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Edvard Munch, biografia e opere dell'artista

Cosa si nasconde dietro uno dei dipinti norvegesi più celebri al mondo? Cosa significa e cosa ha voluto raccontare Edvard Munch attraverso la sua opera? Scopriamolo insieme

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Tutti lo conoscono e tutti hanno assaporato, guardandolo, sensazioni di angoscia e paura. Ed è esattamente questo che Edvard Munch puntava a suscitare quando dipinse il suo quadro più famoso: Skrik, ovvero L’Urlo.

Munch, insieme a van Gogh e Gauguin, è considerato il precursore dell’espressionismo, movimento pittorico d’avanguardia caratterizzato dalla ricerca e dall’esaltazione della carica soggettiva dei propri dipinti. Ma vediamo come nasce e quale fortuna ha incontrato il capolavoro del pittore norvegese.

“Un’opera d’arte può venire solo dall’interno dell’uomo. L’arte è la forma dell’immagine formata sui nervi, il cuore, il cervello e l’occhio dell’uomo”.

Quando fu realizzato

L’idea del dipinto, o meglio, la sensazione che il dipinto suscita, pervase Munch durante una passeggiata con degli amici in un luogo che non specificò mai. Tuttavia le ricostruzioni lo identificano con la collina di Ekeberg, un luogo suggestivo da cui era possibile vedere Oslo. Se si ha la fortuna di visitare la collina si potrà notare una targa commemorativa che ricorda la prospettiva che ispirò il pittore per il suo capolavoro.

“Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue, mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto sul fiordo nerazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura”

Questo aveva annotato Munch nel suo taccuino qualche tempo prima, il 22 gennaio 1892 mentre si trovava a Nizza. Il dipinto, quindi, è autobiografico: l’uomo rappresentato è il pittore stesso che, con le mani accostate al volto e l’espressione segnata da un tragico urlo, sembra diventare un tutt’uno con la natura che lo circonda. In effetti, il titolo dato da Munch in tedesco era: Der Schrei der Natur, L’urlo della natura.

Sebbene il pittore rappresenti se stesso e il dipinto nasca da un’esperienza personale, la sensazione di angoscia che pervade L’Urlo è un dramma comune e universale che appartiene a tutti gli uomini. Per questo l’Urlo è diventato metafora del dramma esistenziale dell’uomo moderno.

L’Urlo, descrizione dell’opera

I colori predominanti sono il rosso, l’arancione, il blu e il giallo. Il cielo infuocato dal tramonto si confonde e si fonde con il paesaggio al di là della staccionata. Lingue di fuoco animano la tela sullo sfondo, mentre in primo piano, davanti alla staccionata che protegge dal dirupo, una figura straziante e deforme, senza sesso e senza identità, apre la bocca come per lanciare un urlo, portando le mani alle orecchie. Potrebbe essere il pittore, ma le sue sembianze lo riducono a un essere che potrebbe essere qualunque uomo sulla terra, un io universale. Gli occhi sono due orbite prive di vita, il naso è ridotto a due punti, la bocca è allungata così come la forma della testa, quasi si trattasse di un fantasma. Alla fine del sentiero, sullo sfondo, appaiono due figure simili a due ombre, come a sottolineare una distanza incolmabile tra il dolore e l’angoscia del singolo e il resto del mondo.

E’ chiaro quanto la profonda riflessione che muove e anima l’Urlo sia vicina ai temi su cui artisti e filosofi dell’epoca indagano: da Schopenhauer a Freud, da Kafka a Kierkegaard, sono evidenti il senso di alienazione e smarrimento, così come il tema dell’incomunicabilità e della solitudine.

“Anch’io mi sono messo a gridare, tappandomi le orecchie, e mi sono sentito un pupazzo, fatto solo di occhi e di bocca, senza corpo, senza peso, senza volontà, se non quella di urlare, urlare, urlare… Ma nessuno mi stava ascoltando…”

Dov’è esposto

Esistono quattro versioni dell’Urlo di Munch, tutte dipinte tra il 1893 ed il 1910. Tre si trovano ad Oslo: due sono esposte al Museo Munch a Tøyen, mentre la versione più celebre considerata l’opera massima di Munch è esposta alla Nasjonalgalleriet. La quarta versione dell’Urlo, a pastello su cartoncino, è stata battuta all’asta nel 2012 per 119,9 milioni di dollari (91 milioni di euro) ed è l’unica in mano a un collezionista privato.

Il capolavoro esposto alla Galleria Nazionale di Oslo è stato rubato ben due volte. La prima nel 1994, proprio il giorno dell’inaugurazione delle Olimpiadi invernali di Lillehammer; per i ladri fu un gioco da ragazzi a causa dei discutibili sistemi di allarme, tant’è che lasciarono un biglietto che sbeffeggiava il museo: “Grazie per la scarsa sicurezza”. Il secondo furto ebbe luogo nel 2004, insieme a un’altra opera di Munch, La Madonna, e venne recuperato due anni più tardi in pessime condizioni. Dopo un accurato restauro tornò a essere esposto al pubblico nel 2008.

Curiosità sul quadro

Nel 1904 fu scoperta una strana scritta nell’angolo sinistro del primo Urlo di Munch: «Può essere stato dipinto solo da un pazzo», recitava.

All’inizio si pensò fosse stato un atto vandalico ma dopo anni e dopo studi approfonditi sulla sua grafia, un esame a infrarossi ha finalmente rivelato che la frase fu scritta dallo stesso Munch. Gli esperti sono quasi certi che il pittore aggiunse quella frase dopo la prima esposizione al pubblico dell’Urlo. L’accoglienza della critica non fu delle migliori e allora Munch aggiunse ironicamente la frase in risposta alle critiche. Una reazione ironica, certo, ma anche esemplificativa della sua sensibilità e vulnerabilità.