
Crepet spiazza tutti: quando si può dire bravi ai genitori
Parlando delle dinamiche familiari, lo psichiatra Paolo Crepet spiazza tutti con la sua risposta alla domanda "quando si può dire bravi ai genitori?"
Lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet è noto per le sue posizioni schiette e spesso provocatorie su temi che toccano la società contemporanea, l’educazione e le dinamiche familiari. Le sue riflessioni, puntualmente, stimolano il dibattito e costringono a una rilettura critica di abitudini e convenzioni consolidate. Nel corso di un’intervista radiofonica, a Crepet è stato chiesto: “Quando si può dire bravi ai genitori?”. La risposta dell’esperto ha spiazzato tutti.
Quando si può dire bravi ai genitori secondo Crepet
Intervenendo nella puntata del 16 luglio de La Combriccola su Radio Number One, a Paolo Crepet è stata posta la domanda: “Quando si sente di poter dire bravo a un genitore?”. Crepet ha ribattuto: “Dopo la sua morte“. La risposta ha generato grandi risate nello studio, e lo psichiatra si è premurato di spiegare quanto detto. Con queste parole “non volevo dire che i genitori sono così devastanti nella crescita dei figli. È che io ho fatto i conti con i miei genitori alla loro morte“.
Per Crepet, il “vero metro” per valutare la bontà dell’operato genitoriale non risiede nell’accordo costante o nell’assenza di frizioni durante l’età adolescenziale o giovanile dei figli. Anzi, è esattamente il contrario. “È ciò che lasciano: certe frasi che a 16 o 20 anni ti sono sembrate anche liberticide“. Questo è “il metro per capire che tra genitori e figli va benissimo”, ovvero “quando non si va d’accordo”. Perché, ha aggiunto, “quando si va d’accordo sono tutti in pre coma”.
Questo pensiero sottolinea l’importanza di una relazione genitori-figli che permetta la crescita individuale, anche attraverso lo scontro e la messa in discussione. Come ha precisato Crepet, la capacità di un genitore di lasciare un segno indelebile, magari attraverso principi o limiti che in gioventù sono stati vissuti come costrizioni, si rivela un valore solo a distanza di tempo, quando il figlio è maturo e può rielaborare l’eredità genitoriale.
Cosa dire (e non dire) ai figli: la risposta di Crepet
Ma come si fa ad essere un bravo genitore? Durante il suo spettacolo al Teatro Team di Bari lo scorso aprile, come riportato dal Corriere del Mezzogiorno, Crepet ha spiegato che “dobbiamo essere istruttori di volo” per i figli, e ciò significa sostenerli lasciandoli liberi. Perché, ha aggiunto, “non siamo qui per mettere piombo sulle loro ali”.
Per questo motivo, secondo lo psichiatra, esistono delle frasi che non andrebbero dette ai figli. “Prima, i nostri genitori ci dicevano: ‘Questa casa non è un albergo’. Adesso, invece, diciamo ai nostri figli: ‘Questa casa è un albergo. Rimanete qui con noi, per favore. Non andate via‘. La parola libertà è diventata una chimera”, ha sentenziato.
In contrapposizione a queste frasi, che trasmettono dipendenza, Crepet ha proposto un approccio che incoraggi l’autonomia. Il monito “badati“, che la nonna dello psichiatra usava per esprimere fiducia nelle capacità del nipote, è l’esempio perfetto di come i genitori possano comunicare ai figli la loro fede nella loro capacità di affrontare le sfide della vita. Solo così, secondo il professore, impareranno a cadere e a rialzarsi con le loro forze.
“È necessario insegnargli a perdere facendoli giocare liberamente“, ha spiegato, sottolineando come “ogni partita persa, rafforza. Chiedetelo a Sinner se e quanto sia utile perdere”, ha concluso.
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