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La Prima Rivoluzione Industriale: le conseguenze

Andrea Bosio

Andrea Bosio

INSEGNANTE DI FILOSOFIA E STORIA

Nato a Genova, è cresciuto a Savona. Si è laureato in Scienze storiche presso l’Università di Genova, occupandosi di storia della comunicazione scientifica e di storia della Chiesa. È dottorando presso la Facoltà valdese di teologia. Per Effatà editrice, ha pubblicato il volume Giovani Minzoni terra incognita.

Il termine “rivoluzione industriale” identifica un lungo processo della durata di circa un secolo che termina con l’effettivo passaggio da un sistema agricolo a uno di natura economica, fondato, appunto, sull’industria.

Le rivoluzioni industriali sono due. La prima che ha investito l’Inghilterra della fine del Settecento, conclusasi attorno alla metà del secolo successivo; la successiva, conosciuta come Seconda Rivoluzione Industriale, avvenuta tra la fine dell’Ottocento e il primo Novecento.

Se la prima è legata all’introduzione della spoletta mobile nel settore tessile e a quella della macchina a vapore nell’ambito metallurgico, la seconda ha a che fare con l’invenzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Entrambe le rivoluzioni non avrebbero ottenuto l’impatto che effettivamente le ha caratterizzate se non fossero state seguite a cascata da cambiamenti in ambito agricolo, sociale e demografico.

Dove nasce la Prima Rivoluzione Industriale

Perché la Prima Rivoluzione Industriale è avvenuta proprio in Inghilterra? Perché rappresenta il primo Paese con un’agricoltura di mercato, atta a guadagnare e non alla semplice sopravvivenza. Il settore agricolo è infatti nelle mani di grandi e medi proprietari aperti all’innovazione scientifica, dotati di ampie capacità economiche e spirito di iniziativa, indispensabili per investire nell’acquisto di macchinari, nella costruzione di fabbriche e nel pagamento degli operai.

Nell’ambito tessile, inoltre, si riscontra una grande domanda: per il loro rapporto qualità-prezzo, le stoffe inglesi sono richieste e acquistate anche da Paesi stranieri e i contatti con questi ultimi sono facilitati da ottime vie di comunicazioni, che permettono il trasporto merci.

Si aggiunga anche la grande disponibilità di materie prime e fonti di energia presenti sul territorio, come carbone, necessario per la macchina a vapore, e petrolio.

Questi fattori sono evidenti anche agli occhi degli stessi contadini, che abbandonano le campagne per riversarsi nelle città per lavorare a basso costo nella nascente industria.

La protagonista della rivoluzione industriale: la fabbrica

La costruzione delle prime fabbriche porta con sé una nuova organizzazione lavorativa: se fino quel momento le attività si svolgevano principalmente nelle botteghe artigiane, oppure direttamente nelle proprie abitazioni, con il processo di meccanizzazione e la produzione su vasta scala il lavoratore diventa un operaio.

Costretto ad abbandonare definitivamente l’attività agricola, trasferendosi in città, l’operaio vede nella fabbrica il suo unico impiego. Inoltre, le mansioni che svolge sono frammentarie e parziali, secondo una precisa divisione del lavoro scandita da una macchina instancabile. L’obiettivo è massimizzare la produzione, senza alcun riguardo nei confronti del lavoratore, costretto a riprodurre per un tempo infinito lo stesso movimento. È così che la prospettiva di una vita migliore si trasforma in un incubo.

Il sentimento dell’epoca industriale: il Realismo

Lo sfruttamento e l’alienazione della classe operaia gettano, a fine secolo, le basi del Realismo, sia in campo letterario, sia artistico-pittorico.

Gli artisti realisti abbandonano i soggetti storici e letterari, e si rivolgono invece all’analisi e all’approfondimento di aspetti e tematiche sociali a loro attuali. Il Realismo pittorico riproduce oggettivamente la realtà, senza alcuna aggiunta emotiva da parte del pittore e senza interpretazioni personali particolari, così come avviene contemporaneamente nella letteratura realista di Zola, Balzac e Flaubert e in quella verista di Verga.

La realtà è la protagonista delle opere artistiche e letterarie, senza filtri o veli. Si rappresentano in modo oggettivo tutti quegli aspetti della realtà contemporanea che l’arte ufficiale aveva fino a quel momento ignorato, come la fatica degli operai, le ingiustizie sociali, la dignità del lavoro umano. Per la prima volta sono raffigurate e descritte le classi umili come protagonisti, e non semplici figuranti, della Storia. È chiaro l’intento sociale.

Mappa mentale della Prima Rivoluzione Industriale da stampare

Per stampare la mappa mentale con il contesto della Prima Rivoluzione Industriale e le principali invenzioni e conseguenze, scarica il pdf in bianco e nero qui:

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