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Borromini, storia e opere dell’architetto barocco

Dalla protezione di Maderno alla rivalità con il Bernini, tutte le tappe del magnifico progettista di molte delle grandi bellezze di Roma

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Francesco Borromini, è uno dei principali esponenti dell’architettura barocca, grande rivale del Bernini, dal quale lo divideva una concezione architettonica in netta antitesi con la poetica universalistica dell’avversario. Dal carattere inquieto, ombroso e schivo, pare fosse talmente geloso dei propri disegni da lasciare l’ordine di darli alle fiamme il giorno della sua morte. Gran parte della sua attività si concentrerà su Roma, cui lascerà in dote le sue magnifiche opere.

Vita e Opere

Francesco Castelli nasce a Bissone, sul lago di Lugano, il 27 settembre del 1599. Suo padre Giovanni Domenico, probabilmente architetto o capomastro, è detto “Bormino” dal cognome del patrigno, sua madre è Anastasia Garvo, o Garovo, appartenente a una famiglia di artigiani. Trascorsa l’adolescenza a Milano, dove fa pratica come scalpellino tra le maestranze che lavorano alla fabbrica del Duomo, raggiunge Roma nel 1619, per lavorare con lo zio materno, che è di stanza al cantiere di San Pietro.

La drammatica scomparsa del parente, precipitato da un’impalcatura, fa si che venga affidato ad un altro consanguineo, seppur alla lontana, Carlo Maderno, che gli trasmette il metodo rigoroso e la cura per i particolari e lo coinvolge in diversi progetti, dalla fabbrica della basilica di San Pietro, a palazzo Barberini, alle chiese di Sant’Andrea in Valle e Sant’Agnese in Agone.

Sotto la supervisione di Maderno, Borromini realizzerà in San Pietro, i volti dei cherubini sopra l’altare con San Leone Magno e Attila, alcune decorazioni per la porta santa e per la base della Pietà di Michelangelo, a Palazzo Barberini, la scala a chiocciola, le porte del salone e alcune finestre, e nella chiesa di San Paolo fuori le Mura, la cappella del Sacramento.

Quando Bernini subentra a Maderno nella direzione sia di San Pietro che di palazzo Barberini, mantiene la collaborazione con Borromini, affidandogli la realizzazione del baldacchino bronzeo per l’altare della confessione di San Pietro, e ne favorisce l’incarico di architetto ufficiale dell’archiginnasio, ruolo che gli garantisce entrate certe e una certa indipendenza nella scelta dei lavori da eseguire.

Tra il 1634 e il 1641 esegue per la prima volta un progetto autonomo, San Carlo alle Quattro Fontane, una chiesa minuscola che Borromini riesce comunque a realizzare con tale maestria da suscitare lodi unanimi e guadagnarsi uno stuolo di committenti come progettista.

Nel 1637 gli viene affidato il nuovo oratorio dell’Ordine dei filippini e nello stesso anno ultima la colonnata di palazzo Spada, capolavoro di virtuosismo prospettico.

Tra il 1638 e il 1639 decora la cappella della Trinità e cura i lavori generali nella chiesa di Santa Lucia in Selci, di decorazione, si occupa dell’altare per la cappella dell’Annunziata nella chiesa dei SS. Apostoli e dell’abside e un ciborio nella chiesa di Santa Maria a Cappella Nuova a Napoli.

Dal 1643 si dedica alla costruzione di Sant’Ivo, la chiesa interna al cortile del palazzo della Sapienza, che ultimerà nel 1662, e nello stesso anno avvia, per poi abbandonarlo, il progetto di Santa Maria dei Sette dolori, e realizza i disegni per la rampa elicoidale e il portale a giorno di palazzo Carpegna.

Nel 1645 si scontra apertamente con Bernini, accusandolo di incompetenza per aver deciso di radere al suolo una delle torri progettate da Maderno per la facciata di San Pietro. L’anno successivo riceve da Innocenzo X quello che sarà il suo incarico più prestigioso, il rinnovamento interno di San Giovanni in Laterano.

Nel 1653 gli viene affidata la chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona, è l’ultima grande opera prima di anni difficili, nei quali Borromini continua a lavorare solamente grazie alla protezione dei suoi vecchi amici Spada e Pamphilj. Malato e probabilmente depresso, si rinchiude in casa, preda di malattie immaginarie e allucinazioni che lo portano ad improvvisi scatti d’ira, come quello che pone fine alla sua vita, quando si trafigge accidentalmente con una spada.

Prima di morire il 3 agosto 1667, fa bruciare tutti i disegni in suo possesso e chiede di essere sepolto in forma anonima nella tomba del suo maestro, Carlo Maderno.

Opere

Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane

Nota come San Carlino, è particolarmente apprezzata grazie al fatto che, malgrado le sue ridottissime dimensioni, è una delle più geniali composizioni spaziali che siano state mai immaginate, con la sua pianta ovale, accentuata dalla cupola a nido d’ape, l’effetto flessibile delle pareti ondulate e la facciata concavo-convessa molto particolare.

Chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza

Questa chiesa è caratterizzata dalla pianta stellare, formata dall’unione di due triangoli equilateri con la cupola che, all’esterno, è coperta da un tamburo convesso e si conclude su un’alta lanterna a spirale, che suggerisce un ideale percorso ascensionale.

Chiesa di Sant’Agnese in Agone a Piazza Navona

Una delle opere più famose del Borromini, che ridisegna la facciata, rendendola concava. La cupola, incorniciata da eleganti torrette, costituisce una delle sue composizioni migliori nonostante l’ostracismo del potente rivale Bernini, che lo solleva dall’incarico poco prima che ultimi i lavori e che costruisce, nell’antistante Fontana dei Quattro Fiumi, la statua del Rio della Plata con la mano alzata verso la chiesa di Sant’Agnese in segno di scherno e di “difesa” da un eventuale crollo.