Le citazioni di: Giacomo Leopardi

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Giacomo Leopardi, il cui nome per intero è Giacomo Taldegardo Francesco Salesio Saverio Pietro Leopardi, è un poeta, filosofo, scrittore e filologo italiano conosciuto come il maggior poeta dell’Ottocento del nostro Paese e una delle più importanti figure della letteratura mondiale, nonché uno dei principali esponenti del Romanticismo letterario, sebbene si sia sempre ritenuto vicino al Classicismo.

Nasce a Recanati il 29 giugno del 1798 da un famiglia molto numerosa (ben 8 figli). Intraprende gli studi con i fratelli Carlo e Paolina, dapprima sotto la guida di un sacerdote e del padre, poi da solo, utilizzando la ricca biblioteca paterna.

Dal 1816 al 1828 cade in un periodo di crisi. Ed è durante questi “sette anni di studio matto e disperatissimo” che intraprende la stesura di Zibaldone dei pensieri (1817–1832), opera che raccoglie un insieme di appunti di vario argomento che si sono rivelati preziosi per ricostruire l’antefatto intellettuale della sua poesia.

Nel marzo del 1817 inizia una corrispondenza con l’amico Pietro Giordani a cui descrive la sua vita a Recanati come oppressa e isolata, al punto di evadere nel mondo della cultura anziché condurre una vita che giudica mediocre. Inizia così a covare rancore verso la sua casa natale e la città di Recanati, in cui individua la causa della sua infelicità. Così, nel 1819, tenta di fuggire ma senza successo.

Compone i “Primi idilli”: L’infinito, La sera del dì di festa, Alla luna, Il sogno e La vita solitaria (1819-1821) che rappresentano il primo nucleo dei componimenti poetici che in seguito costituirono la raccolta dei Canti.

Nel 1824 inizia un silenzio poetico che dura quattro anni. Nel 1827 va a Firenze, dove incontra Giovanni Battista Niccolini, Pietro Colletta, Niccolò Tommaseo e Alessandro Manzoni nel salotto Vieusseux. Alla fine delle stesso anno si trasferisce a Pisa per qualche mese e ritrova, almeno in parte, la salute e la vena poetica. Nel 1828 scrive A Silvia, il primo dei cosiddetti “Grandi idilli”. Malgrado ciò, viene ben presto di nuovo sopraffatto dalle sofferenze fisiche e dalla malattia agli occhi.

Nel 1828 Leopardi torna a Recanati dove produce Le ricordanze (1829) La quiete dopo la tempesta (1829) Il sabato del villaggio (1829) Canto notturno di un pastore errante dell’Asia (1830) ed Il passero solitario. Nel 1830 si allontana definitivamente da Recanati e va a Firenze da Pietro Colletta, accettando una somma in prestito da anonimi, con l’impegno che l’avrebbe restituita con le entrate dei suoi primi lavori. Tuttavia, non riesce a guadagnare quanto sperato con la pubblicazione dell’edizione fiorentina dei Canti, e così si trova costretto a chiedere un assegno alla famiglia, per restituire le somme accettate in prestito.

Qui conosce Antonio Ranieri, un giovane napoletano, con il quale stringe una salda amicizia e convive fino alla morte. Si innamora, inoltre, della nobildonna Fanny Targioni Tozzetti, un’amara delusione che lo porta a scrivere Il pensiero dominante (1831), Amore e morte (1832), Consalvo (1832), A se stesso (1833), e Aspasia (1834).

Nel 1833 Leopardi segue Ranieri a Napoli dove trascorre gli ultimi quattro anni della sua vita. Nel giugno 1837 scrive il suo ultimo canto, Il tramonto della luna, che pare sia stata dettata dal poeta in punto di morte all’amico Ranieri. Giacomo Leopardi muore a Napoli il 14 giugno del 1837.

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