Codice Morse: cos’è, origini e come usarlo
- Punti, linee… ma cos’è?
- Nasce nel…
- Come si comprende dove inizi e finisca ogni lettera, ogni parola, di modo da rendere il linguaggio di rapida ed efficace comprensione?
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- Il Codice Morse in nautica
- “Mi costi, ma quanto mi costi”
Punti, linee… ma cos’è?
Il codice Morse, o alfabeto Morse, è un sistema di comunicazione basato sull’alternanza di punti e linee che definiscono, “traducono” le lettere del linguaggio naturale, per essere poi inviati sotto forma di segnali elettrici.
Vuoti e pieni, di breve o lunga durata, che in sequenza identificano ogni singola lettera.
Nasce nel…
Nasce nel 1835, grazie agli studi dell’Americano Samuel Morse. Pittore, inventore, si dedica allo studio dell’elettromagnetismo, arrivando a creare il primo prototipo di Telegrafo a filo singolo.
Saranno suoi collaboratori – Leonard Gale e Alfred Vail – a perfezionarlo, fino a giungere nel 1837 a brevettare il modello definitivo, accompagnato dal sistema di codice punto-linea.
Già precedentemente, alla fine del 1700, erano presenti i primi telegrafi: ad asta. Inventati in Francia dai fratelli Chappe, erano strutturati in enormi edifici, terminanti all’estremità più alta con un braccio ruotante. Ad ognuna delle estremità del braccio, altre piccole aste – muovendosi e acquisendo posizioni e configurazioni diverse – traducevano il linguaggio in modo che fosse visibile anche a parecchi km di distanza.
Un mezzo creativo e affascinante, ma con evidenti limiti (ricordiamo che la posta, al tempo, veniva in ogni caso consegnata a cavallo, perché ritenuto un mezzo più rapido ed efficace).
Ecco perché il codice Morse – che non richiedeva alcun contatto visivo, ma esclusivamente la trasmissione e ricezione di impulsi – ottenne subito un entusiastico successo.
Come si comprende dove inizi e finisca ogni lettera, ogni parola, di modo da rendere il linguaggio di rapida ed efficace comprensione?
Il Codice Morse è un linguaggio semplice, basato su tre elementi: il punto, la linea, l’intervallo (o vuoto).
Ogni punto e ogni linea, disposti in una sequenza ben precisa, rappresentano una lettera o un numero; gli intervalli equivalgono alle pause.
E dunque:
- Ogni segnale elettrico viene separato dal successivo da un vuoto di durata pari a quella di un punto. E così si compone la lettera.
- Lo spazio tra due lettere è associato a un vuoto pari alla durata di tre punti. Così si compone la parola.
- Lo spazio vuoto che separa ogni parola dalla seguente è pari a cinque punti. Ecco, così, possibile costruire la frase.
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Ovvero: S.O.S.
Il titolo del presente paragrafo, infatti, non è altro che il più “illustre” esempio dell’utilità del codice morse.
La sequenza di “tre punti, tre linee, tre punti” senza alcuno spazio a separarli, ovvero trasmessa come se si trattasse di un’unica parola, viene introdotta come segnale di soccorso nazionale dal Governo tedesco il I aprile del 1905.
L’anno successivo, poi, nell’ambito della Seconda Conferenza Internazionale Radiotelegrafica di Berlino, l’uso viene esteso – in sostituzione del precedente segnale CQD (CQ= chiamata generale + la parola distress) – alle comunicazioni internazionali perché molto riconoscibile. Tale suono, infatti, risultava completamente diverso da ogni altra parola. Pertanto, lo si ritenne maggiormente efficace e libero da rischi di fraintendimento.
All’interno dei singoli contesti nazionali, poi, in un secondo momento, si è associato “all’acronimo” originario una versione estesa dotata di significato: Save Our Ship, Save Our Soul, Salvateci o Soccombiamo, Soccorso Occorre Subito (in una sorta di acronimo inverso, dunque).
Il Codice Morse in nautica
La praticità del codice – che non richiedeva di essere a portata d’occhio, né di trovarsi alla luce del giorno, come avveniva precedentemente attraverso la comunicazione con bandiere o anche razzi di segnalazione – lo portò ben presto a diventare lo standard per le comunicazioni marittime, per quasi un secolo (di fatto fino al 1999).
Il ricorso al Codice Morse ha, fin da quegli anni, mostrato la propria provvidenziale efficacia in caso di naufragi o difficoltà durante la navigazione. Nonché per ricevere informazioni su cure a cui sottoporre pazienti e malati, bollettini medici o perfino richieste di famaci e chirurghi specializzati in particolari interventi.
Nel 1909, quando il transatlantico inglese Republic entrò in collisione con il piroscafo italiano Florida, il radiotelegrafista del Republic, signor Binns, riuscì a far giungere ben quattro navi in soccorso. Una richiesta di aiuto lunga 14 ore ininterrotte ma che permise il salvataggio di oltre 2.000 persone.
A seguito di tali fatti, si provvide a rendere obbligatoria l’installazione dell’impianto di stazioni radio a bordo di ogni nave che solcasse i mari.
E infatti, nel 1912, precisamente il 14 aprile, mentre il Titanic colava a picco a seguito dell’impatto violento con un iceberg, il telegrafo Marconi trasmetteva forsennatamente la propria richiesta di aiuto.
Proprio grazie a tale segnale, le navi Carpathia e Olimpic riuscirono a trarre in salvo ben 705 persone.
Il “mito” vuole che il secondo telegrafista del Titanic – una volta a bordo del Carpathia – si chiuse in cabina radio a telegrafare dispacci sui sopravvissi per ben 5 giorni consecutivi, senza soluzione di continuità.
“Mi costi, ma quanto mi costi”
“Mi ami, ma quanto mi ami?”, recitava un noto spot televisivo di fine secolo scorso, E “mi costi, ma quanto mi costi?”, faceva eco la mamma della giovane adolescente che amoreggiava al telefono a cifre chissà quanto ingenti.
Come ogni mezzo di recente invenzione, i costi di un messaggio telegrafico risultavano abbastanza impegnativi. La spesa, infatti, dipendeva dalla lunghezza della trasmissione, a tal punto da rendere utile la progettazione di alcuni escamotage, attraverso acronimi o abbreviazioni.
“Sarò telegrafico”, si dice oggi. E si comprende quanto la brevità fosse una necessità fondamentale, in tale forma di trasmissione.
Ecco, allora, gruppi di poche lettere – generalmente cinque – a riassumere intere frasi, espressioni, concetti:
LIOUY: «Perché non rispondi alla mia domanda?»
AYYLU:«Non codificato chiaramente, ripeti più chiaramente»
Ancora oggi, il codice Q e il codice Z conservano un uso frequente tra i radioamatori così come tra gli operatori di telegrafia. Il loro impiego attiene alla trasmissione di informazioni di servizio quali la qualità del collegamento, il cambio di frequenza o la stessa numerazione dei telegrammi.
Di fatto, oggi, l’uso del Codice Morse sopravvive pressoché esclusivamente in ambito amatoriale.