Per comprendere la forza della produzione letteraria di Francis Scott Fitzgerald è imprescindibile un’immersione nella sua biografia, utile ad appropriarsi dei valori, delle esperienze, degli incontri e degli ambienti in cui si è imbattuto nel corso degli anni. Iniziamo con alcune date e i principali luoghi dove ha vissuto in modo da fissare l’arco temporale e spaziale in cui si è dipanata la sua vita.
Fitzgerald nasce il 24 settembre 1896 e muore il 21 dicembre 1940: un’esistenza breve ma intensa la sua, permeata dall’esuberante fervore dei ruggenti anni Venti e dalla grande depressione che segue alla crisi del 1929, dallo scoppiettante divertimento dell’età del Jazz e allo stesso tempo dal disincanto generato dalla Prima Guerra Mondiale e dalla diffusione repressa del socialismo. Un lasso di tempo in cui da una parte dilagano l’anticonformismo più spregiudicato e la spensierata frivolezza, sperpero e vita mondana, romanticismo e grandi ideali; dall’altra non mancano la presa di coscienza di debolezza e fallimenti, disillusione e decadenza.
Anche i luoghi che ha frequentato influiscono sulla produzione letteraria. Trascorre i primi anni della sua vita nel Nord-est americano: l’infanzia a Saint Paul, Buffalo e Syracuse, la giovinezza in New Jersey, dove frequenta la Newman School prima e la Princeton University poi, e scopre la grandezza di New York, lo sport, i musical, le feste e la scrittura. Dalla leggerezza della gioventù passa all’impegno del servizio militare, che lo porta in Kansas, Georgia, Alabama e Connecticut.
Le tormentate vicende famigliari, invece, lo vedono in UK, ma soprattutto in Francia – a Parigi e in Costa Azzurra -, in Italia – a Roma, ma principalmente in Liguria – e Svizzera: se l’inizio con la moglie Zelda è godereccio e anticonformista, gli anni successivi sono un susseguirsi di incomprensioni e conflitti, che sfociano in diagnosi di schizofrenia per lei e nella depressione per lui, messa a tacere da un uso sconsiderato dell’alcol. Infine, trascorre l’ultimo periodo in California, a Los Angeles, dove è impegnato nella scrittura di sceneggiature cinematografiche.
La sua è una continua, inquieta ricerca di equilibrio tra le contraddizioni di quella che è la sua – per quanto atipica – quotidianità; è un tentativo – inevitabilmente fallimentare – di catalizzare gli opposti: l’apprezzamento della nuova borghesia e delle classi agiate, il mito del denaro, del coraggio e dell’onore, i rapporti sentimentali sempre passionali e tormentati si intrecciano con la corruzione di ambienti apatici, il moralismo, la diffidenza e lo scetticismo rispetto a linee di pensiero in fin dei conti utopiche e irrealizzabili. Di qui nascono storie che parlano di uomini e donne che associano sapientemente narcisismo e sensibilità, leggerezza e sottile intelligenza, ma che vengono sempre fagocitati dalla spirale della disgregazione. Vediamolo meglio nei suoi romanzi.
1. Di qua del paradiso
Il primo romanzo pubblicato diventa presto un best seller, regalandogli celebrità e una certa agiatezza economica. Il tema centrale è la giovinezza, fuggevole e caduca, rappresentata attraverso gli studenti di Princeton. Fitzgerald tratteggia il ritratto di una generazione e del linguaggio da essa usato prendendo ispirazione, a piene mani, dalla sua esperienza diretta. Il protagonista è lo specchio dell’autore, addirittura suo coetaneo: un giovane della media borghesia dalle origini cattoliche e irlandesi che frequenta l’università riempiendo le sue giornate di politica e poesia, oltre ad amori verso splendide ragazze, sempre costose e irraggiungibili, che si infiammano per poi scemare miseramente. Alle delusioni sentimentali, si sommano i fallimenti scolastici, le difficoltà economiche e lo spegnersi graduale dei suoi sogni. Tutto questo lo porta a un confronto difficile ma necessario con se stesso: l’unica possibilità data all’essere umano è conoscersi.
2. Belli e dannati
Anche il secondo romanzo è imbevuto di elementi autobiografici. Il protagonista, Anthony, è un ricco giovane che trascorre le sue giornate senza far nulla, immaginando nuovi romanzi e discutendo di filosofia e letteratura al Ritz, fin quando non incontra Gloria, una ragazza risoluta e determinata. È solo dopo il matrimonio che inizia un inesorabile degrado interiore della coppia: se lui affoga tutti i suoi problemi bevendo, lei è depressa e annoiata dalla vita; a tutto ciò si somma la dissoluzione economica, che inasprisce il loro rapporto. La ricerca spasmodica di momenti piacevoli, la necessità di essere sempre in compagnia di amici, il mito del denaro e la lotta per ottenere l’eredità lasciata dal nonno di Anthony deflagrano nella mancanza di senso, valori e sogni per una coppia che continua a stare insieme senza obiettivi comuni.
3. Il grande Gatsby, di Francis Scott Fitzgerald
Un romanzo che parla di debolezza, della fine del sogno americano e dell’insensatezza dell’esistenza umana. Tutto ruota, di nuovo, intorno al tema sentimentale: lo strenuo tentativo di Jay di riconquistare Daisy a seguito del matrimonio con Tom avvenuto dopo la sua partenza per la Prima Guerra Mondiale. L’inconsistente vita di Gatsby è un affastellarsi di feste sfrenate popolate da conoscenti – mai veri amici – che frequentano la sua villa sfarzosa e consumano fiumi di alcol, false speranze di volta in volta disilluse, peccati e traffici illeciti. In sintesi, è il romanzo che meglio ritrae la solitudine, l’impermeabilità comunicativa e l’indifferenza che governa le esistenze degli esseri umani. È il romanzo del fallimento, della sconfitta preannunciata, dell’autodistruzione innescata dal romanticismo del personaggio.
4. Tenera è la notte, Francis Scott Fitzgerald
Da Long Island alla Costa Azzurra, esattamente come successe all’autore di questa storia. Il terzo romanzo di Fitzgerald narra le vicende di una coppia sposata – Dick, psichiatra, e Nicole, malata di schizofrenia – che vivono in una villa frequentata da musicisti, mercenari e scrittori. Un mondo apparentemente idilliaco che nasconde però corruzione, volgarità e profonda tristezza. Atmosfere quasi magiche e decadimento fisico-psicologico, apparenza e realtà, incomunicabilità e bisogno di calore umano sono i temi che tornano in questo libro, ma qui sono affrontati con una maturità e una padronanza dello stile superiore rispetto alle produzioni precedenti. Non a caso si tratta di un libro su cui l’autore ha lavorato per nove anni, riscrivendone addirittura cinque versioni, ma raggiungendo la fusione perfetta tra descrizione reale e simbolica, particolare e universale. Sintetico nel linguaggio e profondo nella costruzione dei suoi personaggi, Fitzgerald riassume ed interpreta i personali tormenti interiori e l’essenza della società americana di quegli anni.
5. Gli ultimi fuochi
Pubblicato nel 1993 con il titolo L’amore dell’ultimo milionario, l’ultimo romanzo dell’autore gli avrebbe forse reso i riconoscimenti dovuti se solo avesse avuto il tempo per terminarlo. Fu infatti la pubblicazione postuma – integrata grazie agli appunti lasciati dallo stesso autore rispetto al proseguo della narrazione – a farlo riscoprire da critica e pubblico. La storia è ambientata a Hollywood e ha come protagonista un produttore cinematografico molto ammirato, Stahr. Il successo, tuttavia, non colma la mancanza lasciata dalla morte della moglie. La speranza di poter rivivere momenti felici si riaccende dopo l’incontro con Katheleen, che fisicamente gli ricorda il suo primo amore e con cui vorrebbe ripetere il passato, pur vedendo le innegabili differenze. Il sogno sembra raggiunto quando la donna si concede, ma ben presto tutto svanisce. A differenza del romanzo precedente, qui il presente domina lasciando sullo sfondo la nostalgia per ciò che è stato e il racconto si sviluppa grazie a un’interessante tecnica cinematografica fatta di flash e dissolvenze.
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