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Canto III del Purgatorio di Dante: riassunto e analisi

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il terzo canto del Purgatorio si apre in un momento di incertezza emotiva per Dante. Dopo l’apparente scomparsa di Virgilio nel canto precedente, il poeta si sente solo, disorientato, come un bambino che ha perso la guida. Questo breve attimo di smarrimento ha una forte valenza simbolica: rappresenta la fragilità dell’anima che si ritrova improvvisamente senza punti di riferimento nel cammino della salvezza. Virgilio, che incarna la ragione, la sapienza classica, è il filo conduttore che consente a Dante di leggere e comprendere ciò che lo circonda.

La sua temporanea assenza suggerisce che, anche nel percorso spirituale, può esserci un momento di vuoto, di sospensione, in cui l’uomo è chiamato a fidarsi della propria fede e del cammino intrapreso. Il ritorno della guida coincide con un invito alla calma e alla riflessione: Virgilio ricorda a Dante che il giudizio terreno non può comprendere né misurare la volontà divina, ed è inutile interrogarsi su ciò che la mente umana non può abbracciare completamente.

La montagna del Purgatorio e la fatica dell’ascesa

Il paesaggio che si offre ai due viandanti è quello della montagna del Purgatorio, con la sua parete ripida e inaccessibile che si erge a oriente. La direzione dell’est è tutt’altro che casuale: è il punto da cui sorge il sole, simbolo della luce divina, della verità, della grazia che guida l’ascesa delle anime verso la salvezza. Tuttavia, l’apparente impossibilità di scalare la montagna da quel lato sottolinea un concetto fondamentale: il cammino verso la redenzione non può essere affrontato scegliendo scorciatoie o soluzioni facili.

L’ascesa richiede sforzo, pazienza e umiltà. Virgilio e Dante devono cercare un altro passaggio, compatibile con le condizioni dell’anima e con l’ordine divino. In questo scenario, la montagna diventa metafora del percorso interiore, della lotta costante contro le inclinazioni e le fragilità umane. È un percorso in salita, difficile, ma illuminato dalla speranza e dal desiderio di rinnovamento.

Le anime negligenti e la legge del contrappasso

Nel proseguire, i due poeti incontrano un gruppo di anime che Dante osserva con curiosità e rispetto. Sono i cosiddetti negligenti, coloro che, pur essendo morti in grazia di Dio, hanno rimandato a lungo la loro conversione e per questo sono costretti ad attendere fuori dal Purgatorio per un tempo pari a quello vissuto senza pentimento.

Questo ritardo nella purificazione non è punizione, ma espressione della giustizia divina, fondata sul principio di equilibrio tra colpa e redenzione. Il loro destino non è disperato, ma sospeso, come una lunga attesa che prepara al momento della risalita. Tra queste anime spicca la figura di Manfredi, re di Sicilia, uomo controverso nella storia politica e religiosa del suo tempo. La sua presenza nel Purgatorio sorprende Dante, poiché la tradizione lo voleva dannato.

Ma Manfredi, con parole semplici e dirette, racconta il momento del suo pentimento estremo prima della morte, e afferma che la misericordia di Dio è più grande di ogni condanna umana. La sua testimonianza ha un impatto profondo sul lettore, perché mostra come la conversione sincera, anche se tardiva, possa aprire le porte della salvezza.

La lezione morale e il tema della misericordia

Attraverso il racconto di Manfredi, Dante trasmette un messaggio di forte valenza teologica e morale. L’episodio rappresenta una riflessione sul concetto di giudizio, sull’errore umano di condannare in modo assoluto chi si discosta dalla dottrina ufficiale. Manfredi era stato scomunicato, eppure ottiene accesso alla montagna del Purgatorio perché, nel momento della morte, si era affidato a Dio con tutto il cuore.

Questo passaggio suggerisce che non è la forma esterna del culto, ma la verità interiore del pentimento a determinare il destino dell’anima. Il canto invita a diffidare di ogni giudizio sommario, ricordando che solo Dio conosce il cuore degli uomini. Allo stesso tempo, la condizione delle anime negligenti rafforza il senso di responsabilità individuale: la salvezza è possibile per tutti, ma richiede scelte consapevoli e un atteggiamento costante di ricerca e apertura alla grazia. Nessuno è escluso dalla misericordia divina, ma nessuno può rimandare all’infinito il momento della conversione.

Il terzo canto del Purgatorio si configura come una meditazione sulla giustizia divina, sul tempo della salvezza e sulla necessità di una guida sapiente per affrontare i passaggi più complessi del cammino spirituale. Dante, nella sua progressiva maturazione interiore, scopre che anche l’attesa, il limite, la difficoltà, fanno parte del progetto di purificazione. L’incontro con Manfredi rappresenta una delle prime grandi sorprese morali del Purgatorio: un invito alla compassione, alla comprensione, e alla consapevolezza che la salvezza non è proprietà esclusiva di pochi eletti, ma possibilità offerta a tutti coloro che scelgono, anche all’ultimo respiro, di aprirsi alla luce.

Attraverso un equilibrio raffinato tra narrazione poetica e profondità dottrinale, Dante ci accompagna in un canto che è insieme riflessione intima, teologia vivente e poesia salvifica, capace di toccare corde universali e senza tempo.