Preghiere e benedizioni a lezione a Oristano: la sentenza
Maestra sospesa a Oristano perché faceva recitare preghiere e costruire rosari in classe durante le lezioni di italiano: la sentenza del Tribunale
Si torna a parlare del caso della maestra sospesa per aver fatto recitare preghiere e costruire rosari agli alunni durante le ore di lezione di italiano.
I fatti risalgono all’anno scolastico 2022/2023, quando Marisa Francescangeli, 59 anni, insegnava alla scuola elementare di San Vero Milis, in provincia di Oristano. Aveva impugnato la sospensione dal lavoro per 20 giorni con stipendio ridotto, ma ora è arrivata la decisione del Tribunale che ha rigettato il ricorso, spiegandone i motivi.
- Maestra faceva pregare al posto di insegnare: il caso a Oristano
- Sospensione e ricorso: la difesa della maestra
- Sentenza del tribunale: i motivi del rigetto
Maestra faceva pregare al posto di insegnare: il caso a Oristano
La maestra Marisa Francescangeli era stata sospesa per 20 giorni e sanzionata l’anno scorso, dopo diversi richiami della direzione scolastica dell’istituto San Vero Milis, arrivati a seguito di segnalazioni dei colleghi e di un esposto di tre genitori degli alunni.
L’accusa era quella di non svolgere le proprie mansioni da docente di italiano: l’insegnante aveva fatto costruire rosari ai bambini, faceva recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria durante le ore di lezione e in un’occasione aveva anche cosparso il corpo dei piccoli con un olio per la benedizione, un episodio confermato dalla stessa Francescangeli in una udienza.
Come recita il testo della sentenza, riportato da “La Nuova Sardegna”, si trattava di “un olio profumato, a suo dire non benedetto, chiamato olio di Nardo che la docente aveva tirato fuori dalla propria borsa e che alcuni bambini avevano anche usato per ungersi il corpo”.
In quell’occasione, si legge ancora nella sentenza che ha confermato la decisione dell’istituto di sospenderla, la maestra aveva raccontato ai bambini, dietro loro richiesta, “la storia biblica dell’olio portato a Gesù prima della crocefissione e che avrebbe dovuto essere utilizzato per cospargere il corpo di Cristo dopo la morte”.
Sospensione e ricorso: la difesa della maestra
Francescangeli aveva impugnato la sanzione disciplinare della direzione scolastica chiedendone l’annullamento, assistita dal sindacato Uil scuola e dagli avvocati Elisabetta Mameli e Domenico Naso.
Secondo i legali della maestra, il provvedimento era ingiusto e da annullare sia perché tali comportamenti sarebbero da comprendere nella libertà di insegnamento, sia perché la contestazione era stata notificata alla docente senza il rispetto del termine di venti giorni, violando il contratto collettivo di lavoro e compromettendo il diritto di difesa.
Sentenza del tribunale: i motivi del rigetto
È arrivata ora la sentenza della sezione Lavoro del Tribunale, che ha rigettato il ricorso dell’insegnante.
I comportamenti e le attività di Francescangeli durante l’orario di lavoro non erano “espressione della libertà di insegnamento, bensì una violazione dei suoi doveri di docente di una scuola pubblica statale e dei principi che la scuola stessa deve assicurare e garantire, fra cui quello, fondamentale, di laicità dello Stato, oltre ad avere interferito con il diritto dovere dei genitori garantito dalla nostra Costituzione (art. 30) di educare i figli, anche da un punto di vista religioso”.
È quanto riporta la giudice Consuelo Mighela, che ha dichiarato infondati i motivi del ricorso e ha stabilito che la sanzione disciplinare inflitta dall’istituto era quindi “assolutamente conforme a quanto previsto dalla legge”.
Secondo quanto riportato nel testo della sentenza, la maestra elementare “ha ripetutamente posto in essere pratiche di culto estranee all’esercizio della funzione docente e alle mansioni assegnatele, in violazione dei propri doveri”.
Il riferimento è alla benedizione con un olio, alla costruzione di rosari e alla recita di preghiere, attività di culto che “non sono neppure coerenti con l’insegnamento della religione, pacificamente svolto da un’altra docente dell’istituto scolastico statale presso cui prestava servizio la ricorrente”. Nel testo si sottolinea, inoltre, che è stata la stessa Francescangeli a confermare di aver assunto tali comportamenti nell’udienza in teleconferenza del 14 giugno scorso.