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Massimi e minimi: funzioni in due variabili

Agostino Sapienza

Agostino Sapienza

INSEGNANTE DI MATEMATICA

Sono nato a Reggio Calabria il 07/10/85. Mi sono diplomato nel 2005 all'Istituto Magistrale Statale Tommaso Gulli. Ho conseguito la laurea triennale in Relazioni Internazionali a Messina e in Economia Internazionale a Padova. Dopo un pò di anni negli studi commercialisti sono stato chiamato per una supplenza covid nella classe di insegnamento A47. Ho poi conseguito l'abilitazione a Trieste nel sostegno e sono entrato di ruolo nel 2023

Calcolare i massimi e i minimi di una funzione in due variabili è un processo fondamentale in matematica, particolarmente importante in campi come l’analisi, l’ottimizzazione e la geometria. Questo processo implica l’individuazione dei punti in cui una funzione definita su due variabili raggiunge i suoi valori più alti o più bassi, che sono cruciali per comprendere il comportamento complessivo della funzione.

Per una funzione in due variabili, questi punti di massimo e minimo sono chiamati punti stazionari. Il primo passo per trovarli è calcolare le derivate parziali della funzione rispetto a ciascuna variabile. Queste derivate parziali descrivono come la funzione cambia al variare di una delle variabili, mantenendo l’altra costante. Una volta calcolate le derivate parziali, si cercano i punti in cui entrambe si annullano contemporaneamente, poiché ciò indica che la funzione potrebbe avere un punto stazionario in quella posizione.

Tuttavia, non tutti i punti stazionari sono necessariamente punti di massimo o minimo. Vediamo insieme come fare!

Massimi e minimi di una funzione: cosa sono

Spesso abbiamo parlato di massimi e minimi per le funzioni in una variabile reale.
Ora vediamo di generalizzare la definizione per funzioni in due variabili.

Definizione: data una funzione z=f(x,y)z=f(x,y) definita in un insieme DD, diciamo che il punto P0(x0;y0)P_{0}(x_{0};y_{0}) è un punto di massimo relativo per ff se esiste un intorno del punto P0P_{0} in DD tale che per tutti i punti di questo intorno vale la relazione f(x,y)f(x0,y0)f(x,y)\le f(x_{0},y_{0})

Allo stesso modo viene definito il punto di minimo, sostituendo \ge a \le.

Anche per le funzioni in due variabili, vale il teorema di Weierstrass:

Se una funzione ff è continua in un insieme chiuso e limitato SS, esiste in questo insieme almeno un punto in cui la funzione assume valore massimo assoluto e almeno un punto in cui assume il valore minimo assoluto.

Se vuoi ripassare il teorema per le funzioni in una variabile, vai alla lezione sui teoremi delle funzioni continue.

Massimi e minimi con le curve di livello nelle funzioni a due variabili

Il primo metodo per trovare i massimi e i minimi di una funzione in due variabili non c’entra molto con le derivate. Infatti usiamo le curve di livello, cioè le curve ottenute con una sezione della superficie con un piano orizzontale.

In pratica dobbiamo studiare le curve di livello al variare del valore di z=kz=k:

  • se le curve tendono ad allontanarsi dal punto PP al crescere di kk allora PP è un punto di minimo
  • se le curve tendono ad avvicinarsi al punto PP al crescere di kk allora PP è un punto di massimo.

Massimi e minimi con le derivate per le funzioni a due variabili

Come per le funzioni in una variabile reale, anche per le funzioni in due variabili ricercare i massimi e i minimi è un processo che si può fare grazie alle derivate.
Infatti, una condizione necessaria affinché un punto P0(x0,y0)P_{0}(x_{0},y_{0}) sia un estremante è che le derivate parziali valutate nel punto devono essere uguali a zero, cioè:

{fx(x0,y0)=0fy(x0,y0)=0\begin{cases}f_{x}(x_{0},y_{0})=0 \\ f_{y}(x_{0},y_{0})=0 \end{cases}

ma questo non basta. Dobbiamo affidarci alle derivate parziali seconde. Abbiamo visto che le derivate parziali seconde sono quattro e con queste possiamo costruire la matrice hessiana

Hf=[fxxfxyfyxfyy]H_{f}=\left[ \begin{matrix} f_{xx} & f_{xy} \\ f_{yx} & f_{yy} \end{matrix} \right]

se le derivate parziali seconde sono continue nel dominio, allora possiamo calcolare l’hessiano di ff che viene indicato con H(x,y)H(x,y). L’hessiano è il determinante della matrice hessiana

H(x,y)=fxxfxyfyxfyy=fxxfyyfxyfyxH(x,y)=\begin{vmatrix}f_{xx} & f_{xy} \\ f_{yx} & f_{yy} \end{vmatrix} = f_{xx} \cdot f_{yy} – f_{xy} \cdot f_{yx}

allora detto P0(x0,y0)P_{0}(x_{0},y_{0}) è un punto stazionario (cioè annulla le derivate parziali prime):

1. se H(x0,y0)>0H(x_{0},y_{0})>0 e vale anche fxx>0f_{xx} > 0 allora P0P_{0} è un punto di minimo;

2. se H(x0,y0)>0H(x_{0},y_{0}) > 0 e vale anche [iol_placeholder type="formula" engine="katex" display="inline"]f_{xx}

3. se [iol_placeholder type="formula" engine="katex" display="inline"]H(x_{0},y_{0})

4. se H(x0,y0)=0H(x_{0},y_{0}) = 0 non si può dire nulla. Bisogna capire il tipo di punto usando un altro metodo, per esempio quello delle curve di livello.

Massimi e minimi vincolati in una funzione a due variabili: metodo elementare

In alcuni problemi (soprattutto quelli che si riferiscono a
situazioni reali) le variabili sono soggette a vincoli. Questo significa
che non possono assumere tutti i valori nel dominio, ma devono
rispettare determinate condizioni (vincoli). Ora vedremo uno dei due
metodi per determinare i massimi e i minimi vincolati.

METODO ELEMENTARE

Il primo metodo consiste nell’intersecare il vincolo con la
superficie. In questo modo, la funzione diventa dipendente da una
variabile. Ora basta studiare la funzione ottenuta studiando il segno
della derivata prima per determinare gli eventuali massimi e minimi.

ESEMPIO: studiamo i massimi e i minimi della funzione z=x2+y3z=x^2+y^3 soggetti al vincolo y=xy=x. Dato che i punti cercati devono stare sulla retta y=xy=x sostituamo il vincolo nella funzione: z=x2+x3z=x^2+x^3. Ora la funzione dipende solo dalla variabile xx quindi cerchiamo gli estremanti con il metodo classico, cioè con lo studio del segno della derivata: z=2x+3x2=x(2+3x)0z’=2x+3x^2=x(2+3x)\ge 0 . Studiando il segno, vediamo che la derivata è positiva per x0x 0. La funzione avrà quindi massimo per x=23x=-\frac{2}{3} e minimo per x=0x=0. Per trovare le coordinate dei punti basta sostituire i valori nella funzione.

Metodo dei moltiplicatori di Lagrange per le funzioni a due variabili

Il secondo metodo viene chiamato metodo dei moltiplicatori di Lagrange. Questo metodo segue una serie di passaggi ben precisa. Intanto, sia f(x,y)f(x,y) la funzione di cui bisogna determinare i massimi e i minimi e g(x,y)=0g(x,y)=0 l’equazione del vincolo. La funzione ff deve avere le derivate parziali seconde continue e le derivate di gg rispetto a xx e rispetto a yy non devono annullarsi contemporaneamente nel dominio della funzione ff. Allora possiamo costruire una nuova funzione LL, detta lagrangiana, che è una combinazione lineare tra le due:

L(x,y,λ)=f(x,y)+λg(x,y)con λRL(x,y,\lambda)=f(x,y)+\lambda g(x,y) \quad \text{con } \lambda \in \mathbb{R}

La variabile λ\lambda si chiama moltiplicatore di Lagrange. Allora, i punti di massimo e minimo liberi di LL sono punti di massimo e minimo vincolati per ff.

A questo punto, dobbiamo procedere trovando i punti (x;y;λ)(x;y;\lambda) che annullano contemporaneamente le derivate parziali di LL. Così troviamo i punti stazionari (candidati a essere estremanti). Ma come fare a trovare una condizione sufficiente a stabilire la natura di questi punti? Usiamo la matrice hessiana orlata: HL=[0gxgygxLxxLxygyLyxLyy]H_{L}=\left[ \begin{matrix}0 & g_{x} & g_{y} \\ g_{x} & L_{xx} & L_{xy} \\ g_{y} & L_{yx} & L_{yy} \end{matrix}\right]

E ora calcoliamo il determinante di questa matrice:

H(x,y,λ)=0gxgygxLxxLxygyLyxLyy= H(x,y,\lambda)=\begin{vmatrix}0 & g_{x} & g_{y} \\ g_{x} & L_{xx} & L_{xy} \\ g_{y} & L_{yx} & L_{yy} \end{vmatrix}= gxgyLxy+gygxLyxgy2LxxLyygx2 g_{x}g_{y}L_{xy}+g_{y}g_{x}L_{yx}-g_{y}^2 L_{xx}-L_{yy}g_{x}^2

Ora, se P0(x0;y0;λ0)P_{0}(x_{0};y_{0};\lambda_{0}) è un punto stazionario per LL dobbiamo controllare il segno dell’hessiano valutato in P0P_{0}:

1. se H(x0,y0,λ0)>0H(x_{0},y_{0},\lambda_{0})> 0 allora P0P_{0} è un massimo libero per LL e un massimo vincolato per ff;

2. se [iol_placeholder type="formula" engine="katex" display="inline"]H(x_{0},y_{0},\lambda_{0})

3. se H(x0,y0,λ0)=0H(x_{0},y_{0},\lambda_{0}) = 0 allora non si può dire nulla su P0P_{0} e bisogna studiare in altro modo come si comporta la funzione LL in un intorno del punto.