
Riforma Medicina, scatta la raccolta firme: protestano i docenti
Un gruppo di ricercatori e docenti dell’area medica dell’Università di Bologna ha avviato una raccolta firme contro la Riforma di Medicina
A marzo 2025 è diventata legge la riforma del sistema di accesso ai corsi di laurea magistrale in Medicina e chirurgia, in Odontoiatria e protesi dentaria e in Medicina veterinaria. Nel comunicato sul sito del ministero, la ministra Anna Maria Bernini ha spiegato che “superiamo il numero chiuso e diciamo addio ai test d’ingresso che per troppo tempo hanno spento i sogni e le ambizioni di tanti ragazzi. L’Università apre le proprie porte per formare chi desidera diventare medico”.
Eppure la riforma di Medicina non convince tutti, in particolare un gruppo di docenti e ricercatori che ha avviato una raccolta firme di protesta.
La raccolta firme dei docenti contro la riforma di Medicina
Un gruppo di ricercatori e docenti dell’area medica dell’Università di Bologna ha avviato una raccolta firme contro il provvedimento di riforma della facoltà di Medicina che comprometterebbe la libertà d’insegnamento sancita dall’articolo 33 della Costituzione.
L’iniziativa, che si concluderà il 5 maggio, è accompagnata da una lettera inviata a diversi destinatari: dal presidente della Repubblica, alla presidente del Consiglio, dai ministri ai parlamentari, fino ai rettori e al consiglio universitario nazionale.
Secondo i firmatari, “il superamento del numero chiuso lede la libertà d’insegnamento”. La riforma, non solo avrebbe ricadute organizzative per studenti e atenei, ma intaccherebbe anche il diritto degli insegnanti universitari a scegliere contenuti e modalità della propria didattica.
“Finora sono stati da più parti evidenziati i numerosi problemi che la riforma creerà agli studenti e ai corsi di laurea coinvolti”, scrivono i firmatari, “tuttavia non si è parlato delle gravi ricadute sulla libertà di insegnamento”.
Le criticità della riforma di Medicina
Nella lettera si elencano quali sarebbero le quattro principali criticità della riforma di Medicina.
La prima riguarda i contenuti standardizzati e la perdita di senso critico. La riforma prevede che, durante il primo semestre, gli insegnamenti siano finalizzati alla selezione posticipata degli studenti. Per questo, spiegano i firmatari, sarà necessario uniformare i programmi, riducendo la materia a un insieme di nozioni predefinite.
La seconda criticità riguarda la didattica a distanza senza risorse. L’organizzazione del primo semestre dovrebbe infatti essere in gran parte telematica a causa dell’elevato numero di iscritti previsto e dell’assenza di fondi aggiuntivi. Una soluzione che, secondo i docenti, “penalizza la qualità della formazione e annulla la relazione diretta con gli studenti”.
La terza criticità è relativa agli esami standardizzati e alla valutazione spersonalizzata. Per garantire uniformità nelle prove di selezione, gli esami non potranno essere individuali né specifici per disciplina. “Non sarà possibile utilizzare il linguaggio proprio della disciplina né verificare puntualmente l’efficacia dell’insegnamento”, si legge. I docenti “non potranno scegliere liberamente le modalità e i contenuti della propria didattica e delle valutazioni”.
L’ultima criticità tocca il tema della centralizzazione e della fine dell’autonomia universitaria. “È da ritenersi legittimo che l’organizzazione e i contenuti della didattica vengano imposti a livello centrale, scavalcando atenei, dipartimenti e corsi di laurea, e privandoli della loro autonomia decisionale?”, chiedono i docenti e ricercatori aderenti alla raccolta firme.
L’appello dei docenti al ministro Bernini
A conclusione della lettera i docenti dell’Alma Mater rivolgono un appello al Ministero affinché dia “risposte precise, chiare e motivate, nell’interesse di un dibattito sull’autentica libertà dell’università, il suo tesoro più prezioso”.