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Sami Modiano, storia e biografia del sopravvissuto all'Olocausto

Nato nell'isola greca di Rodi nel 1930, al tempo provincia italiana, è un superstite del campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau e, a 93 anni, tuttora un attivo testimone della Shoah

Alessio Abbruzzese

Alessio Abbruzzese

GIORNALISTA

Nato e cresciuto a Roma, mi appassiono fin da piccolissimo al mondo classico e a quello sport, dicotomia che ancora oggi fa inevitabilmente parte della mia vita. Potete leggermi sulle pagine de Il cuoio sul Corriere dello Sport, e online sul sito del Guerin Sportivo. Mi interesso di numerosissime altre cose, ma di quelle di solito non scrivo.

Chi era Sami Modiano

Samuel Modiano nacque a Rodi il 18 luglio 1930 ma soli otto anni più tardi, a causa dell’entrata in vigore delle leggi razziali fasciste, venne espulso dalla scuola dove stava frequentando la terza elementare: “Quel giorno ho perso la mia innocenza. Quella mattina mi ero svegliato come un bambino. La notte mi addormentai come un ebreo“. Iniziò un periodo complicato, dovuto alla perdita del lavoro da parte del padre Giacobbe e alla prematura scomparsa della madre Diana, per malattia. La popolazione non cattolica dell’isola, all’epoca provincia italiana, fu protagonista di una diaspora, che non coinvolse la famiglia Modiano, che continuò piuttosto a vivere una vita apparentemente normale fino al 23 luglio 1944, quando i nazisti – arrivati in Grecia dopo l’armistizio dell’8 settembre precedente – prelevarono Sami e tanti altri ebrei, stipati come bestie all’interno di navi mercantili e dirette – a loro insaputa – al Pireo. Poi, il 3 agosto, il trasferimento in bui e inospitali vagoni treno verso il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau: “La mia famiglia mi preparava al Bar Mitzvah a Rodi, dove era qualcosa più di un matrimonio. Avrebbe partecipato tutta la grande famiglia, la comunità ebraica di Rodi, ma purtroppo questa festività non è stata fatta perché c’è stata la deportazione. E per caso, una sera triste, dopo il ritorno dal lavoro, quando avevo già perso tutti ed ero solo e demoralizzato, in un angolo della baracca stavo cercando di riscaldarmi e riprendermi. Lì un gruppetto di altri prigionieri come me, originari dell’Ungheria, si erano riuniti per fare una preghiera. Si sono contati, erano in nove, mi hanno visto e mi hanno chiesto se potevo avvicinarmi. Mi sono avvicinato e mi hanno chiesto se volessi partecipare anch’io. Io gentilmente ho risposto che non potevo, perché non avevo fatto il Bar mitzvah. Lì c’era un Hanan, non un rabbino, e si è sentito in dovere di aiutarmi: quel giorno sono diventato un adulto“, il commosso ricordo di Modiano.

Modiano, il campo di concentramento di Auschwitz-Birkenau

Dopo un lunghissimo viaggio da Rodi fino alla rampa della morte, in condizioni igieniche e disumane, dove ho visto cose orrende, ci siamo trovati il 16 di agosto in questo posto… che non sapevamo in quel momento cos’era. Abbiamo saputo subito dopo che era la rampa della morte. Lì c’è la prima impressione dolorosa da parte mia: in questa fabbrica della morte loro avevano preparato qualcosa che non ha spiegazioni. Ci siamo trovati all’improvviso in una barbarie indescrivibile. Avevamo tutti capito che lì c’era qualcosa che non si poteva immaginare. Papà Giacobbe, che aveva 45 anni, si è preoccupato subito di questo modo di riceverci, e ha preso me e mia sorella Lucia per difenderci, tenerci vicino e non perderci, ma la barbarie di questi tedeschi era qualcosa in più, e questa scena si è ripetuta in un modo barbaro. Io ho cominciato a vedere cose che non avevo visto fino a quel momento. Lì mi sono detto: ma dove siamo?“. L’allora 14enne assistette inerme alla divisione tra uomini e donne e all’assegnazione dei numeri di matricola in sostituzione dei propri nomi (B7456 quello che gli fu attribuito), quindi scampò miracolosamente una prima volta alle camere a gas, salvato dal padre, che riuscì a portarlo nelle file dei superstiti. Nei mesi successivi, però, dopo la morte dell’altra figlia, Lucia, Giacobbe – in preda al dolore – si raccomandò con Sami di tener duro senza di lui e si consegnò volontariamente in infermeria, consapevole del proprio destino. Sami perse in un colpo solo papà e sorella, seguiti a stretto giro di posta da alcuni cugini, gli ultimi rappresentanti della propria famiglia rimasti, ma evitò la prematura scomparsa una seconda volta quando, selezionato per il crematorio, si salvò grazie all’arrivo di un trasporto di patate e alla richiesta di aiuto di un ufficiale delle SS per scaricarlo. A stargli accanto fu Piero Terracina, un ragazzo romano di due anni più grande col quale strinse un legame fortissimo: “Fu un’amicizia vera, profonda, fraterna. Avevamo, tutti e due, bisogno di un punto di riferimento“.

Modiano, la fine dell’incubo

Il 26 gennaio 1945, alla vigilia della ‘liberazione’ dei sovietici, giunti ormai a pochi chilometri dal campo, i nazisti presero i superstiti per spostarli da Birkenau ad Auschwitz. Sami, sfinito, si accasciò a terra più volte, ma fu sollevato da due compagni che, giunti a destinazione, lo adagiarono su un cumulo di cadaveri al fine di mimetizzarlo. Al risveglio, era tutto finito. Sami si pulì gli occhi, si guardò attorno e notò in lontananza una casa, ove si trascinò con le pochissime forze rimaste. Al suo interno trovò altri sopravvissuti, compresi Primo Levi e l’amico Piero Terracina. “Io ero adesso un uomo libero, ma in me non c’è stato nemmeno un secondo di allegria. Io mi sono sentito subito colpevole, un privilegiato“.

Modiano, il ritorno alla ‘normalità’

Modiano fu uno dei soli 31 uomini dell’intera comunità ebraica di Rodi a sopravvivere, uno dei soli 25 – su 776 – under 14 italiani. Il suo ambientamento nel Belpaese, dove tra l’altro non aveva mai messo piede, fu estremamente difficoltoso e finì per emigrare nel Congo Belga per svolgere la propria attività professionale di commercio. Qui si sposò e vi restò fino allo scoppio della guerra civile e al colpo di Stato di Mobutu Sese Seko. Tornato in Italia con la moglie, si divise fra Roma e la natia Rodi, abitudinaria meta estiva in cui occuparsi dell’antica sinagoga e della piccola comunità ebraica ancora presente. Dal 2005, invece, dopo aver preso parte – convinto dall’amico Terracina – ad un viaggio ad Auschwitz organizzato dall’allora sindaco della città Walter Veltroni per gli studenti dei licei capitolini, dedica gli inverni a divulgare la propria esperienza nei campi di concentramento ai ragazzi delle scuole medie e superiori. La visita in Polonia è stata ripetuta nel 2012, al seguito della Nazionale italiana di calcio ivi impegnata per gli Europei, e l’anno successivo ha pubblicato il libro di memorie ‘Per questo ho vissuto’. Basati sulla vita di Sami Modiano, inoltre, sono stati prodotti numerosi docu-film e pellicole: da “L’Amore dopo la tempesta”, “Amici per la vita”, “L’uomo di Rodi” e “Racconta, anche per noi”, tutti di Roberto Olla, a “Tutto davanti a questi occhi” dello stesso Veltroni.