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ChatGPT sul telefono Fonte foto: Ipa

ChatGPT e tesi di laurea, un software scopre i "furbetti"

L'Università di Verona, per contrastare il fenomeno delle tesi di laurea scritte con ChatGPT, ha introdotto un nuovo software per scoprire i furbetti

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

L’intelligenza artificiale ormai è entrata a far parte delle nostre vite e c’è chi ne “approfitta” aggirando un po’ le regole e prendendo qualche scappatoia per lavorare o studiare di meno. L’Università di Verona ha iniziato una vera e propria battaglia contro gli studenti “furbetti” che usano ChatGPT per scrivere la loro tesi di laurea. I professori da qualche tempo utilizzerebbero un software che potrebbe anche aiutarli a smascherare chi si fa aiutare dall’AI per l’ultimo elaborato utile a prendere la laurea.

A Verona lotta a chi scrive la tesi di laurea con ChatGPT

L’Università di Verona vuole mettere alle strette quei tesisti che pensano di presentare una tesi di laurea scritta con ChatGPT. Il corpo docente ha a disposizione un programma informatico che potrebbe aiutarli a capire se i contenuti sono stati generati con l’ausilio dell’intelligenza artificiale.

I professori vogliono in questo modo garantire che gli elaborati presentati dagli studenti, per poter discutere la tesi e ottenere la laurea, siano del tutto autentici e non realizzati sfruttando l’intelligenza artificiale. Così da promuovere l’integrità accademica. Nell’ultimo anno 500 docenti lo hanno usato analizzando più di 5.500 tesi di laurea. Da qualche tempo, però, i professori universitari hanno a disposizione una versione aggiornata del software.

Il software che smaschera le tesi di laurea con ChatGPT

Il programma informatico messo a disposizione dei professori dell’Università di Verona è lo stesso che si utilizza già da tempo nell’ateneo per verificare se i tesisti hanno copiato i contenuti da altri autori, senza citare la fonte.

La nuova versione del software è stata rilasciata da poco: è aggiornata per riconoscere lo stile di scrittura dell’intelligenza artificiale. Giovanni Bianco, dirigente della struttura Informatica tecnologie e comunicazione dell’università veronese, ha spiegato a L’Arena come funziona: “Quando un testo viene sottoposto al software, questo verifica se sono presenti delle parti che ricalcano l’impronta lasciata dalla IA. In caso affermativo, lo appunta accanto alle frasi sospette, indicando anche la percentuale di «costruzione» della frase stessa”.

Il programma è accessibile ai professori e in parte anche agli studenti, così da migliorare la stesura della tesi di laurea. Il dirigente ha aggiunto: “La IA non genera testi perfetti, c’è sempre bisogno di mettere in campo il pensiero critico, ma il suo utilizzo sarà sempre più diffuso: occorre dunque usarla con consapevolezza”.

Prima della diffusione di questo strumento, presso lo stesso ateneo era stata “eliminata” la tesina alla fine dei corsi triennali, a partire dalla sessione estiva 2025, proprio per timore che i laureandi si affidassero a ChatGPT per la stesura del testo (la tesina è stata sostituita con un esame scritto).

Università e AI, come si regolano gli altri atenei

Come si comportano gli altri atenei italiani? In realtà non c’è un divieto assoluto di utilizzare l’intelligenza artificiale. All’Università di Padova, ad esempio, i laureandi in Scienze Naturali possono usarla per migliorare linguaggio e leggibilità della tesi che presenteranno in sede di discussione per ottenere la laurea, ma specificando alla fine del testo le parti “rimaneggiate” dall’IA.