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Medici Fonte foto: iStock

Giovani medici contesi da scuole e ospedali: il caso in Lombardia

I giovani medici sono contesi tra scuole di specializzazione e ospedali, dove c'è carenza di personale sanitario: cosa sta succedendo in Lombardia

Camilla Ferrandi

Camilla Ferrandi

GIORNALISTA SOCIO-CULTURALE

Nata e cresciuta a Grosseto, sono una giornalista pubblicista laureata in Scienze politiche. Nel 2016 decido di trasformare la passione per la scrittura in un lavoro, e da lì non mi sono più fermata. L’attualità è il mio pane quotidiano, i libri la mia via per evadere e viaggiare con la mente.

I giovani medici sono contesi tra le scuole di specializzazione alle quali sono iscritti e gli ospedali, che sono a corto di personale e nei quali potrebbero lavorare attraverso contratti extra. Ecco cosa sta succedendo: il caso in Lombardia.

Pochi medici, si assumono gli specializzandi

In Lombardia sono circa 4mila gli iscritti al penultimo e ultimo anno delle scuole di specializzazione medica (Chirurgia, Cardiologia, Ginecologia, Anestesia, eccetera), come riportato da ‘Il Corriere della Sera’. Si tratta di giovani dottori e dottoresse che, dopo aver conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia, si trovano nella fase finale del percorso che li porterà a diventare specialisti in una determinata branca della medicina. Nonostante non siano ancora medici specializzati, hanno già acquisito competenze e autonomia nello svolgere alcuni compiti. Per questo motivo, data la carenza dei medici che sta attraversando la sanità pubblica italiana, le Regioni stanno reclutando medici anche tra gli specializzandi, che possono scegliere tra due strade se vogliono un’entrata extra (la borsa da specializzandi è pari a circa 1.700 euro al mese) e fare pratica:

  • essere assunti con contratti a tempo determinato da 32 ore, per uno stipendio che è pari a circa 2.400 euro al mese e che sostituisce la borsa, come previsto dal cosiddetto decreto Calabria;
  • essere reclutati come liberi professionisti.

La Regione Lombardia, per esempio, ha recentemente aperto alcuni bandi pubblici per l’assunzione di personale sanitario uno dei quali rivolto ad anestesisti e medici di pronto soccorso anche specializzandi, con compensi fino a 60 euro all’ora per un massimo di 8 ore alla settimana.

Le critiche ai prof

Secondo i rappresentanti di categoria, però, non tutti gli specializzandi sono stati messi nella condizione di potersi candidare a questi bandi. “Formalmente non serve l’autorizzazione del professore – ha spiegato Massimo Minerva, presidente dell’Associazione liberi specializzandi, come si legge su ‘Il Corriere della Sera’ -. Nella pratica però, se fa capire agli iscritti che non gradisce il fatto che vadano anche in altri ospedali, questi hanno poche armi per sfidarlo”. Alcuni professori sono perfino “giunti a dichiarare che gli specializzandi non sono sufficientemente competenti, non capendo che in tal modo dimostrano la loro incapacità di formare”, ha concluso Minerva.

“Per ora non ci sono arrivate segnalazioni formali, ma abbiamo sentito di medici disposti a fare turni extra altrove, bloccati dai loro professori perché contrari — ha affermato Andrea Duca, responsabile giovani Lombardia per Anaao-Assomed. In particolare, ha specificato “piace la possibilità di lavorare come liberi professionisti, perché ha meno ripercussioni sulla formazione”.

Anche a Diego De Angelis, presidente di Medici in formazione, ha avuto informazioni riguardo ad alcuni professori che hanno fatto “sbarramento”. Secondo le sue stime, come riportato da ‘Il Corriere della ‘Sera’, circa il 30% degli specializzandi degli ultimi 2 anni ha scelto di lavorare con il decreto Calabria, mettendo però in guardia dal possibile rischio di sfruttamento delle nuove leve.

Sulla questione è intervenuto anche Gian Vincenzo Zuccotti, prorettore della Statale di Milano con delega ai rapporti con le istituzioni sanitarie, che ha commentato: “Fatico a pensare, anche se non lo escludo, che ci siano casi simili. C’è una legge che permette di attivare contratti, deve essere rispettata”.