Salta al contenuto

Ludwig Wittgenstein: il pensiero del filosofo del linguaggio

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Nel panorama della filosofia del XX secolo, spicca il nome di Ludwig Wittgenstein. La sua vita e il suo lavoro hanno gettato le basi per una profonda riflessione sul linguaggio e sulla natura della realtà stessa.

In questa lezione, approfondiremo la vita di Wittgenstein e la sua visione unica e rivoluzionaria del linguaggio come chiave per comprendere il mondo che ci circonda. Attraverso il confronto con le sue opere e le sue teorie, cercheremo di svelare il legame profondo tra il pensiero di Wittgenstein e le sfide filosofiche che ancora oggi ci interrogano.

La vita di Ludwig Wittgenstein e la sua visione del linguaggio

Il linguaggio rappresenta una delle invenzioni più straordinarie realizzate da homo sapiens. Ma cos’è il linguaggio? Qual è la sua natura? Quali sono le sue funzioni? Che rapporto sussiste tra esso e il mondo? Quali sono le sue regole interne? Il linguaggio è qualcosa di naturale oppure di artificiale Esiste un linguaggio perfetto? Queste e altre simili domande si pone Wittgenstein, filosofo rigoroso, alla ricerca di una ridefinizione del senso e del compito della filosofia stessa.

Ludwig Wittgenstein nasce a Vienna nel 1889. Wittgenstein iniziò il suo percorso intellettuale frequentando l’Università di Cambridge e lavorando sotto la guida di Bertrand Russell. La sua carriera filosofica è stata caratterizzata da un profondo impegno nell’analisi del linguaggio come strumento fondamentale per esprimere e comprendere il pensiero umano.

La sua opera più celebre, il “Tractatus Logico-Philosophicus“, pubblicata nel 1921, ha avuto un impatto rivoluzionario sulla filosofia del linguaggio e della logica. Wittgenstein sosteneva che i limiti del linguaggio rappresentano i limiti del nostro mondo, portando alla famosa affermazione: “Ciò di cui non si può parlare, si deve tacere“. Questo concetto ha influenzato la percezione del linguaggio come una struttura che riflette la realtà, ma anche come un sistema limitato che può impedirci di esprimere determinate esperienze umane.

La sua seconda fase filosofica, sviluppata principalmente nel suo lavoro “Investigazioni filosofiche“, affrontò la natura ambigua e sfuggente del linguaggio quotidiano. Wittgenstein sottolineò l’importanza dei giochi del linguaggio e dei contesti culturali per comprendere il significato delle parole. Questa prospettiva ha contribuito a una rivoluzionaria riconsiderazione del modo in cui il linguaggio è radicato nella pratica e nella comunicazione umana.

A partire dal 1913 il filosofo esce dalla scena accademica e, persino dopo la pubblicazione del suo capolavoro, Wittgenstein attende fino al 1930 prima di tornare all’università di Cambridge dove insegna fino al 1947. Muore a Cambridge nel 1951.

Il pensiero di Wittgenstein

Le sue riflessioni sulla natura del linguaggio e i limiti della conoscenza hanno profondamente influenzato la filosofia analitica, nonostante abbia prodotto solo poche opere principali. La complessità e la profondità del suo pensiero hanno dato vita a interpretazioni e dibattiti ancora vivi al giorno d’oggi.

Nel suo primo lavoro, il “Tractatus Logico-Philosophicus”, Wittgenstein esplora la relazione tra il linguaggio e la realtà, sostenendo che i limiti del linguaggio rappresentano i limiti del mondo e del nostro pensiero. Le proposizioni hanno senso solo se corrispondono a fatti reali nel mondo e se possono essere verificate empiricamente. Questa visione ha portato alla celebre affermazione: “Di ciò di cui non si può parlare, si deve tacere”, suggerendo che molte delle domande tradizionali della filosofia sono in realtà prive di senso, in quanto trascendono i limiti del linguaggio.

Tuttavia, il pensiero di Wittgenstein subì una significativa evoluzione nel corso della sua vita. Nelle sue “Ricerche Filosofiche”, scritte in un secondo momento ma pubblicate postume, Wittgenstein adotta un approccio diverso, focalizzandosi sui “giochi linguistici” e sul modo in cui il linguaggio è effettivamente usato nelle varie forme di vita umane. Qui, respinge l’idea di un linguaggio idealizzato o di una struttura logica universale, sostenendo invece che il significato emerge dall’uso pratico del linguaggio nelle diverse attività umane.

Al di là delle sue teorie specifiche sul linguaggio, Wittgenstein ha avuto un impatto duraturo sulla filosofia, spingendo i filosofi a esaminare criticamente le presupposizioni e i metodi della loro disciplina. Ha messo in discussione l’idea che la filosofia possa fornire risposte definitive o teorie complete, sostenendo piuttosto che il suo ruolo sia quello di chiarire e risolvere i problemi attraverso l’analisi critica del linguaggio. La sua influenza si estende ben oltre la filosofia del linguaggio, toccando aree come l’epistemologia, l’etica e la filosofia della mente.

Mappa mentale su Ludwig Wittgenstein

Tutta la riflessione di Wittgenstein ruota attorno al linguaggio e alle sue caratteristiche.

Nel corso dei decenni, la sua concezione muta profondamente, passando da una prima concezione molto rigida e rigorosa, secondo la quale il linguaggio è soltanto uno strumento che svolge la funzione di rappresentare i fatti, a una concezione più dinamica e pluralista attraverso la quale il linguaggio viene definito come un complesso “gioco linguistico”, intimamente legato e dipendente dalla comunità dei parlanti che lo incarna e lo vivifica, adoperandolo, significandolo e trasformandolo con l’uso quotidiano.

Scarica PDF

Frasi celebri di Ludwig Wittgenstein

“Di ciò di cui non si può parlare si deve tacere”.

(Tractatus logico-philosophicus, 1921)

“Il mio scopo è insegnarvi a passare da un’assurdità mascherata a quella che è palesemente tale”.

(Ricerche filosofiche, 1953)