Almeno nello scritto si deve sempre utilizzare a me piace, forma preferibile rispetto a a me mi piace anche nell’orale, dove è maggiormente usato e accettato. La seconda formula, infatti, replica un elemento per rafforzare il significato della frase, ma di per sé si tratta di una forzatura grammaticale illogica e inutile.
Mi e a me, infatti, sono sinonimi; semplicemente il primo è la forma atona del secondo ed entrambi si riferiscono al pronome personale corrispondente alla prima persona singolare. La stessa cosa vale dunque per il raddoppiamento di altri pronomi, che generano una ridondanza che può essere evitata; ciononostante non è considerata un errore neppure dalla Crusca. Vediamo alcune frasi.
Esempio 1: Pensavo che a te non ti sarebbe piaciuto andare al mare in inverno
Esempio 2: So che a lui gli va di andare in discoteca il sabato sera
Esempio 3: A noi ci piace un sacco il gelato alla fragola
Esempio 4: A voi non vi convinco: già so che non ci sarete per la festa a sorpresa di Filippo
Per concludere, quindi, le forme a me mi, a te ti, a lui/lei/esso/essa gli, a noi ci, a voi vi, a loro gli sono sempre più usate nell’espressione orale – soprattutto in Toscana, terra in cui si è modellata la nostra lingua – ma si tratta di licenze linguistiche assolutamente non accettabili in contesti formali del parlato e nell’italiano scritto. Nonostante siano presenti in diverse canzoni e pubblicità, addirittura usate da Manzoni, non conviene farle proprie quando dobbiamo dimostrare di conoscere bene l’italiano.
Scopri anche se si scrive gli dico o le dico.