere stato ammesso alla Maturità, è stato bocciato. La sua storia ha generato il disappunto di amici e docenti.

Nadir bocciato alla Maturità

Nadir ha 20 anni ed è arrivato dal Pakistan in Italia nel 2020. La sua storia è stata raccontata da Il Corriere della Sera. Il ragazzo, ogni mattina, ha affrontato due ore di viaggio per essere presente alle lezioni dell’istituto Fioravanti di Bologna.

Per cinque anni Nadir ha messo “tutto il suo impegno e la sua volontà, nonostante le difficoltà legate alla lingua, alla lontananza dal suo Paese e dalla sua famiglia”, hanno scritto i suoi compagni di classe in una lettera.

Il giovane è stato ammesso all’Esame di Stato, ma alla fine è stato bocciato.

Il movimento di solidarietà per Nadir

Il suo caso ha generato un ampio movimento di solidarietà partito proprio da chi lo conosce e ha vissuto con lui i cinque anni di scuola superiore, ovvero i suoi amici e gli insegnanti.

“Riteniamo che Nadir abbia subito un’ingiustizia – ha scritto la classe in una lettera – spesso non è stato capito né aiutato nel modo adeguato e non ci si è preoccupati abbastanza della sua situazione”.

“All’inizio del nostro percorso – hanno continuati i ragazzi nella missiva – c’erano 10 compagni appena arrivati in Italia (NAI in gergo tecnico, Nuovi arrivati in Italia, ndr), di questi solo Nadir è riuscito ad arrivare alla maturità insieme a un altro compagno che però aveva già un diploma ucraino non riconosciutogli. Questo dimostra quanto sia difficile ottenere un diploma professionale anche solo per potersi costruire un futuro dignitoso, per chi impara l’italiano direttamente durante gli anni delle superiori”.

Anche considerando, hanno sottolineato sia gli studenti che i docenti, che “in 5 anni abbiamo avuto 7 insegnanti di italiano diversi”.

La rabbia di amici e docenti

L’obiettivo dei compagni di classe di Nadir è ora quello di aiutarlo “a cambiare il destino” perché il giovane “merita una possibilità per tutto quello che ha dimostrato ogni giorno”.

Un amico del ventenne, Syed Muhammad Haris, anche lui del Pakistan ha sottolineato che Nadir “si alzava alle 5 del mattino per essere a scuola puntuale e ha fatto pochissime assenze, oltre a non aver avuto alcun debito formativo”.

Un altro amico, studente italiano, ha aggiunto che il ragazzo “è anche diventato tutor di altri ragazzi NAI con il ruolo di mediatore, è stato un elemento prezioso per la classe”.

Ma a esprimere rabbia per quanto accaduto allo studente ventenne sono stati anche gli insegnanti.

Una docente che, negli ultimi dieci giorni prima dell’orale di Nadir, ha passato sette ore al giorno con lui per aiutarlo a studiare ha spiegato che il ragazzo “si è preparato al massimo, mi chiedo come si debba sentire ora”.

Un’altra insegnante che è stata prof di sostegno al Fioravanti e ha seguito Nadir da vicino ha evidenziato come ci siano “rarissimi studi e report sul percorso scolastico degli studenti NAI. Dei 10 NAI nella mia classe al Fioravanti solo 2 sono arrivati alla maturità: 7 hanno abbandonato la scuola. Scrivere ed esprimersi in un italiano corretto non è un dono, ma il frutto di un lungo lavoro educativo, un habitus che si è formato all’interno della propria esperienza familiare e sociale”.

Il caso di Nadir accende quindi i riflettori su una situazione più ampia che riguarderebbe la mancanza di protocolli d’accoglienza scolastica adeguati per gli studenti stranieri.