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Giovani e genitori Fonte foto: iStock

Due giovani su tre vivono con i genitori, ma non sono bamboccioni

Come evidenziato dall'Istat, 2 giovani su 3 tra i 18 e i 34 anni vivono ancora con i genitori, ma non sono bamboccioni: cosa sta succedendo in Italia

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Era il 2007 quando l’allora ministro dell’Economia Tommaso Padoa Schioppa definì ‘bamboccioni‘ i giovani che vivevano ancora in casa con la famiglia. Da quel momento la situazione è molto cambiata, come mostrato dal Rapporto Istat 2024: 2 giovani su 3 vivono ancora con i genitori, ma non possono essere più chiamati ‘bamboccioni’, ecco perché.

Il 67,4% dei giovani abita con i genitori

Il 67,4% dei giovani italiani tra i 18 ed i 34 anni vive con i genitori: a dirlo è il Rapporto annuale Istat 2024. La percentuale è aumentata di 8 punti percentuali rispetto a 20 anni fa, ed è soprattutto nell’Italia meridionale che il fenomeno è in crescita.

In Campania, in cui è stata registrata la quota maggiore di under34 che abita con la famiglia, la percentuale è salita al 74,5%, mentre al Centro Nord è sotto la media nazionale. Eccezione fatta per le Marche, in cui il 74,5% dei maggiorenni sotto i 34 anni non se ne è andato dalla casa di origine.

Perché non sono ‘bamboccioni’

I giovani italiani di oggi non possono essere definiti ‘bamboccioni’, essendo la fascia della popolazione italiana che risulta essere la meno valorizzata. Infatti, come sottolineato dal Rapporto annuale Istat 2024, i ragazzi di adesso stanno molto peggio rispetto a quelli del passato, soprattutto per quanto riguarda il lavoro. Condizioni lavorative precarie e malpagate non permettono agli under 34 di vivere in autonomia. I giovani sono i principali destinatari di contratti part-time involontari, insieme alle donne. Non solo, alle persone tra i 18 ed i 24 anni è destinata la metà dei 3 milioni di contratti a tempo determinato che sono stati registrati nel 2023 in Italia.

A questo si aggiunga che nelle regioni del Sud Italia, in cui si impenna il numero di giovani che vivono ancora sotto lo stesso tetto dei genitori, il tasso di disoccupazione è molto alto nella fascia di età che va dai 18 ed i 34 anni, raggiungendo il 30% in Campania ed in Sicilia.

Stando a questi pochi dati, non stupisce che l’incidenza di povertà assoluta più alta in Italia sia stata riscontrata tra chi ha meno di 34 anni. Secondo l’Istat, dunque, nel nostro paese più si è giovani più si è poveri.

Infine, l’Istituto nazionale di statistica ha rilevato che negli ultimi 20 anni nei giovani si osserva un peggioramento degli indicatori di salute mentale, soprattutto nelle ragazze. L’indice di salute mentale, già ridottosi nel 2021 in concomitanza con il periodo pandemico (arrivando a 65,9 su 100 tra le ragazze), è sceso ulteriormente nel 2023 (da 68,2 del 2022 a 66,5).

Il calo demografico in Italia

Il numero di giovani in Italia continua a diminuire anno per anno. Già nel 2021 l’Italia aveva raggiunto la più bassa incidenza nell’Unione europea (esclusa la Bulgaria) di 18-34enni sulla popolazione (17,5% contro il 19,6% della media Ue27).

Come sottolineato dall’Istituto nazionale di statistica, i giovani sono i principali protagonisti del cosiddetto inverno demografico che sta attraversando il Bel Paese. Nel 2023 in Italia sono poco più di 10 milioni 330mila le persone tra i 18 ed i 34 anni, con una riduzione di oltre 3 milioni rispetto al 2002 (-22,9%). Mentre rispetto al picco del 1994, il calo è stato di circa 5 milioni (-32,3%).