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Università di Trento Fonte foto: iStock

Femminile sovraesteso all'università di Trento: è polemica. Cos'è

L'Università di Trento introduce il femminile sovraesteso nel proprio regolamento al posto del maschile e scoppia la polemica: cosa è successo

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

Il nuovo regolamento dell’ateneo è stato redatto utilizzando il femminile sovraesteso al posto del maschile. Così ha deciso l’Università di Trento, che nel testo della normativa ha declinato al femminile ruoli e cariche anche se a occuparli è un uomo. L’idea non è stata accolta positivamente da molti ed è scoppiata la polemica. Ecco cosa è successo.

Perché l’Università di Trento ha introdotto il femminile sovraesteso

Nel nuovo regolamento dell’Università di Trento il rettore è diventato “la rettrice Flavio Deflorian“. E questo è solo uno dei tanti esempi che si potrebbero fare. L’ateneo trentino ha infatti deciso di utilizzare il femminile sovraesteso invece del maschile. “È stato un segnale simbolico — ha spiegato Barbara Poggio, prorettrice alle Politiche di diversità ed equità dell’Università di Trento, come riporta ‘Il Corriere della Sera’ —. Una provocazione affinché ci si ponga nella prospettiva di chi resta esclusa dall’uso sovraesteso del genere maschile“.

“È chiaro che il linguaggio non sia l’unico problema — ha precisato Poggio —, ma è importante perché le parole costruiscono la realtà. Il sentirsi chiamati è anche esistere. E contestualmente possiamo lavorare su tutto il resto”. Per questo UniTrento ha già messo in campo alcune iniziative in tal senso, come quelle per incentivare le assunzioni di personale del genere meno rappresentato a parità di merito, le carriere alias, l’istituzione di figure di supporto per affrontare il tema delle molestie. Inoltre, in cantiere “ci sono progetti per le donne in area Stem, come quelli effettuati con le scuole per la ‘realizzazione di genere’. In queste aree – ha concluso Barbara Poggio -, in cui le possibilità di occupazione sono più alte, abbiamo troppe poche studentesse”.

Le polemiche sul femminile sovraesteso all’università

“Credo che dovremmo unire le forze per lavorare in concreto: c’è molto da cambiare a livello culturale, cosa che non trova risposta nel declinare i nomi”, ha polemizzato Francesca Gerosa, assessora per le Pari opportunità della Provincia Autonoma di Trento, come si legge su ‘Il Corriere della Sera’.

“Non trovo questa grande utilità nel dover star qua a definirci al femminile — ha continuato Gerosa -. È la singola persona che dà il valore giusto alla carica”. “Dobbiamo lavorare affinché le donne arrivino in alto — ancora l’assessora —. Dobbiamo fare capire loro che devono sostenersi, senza invidie e sgambetti, e fare rete. Poi – ha aggiunto Garosa – va fatto un cambio culturale anche da parte degli uomini: il nostro modo di lavorare basato su analisi, domande e bisogno di precisione infastidisce e veniamo viste come rompiscatole”.

Più dure le parole di Giulia Chiara Balestrieri dell’associazione studentesca Azione Universitaria Trento, che ha definito la scelta dell’ateneo “una follia”. “Basta con la retorica vuota e paternalista che suggerisce che l’inclusione nelle università sia una questione di linguaggio – ha detto Balestrieri, come riportato da ‘La Voce del Trentino’ -. L’ambiente accademico richiede rispetto per l’intelligenza e la competenza di ogni individuo, indipendentemente dal genere”.

“Riteniamo fondamentale promuovere un ambiente universitario che sia accogliente per tutti gli individui – ha proseguito la portavoce di Azione Universitaria Trento – ma a nostro avviso è essenziale evitare l’adozione di pratiche linguistiche che possano risultare artificiose o eccessivamente complesse. L’uso del cosiddetto ‘linguaggio femminile sovraesteso’ vuole essere un tentativo di compensare decenni di discriminazione di genere, tuttavia, potrebbe avere l’effetto contrario”.

Il commento del professore Ercolani sul femminile sovraesteso

Paolo Ercolani, professore di Filosofia all’Università di Urbino, nell’articolo a sua firma su ‘Il Fatto Quotidiano’ ha parlato di “scelta discutibile” per tre motivi principali. “Anzitutto – ha spiegato il docente – è dubbio che per la maggioranza delle donne sia affettivamente un trauma vedere la propria carica declinata al maschile. In secondo luogo ritengo piuttosto discutibile (per non dire sterile, o addirittura ipocrita) pensare di vincere delle lotte culturali e sociali sul piano del linguaggio, cioè della forma. In terzo luogo, quello decisamente più importante – ha aggiunto Ercolani -, è sconfortante assistere a un mondo in cui si pensa di combattere un’ingiustizia con le stesse modalità dell’ingiustizia stessa: cioè, in questo caso, discriminare gli uomini pensando di compiere un gesto esemplare; invertire i fattori dei discriminati, lasciando intatta l’ingiustizia”.