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Cos’è il biennio rosso e quanto è durato

Tra il 1919 e il 1920, l’Italia è teatro delle lotte portate avanti dai movimenti operai e contadini, che raggiungeranno il loro culmine con l’occupazione delle fabbriche

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Il biennio rosso è un periodo, compreso fra il 1919 e il 1920, caratterizzato da una serie di lotte operaie e contadine, che raggiungono il loro culmine e la loro conclusione con l’occupazione delle fabbriche nel settembre 1920. Nel corso di questo biennio si susseguiranno, soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, scioperi e picchetti, manifestazioni operaie, mobilitazioni contadine, tumulti contro il caro vita, occupazioni di terreni e tentativi di autogesione delle fabbriche, che verranno soffocate e represse dalla violenza squadrista.

Premesse

I segni lasciati dalla Prima guerra mondiale sulla società italiana sono molto profondi. L’economia è in piena crisi e solo gli aiuti stranieri ne evitano il collasso. Il conflitto bellico ha impoverito gran parte della società, in primo luogo la piccola borghesia, che vede volatilizzarsi i propri risparmi, strangolato dal caro vita e dalle tasse cui i Comuni ricorrono per far fronte ai loro gravi problemi finanziari. Ci sono pero delle categorie di privilegiati che nel dopoguerra vedono una lauta occasione di arricchimento, sono i grandi industriali, che concludono enormi affari grazie ai grossi ordinativi dello Stato, e gli scaltri speculatori del commercio, che approfittando della scarsità dei beni disponibili sul mercato, vendono a prezzi da capogiro. E’ questa per grandi linee la situazione in Italia, quando i contadini e la classe operaia diedero inizio a un ciclo di dure lotte nelle campagne e nelle grandi fabbriche che sarà chiamato “il biennio rosso”.

Biennio rosso

Nell’estate del 1919 si mette in moto un vasto movimento di occupazione delle terre, alla testa del quale si pongono le Leghe Rosse e le Leghe Bianche. Le prime sono controllate dai socialisti e molto organizzate e il loro obiettivo è quello di garantire lavoro alla manodopera bracciantile; le seconde sono controllate dai cattolici e il loro obiettivo è quello di arrivare a una gestione cooperativa dell’azienda agricola. Nel novembre dello stesso anno, con le elezioni politiche indette dal radicale Nitti, i vecchi partiti vengono sovrastati dal grande successo ottenuto dal Partito socialista, che deciderà di restare all’opposizione, neutralizzando automaticamente l’affermazione elettorale, e dal neonato Partito popolare, ma i governi che si susseguono nei mesi successivi si dimostrano incapaci di dare uno sbocco alla crisi economica, politica e sociale del Paese.

Dopo le eclatanti rivendicazioni che hanno caratterizzato il 1919, il 1920 registrerà oltre 2mila scioperi, cui prenderanno parte più di 2 milioni di manifestanti. Tra il marzo e l’aprile 1920 scoppiano importanti scioperi, in particolare, presso la FIAT di Torino, tuttavia, tanto la direzione nazionale della CGL, quanto quella del Partito Socialista, si rifiutano di dare il loro appoggio al movimento torinese e di estendere la vertenza al resto d’Italia mediante la proclamazione di uno sciopero generale, portando alla fine delle proteste senza che i lavoratori abbiano visto riconosciute le proprie richieste. Maggio è un mese di manifestazioni e scontri di piazza durissimi con i militari inviati dallo Stato.

Nel giugno del ’20 a capo del Governo sale per la prima volta Giolitti, che si trova subito ad affrontare la fase più acuta della lotta operaia, che prosegue nonostante i successi già ottenuti con il riconoscimento della giornata lavorativa di otto ore e lo scatto degli aumenti salariali, con l’occupazione delle fabbriche.

Il presidente del Consiglio si mostra inizialmente contrario al ricorso alla forza contro gli operai, ma la destra conservatrice, decisiva per il Governo, pretende il rispetto delle leggi dello Stato, spalancando le porte allo squadrismo fascista, che accoglie tra le sue file disoccupati, mezzadri e piccoli proprietari timorosi di vedersi sottratte le terre dalle leghe rosse o da quelle bianche. Lo squadrismo viene subito sostenuto, anche finanziariamente, dai grandi agrari, che intendono servirsene per debellare il movimento di lotta bracciantile e contadino.

Nel novembre del 1920 gli squadristi assaltano il municipio di Bologna e negli scontri restano uccise diverse persone, ponendo fine con questo episodio al “biennio rosso”, che si chiude con un fallimento per quelli che erano gli obiettivi che lo avevano ispirato e con un triste bilancio, si calcola che tra il 1920 e il 1921 siano state centinaia le vittime delle violenze squadriste.

Nel 1921 Giolitti indice nuove elezioni e, con lo scopo di rafforzare il suo governo, include anche i fascisti, giustificando la loro presenza di questi ultimi per riportare l’ordine sociale in Italia. Mentre il XVII Congresso Nazionale del Partito Socialista si conclude con la scissione della componente comunista, che darà vita al PCI.