La soluzione corretta è proprio, con la r tra la seconda p e la i che si trova alla fine del termine. È però comune, soprattutto nella lingua parlata, sentire anche la versione senza r, propio, soprattutto in certe regioni in cui il dialetto influenza anche la pronuncia dei vocaboli italiani.
Nel caso di proprio assistiamo a una semplificazione fonetica: il gruppo -pr- è presente per ben due volte all’interno di una sola parola e per di più tali sequenze consonantiche sono tra loro separate dalla sola vocale o; ne consegue che il lemma che le contiene è difficile da articolare. Si tende quindi a ricorrere alla versione arcaica propio, che rende più fluida la pronuncia.
Nonostante questa forma fosse anticamente ammessa anche nello scritto – come testimoniato nel Decamerone di Boccaccio – chi vuole scrivere senza commettere errori deve usare la parola con la r, proprio, dal latino proprium, cioè personale.
Esempio 1: Fabrizio è proprio un bel ragazzo (avverbio)
Esempio 2: Il gruppo è composto proprio dalle persone che hai conosciuto ieri in riunione (avverbio)
Esempio 3: Paola non parla mai dei propri problemi (aggettivo)
Esempio 4: Fausto ama condividere le proprie gioie e i propri dolori con gli amici (aggettivo)
Scopri anche se si scrive appropiato o appropriato.