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Università di Bari e rispetto delle donne: le parole da evitare
Le linee guida dell'Università di Bari per promuovere il rispetto delle donne attraverso la lingua: ecco le parole da evitare (e quelle consigliate)
L’Università di Bari ha redatto le ‘Linee guida per l’adozione di un linguaggio ampio rispettoso delle differenze’, ovvero delle regole linguistiche da adottare per la comunicazione interna ed esterna dell’ateneo. L’obiettivo è quello di promuovere, anche attraverso la lingua, il rispetto delle donne utilizzando le declinazioni al femminile così da farle diventare di uso comune. Ecco quali sono le parole da evitare (e quelle consigliate) segnalate dall’UniBa.
Le linee guida dell’Università di Bari per un linguaggio “ampio”
Sono state prima approvate dal Senato academico, poi in Consiglio di amministrazione. Stiamo parlando delle ‘Linee guida per l’adozione di un linguaggio ampio rispettoso delle differenze‘ di cui si è dotata l’Università di Bari.
Come riportato da La Repubblica, queste raccomandazioni sono state promosse dal Centro interdipartimentale di studi sulle culture di genere coordinato dalla docente ordinaria Francesca Recchia Luciani con l’obiettivo di utilizzare un linguaggio inclusivo dal punto di vista di genere.
Una scelta in linea con l’impegno di UniBa, che ha avviato il primo Dottorato nazionale in Gender studies. Non solo: l’ateneo pugliese è stato premiato come pioniere dell’uguaglianza di genere (Gender Equality Pioneers) dalla Notte dei ricercatori del Mediterraneo insieme all’Universitat Jaume I (Spagna) e la Università di Coimbra (Portogallo). L’Università di Bari è stata selezionata per “le strategie globali che promuovono l’uguaglianza di genere, comprese campagne di sensibilizzazione, sostegno istituzionale e politiche di equilibrio famiglia-lavoro”.
Quali parole usare e quali sono da evitare secondo l’UniBa
Ma torniamo alle linee guida. “Se è vero che nominare qualcosa equivale a far esistere qualcosa, è altrettanto vero che la necessità di nuovi nomi accompagna la nascita di qualcosa di nuovo da nominare“, si legge nel documento dell’UniBa, come riportato da La Repubblica.
Questa considerazione, da cui è nata l’idea dell’ateneo di dotarsi di un vademecum per il rispetto delle differenze di genere nel linguaggio, trae ispirazione dalle ‘Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana’ di Alma Sabatini. Linguista e attivista, Sabatini fu la prima in Italia a porre il problema a livello istituzionale. Per esempio, al posto della locuzione “diritti dell’uomo” Sabatini consigliava “i diritti umani”, o alla parola “romani” preferiva l’espressione “il popolo romano”.
Ebbene, tra i punti evidenziati nel documento dell’Università di Bari c’è quello di evitare il maschile sovraesteso nei documenti ufficiali. In altri termini, se a firmare un documento è Maria Rossi, per esempio, la sua carica dovrebbe essere scritta al femminile, tipo “la direttrice Maria Rossi” e no “il direttore Maria Rossi”. Stessa cosa vale per altre funzioni, come la “tecnica di laboratorio” o “la revisora legale”. Secondo l’UniBa ci dovrebbe dunque sempre essere corrispondenza tra l’identità di genere della persona e la sua professione.
Se infatti – nonostante continuino ad esserci delle resistenze – si sono diffuse parole riferite come “ministra” o “sindaca”, altre restano per di più escluse dal linguaggio comune. L’Università di Bari invece consiglia di utilizzare termini come “ingegnera”, “medica”, “banchiera” “fabbra” e “capoinfermiera”.
L’altra raccomandazione contenuta nelle linee guida dell’ateneo riguarda i saluti: all’apertura di un convegno, per esempio, sarebbe bene evitare di dire “buongiorno a tutti” se tra il pubblico sono presenti anche delle donne.