La struttura del Purgatorio di Dante Alighieri
Il Purgatorio, seconda cantica della Divina Commedia, è il regno della purificazione e della speranza, in cui le anime espiano le colpe commesse in vita per poter raggiungere la beatitudine eterna. A differenza dell’Inferno, luogo della pena eterna, il Purgatorio è temporaneo, e tutte le anime che vi si trovano sono destinate al Paradiso. La sua struttura, complessa e perfettamente organizzata, riflette l’ordine morale e teologico dell’universo dantesco. Dante immagina il Purgatorio come un monte altissimo situato nell’emisfero australe, diametralmente opposto a Gerusalemme, formatosi dalla caduta di Lucifero sulla Terra.
Il monte si articola in tre grandi sezioni: l’Antipurgatorio, il Purgatorio vero e proprio (composto da sette cornici) e il Paradiso Terrestre. Ognuna di queste zone ha una funzione specifica nel cammino ascensionale dell’anima, che, attraverso la penitenza, si libera dalle inclinazioni peccaminose.
L’Antipurgatorio: l’attesa del perdono
L’Antipurgatorio si estende alla base del monte ed è riservato a coloro che, pur essendosi pentiti in punto di morte, non si sono pentiti in vita con tempestività, oppure hanno vissuto in uno stato di scomunica. Queste anime devono attendere un tempo determinato prima di poter salire al Purgatorio vero e proprio. L’attesa è un atto di giustizia divina, ma anche un primo passo verso la redenzione.
L’Antipurgatorio è diviso in quattro zone:
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I negligenti morti di morte violenta, che si pentirono all’ultimo istante (tra cui Manfredi).
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I pigri o indolenti alla conversione, come Belacqua.
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Coloro che vissero in maniera attiva e mondana, convertendosi solo tardi.
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I principi e sovrani che ebbero grandi responsabilità politiche, ma rimandarono la conversione a causa del potere.
L’Antipurgatorio si conclude con la porta del Purgatorio, sorvegliata da un angelo custode. Qui Dante subisce il rito dell’incisione delle sette “P” sulla fronte (una per ogni peccato capitale), che verranno cancellate progressivamente nel cammino.
Le sette cornici del Purgatorio: l’espiazione dei peccati capitali
Il Purgatorio vero e proprio si sviluppa in sette cornici concentriche, ognuna delle quali è dedicata a uno dei sette peccati capitali, disposti in ordine decrescente di gravità secondo la teologia medievale. Ogni peccato è visto non tanto come atto, ma come inclinazione dell’anima, da purificare attraverso la penitenza.
1. Superbia (prima cornice)
I superbi camminano piegati sotto pesanti massi sulle spalle, in segno di umiliazione. La superbia è considerata il peccato più grave, poiché mette l’uomo al di sopra di Dio. Le anime meditano esempi di umiltà, scolpiti sulla parete della montagna, per imparare a vedere la propria fragilità.
2. Invidia (seconda cornice)
Gli invidiosi hanno gli occhi cuciti con fil di ferro, simbolo della loro incapacità di gioire del bene altrui. Indossano vesti grigie e cantano litanie. Sono purificati da esempi di carità e amore fraterno.
3. Ira (terza cornice)
Le anime iraconde sono immerse in una nube di fumo denso, che rappresenta la cecità della rabbia. Meditano esempi di mitezza e pazienza, come quelli di San Stefano o Gesù, per purificare la violenza interiore.
4. Accidia (quarta cornice)
Gli accidiosi corrono senza sosta, cantando esempi di solerzia e zelo, perché in vita si lasciarono vincere dall’inerzia spirituale. La loro penitenza è l’azione incessante, come contrasto alla loro passività terrena.
5. Avarizia e prodigalità (quinta cornice)
Distesi a terra a faccia in giù, le anime degli avari e dei prodighi piangono la loro attaccamento ai beni terreni. Le preghiere e gli esempi che meditano celebrano la generosità e il distacco dalle ricchezze.
6. Gola (sesta cornice)
I golosi sono emaciati e sofferenti per la fame, mentre alberi profumati li tentano con cibo e acqua che non possono raggiungere. Espiano l’eccesso mediante l’astinenza, e meditano esempi di temperanza.
7. Lussuria (settima cornice)
Le anime camminano all’interno di una fiamma purificatrice, cantando esempi di castità. Sono purificate dal desiderio carnale mediante il fuoco, che arde ma non consuma, simbolo di passione elevata alla purezza.
In ogni cornice, le anime recitano preghiere, canti e invocazioni tratte dalla Scrittura, e Dante annota la presenza di angeli guardiani che indicano il percorso e cancellano, una alla volta, le “P” dalla sua fronte.
Il Paradiso Terrestre: la fine della purificazione
Raggiunta la sommità del monte, Dante accede al Paradiso Terrestre, situato nel Giardino dell’Eden. Qui l’anima è completamente purificata e pronta a salire in Paradiso. Il luogo è descritto come un giardino idilliaco, simbolo dell’armonia perduta, ma anche dell’innocenza possibile.
Nel Paradiso Terrestre Dante incontra Matelda, figura allegorica della felicità terrena e della grazia battesimale, che lo introduce a una cerimonia di purificazione finale nei fiumi Letè ed Eunoè: il primo fa dimenticare il male compiuto, il secondo rafforza il ricordo del bene. Questo rito prepara l’anima al rinnovamento spirituale completo.
È in questo luogo che Dante ritrova Beatrice, che appare in tutta la sua maestà e lo guida alla contemplazione divina, dopo avergli rimproverato gli errori del passato. La sua apparizione segna la chiusura della cantica e il passaggio definitivo al mondo celeste.
Una struttura fondata sull’ordine e sulla speranza
La struttura del Purgatorio è il riflesso di una concezione razionale e giustamente ordinata dell’universo: ogni peccato ha la sua causa, la sua pena, e un corrispondente cammino di purificazione. Ma soprattutto, ciò che distingue questa cantica dalle altre è la certezza della salvezza: qui il dolore ha un senso, è parte integrante del processo di redenzione, e ogni passo è un avvicinamento alla luce.
L’ascesa sul monte è una metafora della lotta interiore dell’uomo per liberarsi dalle passioni, per ristabilire l’equilibrio tra ragione, volontà e amore. La montagna rappresenta il viaggio dell’anima verso Dio, un cammino arduo, ma possibile, per chi sceglie il pentimento e la verità.
Con il Purgatorio, Dante ci mostra che la libertà morale dell’uomo non si esaurisce nella colpa, ma si realizza pienamente nel percorso di conversione e trasformazione. Ogni cornice è uno specchio delle debolezze umane, ma anche una tappa verso la beatitudine: un messaggio di consolazione, di impegno e di speranza, ancora oggi straordinariamente attuale.