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Analisi di 'Uno, nessuno e centomila' di Luigi Pirandello

È il romanzo che sintetizza l’intera produzione pirandelliana e la sua evoluzione nella concezione dell’esistenza, dell’uomo e delle maschere che indossa

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Pubblicato dopo una lunga gestazione, “Uno, nessuno e centomila” può essere considerato una sorta di testamento letterario in cui Luigi Pirandello tira le fila della sua concezione dell’esistenza e dell’uomo. E lo fa attraverso un monologo ininterrotto, ma puntellato di riflessioni, divagazioni e digressioni, da parte di tal Vitangelo Moscarda, protagonista e voce narrante, e del suo tentativo di riuscire a individuare nelle “centomila” proiezioni che gli altri hanno di lui quella che è la sua unicità, il suo vero “io”, per scoprire però che non esiste “nessuno”.

Il romanzo segue di una ventina Il fu Mattia Pascal e ne rappresenta un’evoluzione a livello di identità dei personaggi, con Vitangelo Moscarda che non si batte più come l’omologo precedente contro le trappole della propria esistenza, ma si scaglia contro quelle che l’autore definisce “maschere”.

Sintesi

Vitangelo Moscarda, Gengè per gli amici, è il figlio scansafatiche di un banchiere usuraio, dal quale ha ereditato la banca che gli permette di vivere di rendita. Il racconto però si sviluppa attorno ad un avvenimento apparentemente insignificante e che pure scatenerà nel protagonista una crisi di identità che porterà a conseguenze impensabili.

Osservandosi allo specchio, Moscarda si accorge per la prima volta di avere il naso storto e lo fa notare alla moglie, che distrattamente e senza poterne immaginare le conseguenze, non solo gli conferma di essere perfettamente a conoscenza di quel particolare, ma rincara bonariamente la dose, elencandogli tutti gli altri difetti fisici evidenti a tutti, dalle sopracciglia che sembrano due accenti circonflessi, all’attaccatura delle orecchie, alla diversità della gamba destra rispetto alla sinistra.

È l’evento che cambierà per sempre l’esistenza di Vitangelo, che si rende conto che gli altri hanno un’immagine di lui totalmente differente da quelle che lui si è invece fatto di sé stesso. Decide allora di stravolgere la sua vita, in modo da scardinare l’aspetto ormai stereotipato con il quale si mostra, per trovare la sua vera identità.

Inizia così a gestire la banca tra lo stupore di impiegati e soci e la disperazione dell’amministratore Quantorzo, che si era sempre occupato degli affari di famiglia dopo la morte del padre di Moscarda. Sfratta un tal Marco Di Dio da una delle sue case per poi regalargliela, infine decide di liberarsi della nomea di usuraio che gli derivava dagli affari paterni, e comunica di voler liquidare la banca, provocando la reazione degli amministratori e della moglie, che temono possa dilapidare il suo intero patrimonio e pensano di farlo interdire per infermità mentale.

Intanto Anna Rosa, un’amica della moglie di Vitangelo, gli fa visita nel tentativo di ricondurlo alla ragione, ma, sconvolta dalle sue parole e dal suo modo di ragionare, in preda ad un raptus gli spara un colpo di pistola, ferendolo seriamente. Al processo Moscarda testimonia che si è trattato di un incidente, ma Anna Rosa confessa di aver agito volontariamente.

Guarito dalle gravi ferite, Vitangelo riprende la “demolizione” del suo io precedente e devolve tutti i suoi beni per la costruzione e la gestione di un manicomio destinato a poveri indigenti, in cui egli stesso si ritira a vivere. Una volta nell’ospizio, Moscarda si sente finalmente liberato dalla prigione costituita dall’identità e vive come un qualunque elemento della natura o un animale, ma si rende anche conto di essere diventato “nessuno”, senza nome, né pensieri, completamente immerso nell’insensato flusso della vita.

Analisi

L’evoluzione pirandelliana costituita da “Uno, nessuno e centomila” segue il corso del romanzo, che se all’inizio ricalca il filone tipicamente umoristico dell’autore, con la sproporzionata e ridicola reazione del protagonista, man mano introduce il lettore ad un secondo livello di lettura, che sfocia nella riflessione e nell’autoanalisi, legate alla rappresentazione dell’io e al concetto di identità.

Lo stesso protagonista, Vitangelo Moscarda, rappresenta la crescita e il cambiamento del pensiero di Pirandello, che se con Mattia Pascal si limitava ad adeguarsi a quella “pupazzata” quotidiana che è la vita, assistendovi passivamente, con il personaggio principale di “Uno, nessuno e centomila” la vita torna a morderla, cercando una soluzione che possa riscattarlo dalla sua condizione.

Il cambiamento del Moscarda avviene in due fasi. La prima consiste nell’abolizione della coscienza di sé e della propria identità, ma Vitangelo scopre che non è possibile né liberarsi della prigione della forma, né dei pregiudizi e soprattutto che questo indossare forzatamente una maschera per non apparire come si è, impedisce di poter essere altro. Anche il nome non è altro che un’epigrafe funeraria, una catena che ancora l’individuo a uno schema e che lo costringe a muoversi all’interno di precisi limiti, impedendo il naturale flusso della vita. È a questo punto che il protagonista acquisisce la consapevolezza che il passo da fare è uno solo ma determinante: rinunciare al proprio nome e alla propria identità, uscire a qualsiasi forma di convenzione, per diventare “nessuno”.

La seconda fase riguarda invece il rifiuto da parte di Moscarda delle schiavitù che scaturiscono dalle convenzioni stabilite dall’uomo, della trappola dell’identità e della necessità di indossare delle maschere. L’assurda soluzione proposta è però meramente utopica: immergersi in una profonda comunione con la natura, allontanandosi dalla città, simbolo dell’alienazione e dell’artificialità, fino ad annullare se stessi.

Sei personaggi in cerca d’autore, trama e spiegazione dell’opera

Riflessione sull’identità

Secondo la visione di Pirandello, l’identità dell’individuo è fluida e mutevole, influenzata com’è da molteplici fattori quali il contesto sociale, le aspettative degli altri e le maschere che ognuno indossa nella vita quotidiana. La realtà soggettiva, d’altro canto, è altrettanto complessa, in quanto ogni individuo percepisce il mondo in modo unico, influenzato dalle proprie esperienze, emozioni e convinzioni. In sintesi, la sua analisi invita a riflettere su come le persone si definiscono e interpretano il mondo che le circonda.

Lo psicodramma di Vitangelo scaturisce dall’acquisizione, attraverso un banale episodio, della consapevolezza che non si è per gli altri ciò che si è per se stessi, o ciò che si crede di essere. Una presa di coscienza che rende insopportabile il vivere, trasformato in una spirale di maschere e finzioni, che alterano i comportamenti, per adeguarli alle aspettative altrui.

Questo relativismo spinto all’estremo non fa che annullare l’individuo, disperso nella moltitudine di impressioni che suscita negli altri, in quelle “centomila” rappresentazioni di sé che finiscono per frammentarne l’io, annientando completamente il suo “essere uno”, per trasformarlo in un “nessuno”.