Educazione affettiva, la prof Cariati: “Lasciamola ai genitori”
L’insegnante Maria Cariati di ProLife risponde a chi propone l’educazione affettiva a scuola: le sue proposte nell'intervista di Virgilio Sapere
Il dibattito sull’opportunità di introdurre corsi di educazione affettiva a scuola è ampio e da tempo al centro di diversi dibattiti. Politici, insegnanti e ragazzi, in numerose occasioni, hanno espresso diverse posizioni sul tema. La professoressa Maria Cariati, di Pro-life Insieme, ha replicato a un nostro articolo in cui abbiamo riportato le richieste di alcuni studenti, i quali hanno auspicato la realizzazione di progetti che partano dall’asilo fino alle scuole superiori, con linee guida specifiche, condivise con pedagogisti ed esperti.
Per dare voce a tutti i punti di vista sull’argomento, abbiamo intervistato l’insegnante Cariati che ci ha spiegato come, secondo lei, il dibattito meriti un’analisi più ampia che tenga anche conto di come è cambiata la società e di come, dagli anni ’60, il valore della famiglia abbia iniziato ad andare in crisi.
La richiesta degli studenti al Governo sull’educazione affettiva
Nel precedente articolo abbiamo riportato la richiesta illustrata a Il Sole 24 Ore da Paolo Notarnicola, coordinatore nazionale della rete degli studenti medi. Ricordando come, al momento, lo spazio per inserire l’educazione all’affettività e alle relazione sia stato individuato all’interno delle 33 ore di educazione civica, il giovane invitava a fare una riflessione più ampia perché in quelle ore, attualmente, verrebbe inserito di tutto. Nel 2023 la proposta del ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, era stata quella di un programma destinato alle scuole secondarie di secondo grado, con percorsi educativi extra-curriculari per 30 ore annue, partecipazione facoltativa e adesioni su base volontaria. Per Notarnicola, invece, sarebbe prioritario un progetto obbligatorio, realizzato in orario curriculare e che il percorso parta dall’asilo fino alle scuole superiori, con linee guida specifiche, condivise con pedagogisti ed esperti.
Il coordinatore nazionale della rete degli studenti medi aveva ricordato come da anni le reti di studenti chiedono alla politica di incentivare i percorsi di educazione affettiva spiegando che progetti in questa direzione servirebbero “per migliorare le relazioni e capire come approcciarsi agli altri”. Per Notarnicola lo stesso varrebbe “per l’educazione alla sessualità, che per molte famiglie è ancora un tabù”.
La replica della prof Maria Cariati
L’insegnante Maria Cariati, del comitato “Pro-life Insieme”, ritiene invece che i corsi di educazione affettiva a scuola non possano essere resi obbligatori e che debbano essere i genitori, in primis, a occuparsi di questi temi con i loro figli.
Alla professoressa abbiamo chiesto se, secondo lei, possono essere utili corsi di educazione affettiva a scuola, come e cosa si potrebbe fare per educare i giovani al rispetto dell’altro, cosa non andrebbe fatto e quale dovrebbe essere il ruolo della scuola nella sensibilizzazione e nel contrasto di episodi di bullismo e di violenza di genere. Di seguito riportiamo la sua riflessione con la replica alla proposta fatta dalla rete degli studenti medi.
Secondo lei possono essere utili corsi di educazione affettiva a scuola per contrastare episodi di violenza di genere e bullismo?
Non credo che tutto ciò possa essere risolto con dei corsi scolastici di educazione affettiva, perché il problema è molto più complesso. Recentemente è iniziata una riflessione che ha visto il coinvolgimento di molti esperti della cultura italiana, psicologi, psichiatri e pedagogisti di fama internazionale che hanno espresso il loro parere; questo può essere un buon punto d’inizio da cui partire.
Cosa risponde alla proposta fatta dalla rete degli studenti medi?
Sia dai sondaggi fatti all’estero, che in Italia, la maggior parte delle famiglie, degli studenti e degli insegnanti (si stima oltre il 70%) non è d’accordo con l’introduzione dei suddetti corsi sollecitati dalla rete degli studenti e questo è anche il motivo per cui, gli stessi, non trovano largo spazio nei curricoli della Scuola Pubblica. Ricordiamo anche che l’articolo 26 della Dichiarazione Internazionale dei Diritti dell’Uomo garantisce ai genitori la priorità di scelta nell’istruzione da dare ai propri figli.
Cosa si potrebbe fare per educare i più giovani al rispetto dell’altro e alla non violenza?
I giovani di oggi detengono un grado di libertà che non corrisponde al loro grado di maturazione e di responsabilità e inoltre, sappiamo quanto spazio e tempo dedichino alla frequenza dei social media e internet dove, com’è noto, circola ogni tipo di informazione ma anche molti cattivi esempi. È necessario, secondo il mio parere, riproporzionare sia la libertà, che l’uso dei congegni elettronici, tornando a un maggiore controllo da parte degli adulti, oltre che prevedere dei modi per impiegare il tempo così recuperato, in attività sane e costruttive in cui i ragazzi potrebbero incanalare le grandi energie tipiche dell’adolescenza in esperienze edificanti che lascerebbero così ben poco spazio ad altro.
Cosa invece non andrebbe fatto?
Quello che non andrebbe fatto, secondo me oggi, è assecondare la loro tendenza al vittimismo e al pessimismo e, peggio, anticipare tutte le esperienze che andrebbero invece fatte più avanti, quando cioè la loro corteccia prefrontale è più matura; tra queste, la vita sessuale che oggi nei giovani è paragonabile a quella degli adulti e che purtroppo ne ha impoverito il significato.
Che ruolo deve avere la scuola nell’educare i giovani, contrastare episodi di bullismo e cyberbullismo e sensibilizzare i ragazzi alla non violenza verso l’altro?
Tutte le agenzie educative devono tornare a farsi carico della formazione delle nuove generazioni, così come era un tempo. Prima fra tutte, la famiglia deve recuperare il suo ruolo educativo. Per troppo tempo la scuola è stata considerata come un’agenzia in grado di erogare servizi sociali, tanto che si è giunti a pensare che essa, da sola, possa ovviare a tutti i mali della società. La scuola, primariamente deve istruire e poi, come luogo dove si impara a stare insieme, deve insegnare il rispetto per tutti e, inoltre, sviluppare nei ragazzi il senso critico. Lasciamo l’educazione affettiva e alla sessualità ai loro veri depositari, i genitori, coloro cioè che conoscono a fondo i loro figli, sia nel livello di sviluppo, sia nella loro sensibilità e quindi gli unici in grado di esercitare fino in fondo la responsabilità di guidarli verso la loro vera realizzazione.