Perché Crepet riempiva di errori i temi a scuola (volutamente)
Lo psichiatra Paolo Crepet ha raccontato in tv che quando andava a scuola riempiva i temi di italiano di errori volutamente: perché e quando ha smesso
Paolo Crepet è stato ospite di Peter Gomez a ‘La Confessione’. Durante la trasmissione, andata in onda su Rai 3 sabato 25 gennaio, lo psichiatra ha svelato che, quando andava a scuola, riempiva i temi di italiano di errori volutamente. E ha spiegato anche il perché.
- Crepet e i temi a scuola: "Li riempivo di errori volutamente"
- Il tema "spartiacque" di Crepet su Luigi Tenco
- L'importanza di sbagliare secondo Crepet
Crepet e i temi a scuola: “Li riempivo di errori volutamente”
A ‘La Confessione‘, il programma Rai condotto dal giornalista Peter Gomez, lo psichiatra e sociologo Paolo Crepet ha raccontato un aspetto molto curioso della sua personalità di quando era uno studente delle superiori.
L’esperto ha spiegato che quando era a scuola e doveva scrivere un tema, lo riempiva di errori di proposito. Scriveva una prima versione corretta, dopo di che la riscriveva aggiungendo quelli che molti prof definirebbero degli strafalcioni.
Ma questa scelta, che potrebbe sembrare bizzarra, in realtà aveva una motivazione ben precisa. Crepet ha svelato: “Normalmente io scrivevo il tema e, per evitare che i professori lo leggessero, lo riempivo di errori. Prima lo scrivevo bene, e poi lo riscrivevo mettendoci un sacco di errori“.
L’obiettivo del giovane Crepet era dunque quello di evitare che gli insegnanti leggessero quanto da lui scritto. Ovviamente, questa decisione gli costava, costantemente, un’insufficienza. “Prendevo 3 o 4 – ha affermato -. Ma lo volevo, perché così evitavo una cosa che detestavo, ovvero di essere letto“.
Il tema “spartiacque” di Crepet su Luigi Tenco
Questa modalità di stesura dei temi da parte di Paolo Crepet è durata fino alla morte di Luigi Tenco (altro fatto curioso). Il cantautore si era suicidato durante il Festival di Sanremo 1967, lo psichiatra aveva 16 anni. “La notizia di Tenco me l’aveva data la mia mamma che si scaldava il caffè, me lo ricordo benissimo – ha raccontato lo psichiatra -. A me piaceva molto Tenco, ero innamorato di lui. Mi piaceva quella sua malinconia, il suo tipo di musica cantautoriale”.
All’indomani della notizia della scomparsa dell’artista, il professore di italiano chiese agli studenti di scrivere un tema su quanto accaduto. “Quando arrivai a scuola – ha proseguito Crepet -, quasi nessuno aveva capito bene cosa fosse successo, però ci fecero scrivere. E per la prima volta scrissi una cosa senza riscrivere”.
Il compito sulla morte di Luigi Tenco è stato “uno spartiacque“, ha spiegato lo psichiatra. Fu infatti il primo tema che decise di scrivere senza senza errori. Un’unica stesura, corretta. Quella “fu la prima volta che qualcuno mi lesse. Fu la mia prima opera letteraria, se vogliamo metterla così”, ha concluso Paolo Crepet.
L’importanza di sbagliare secondo Crepet
Per Paolo Crepet fare degli errori, più o meno consapevolmente, è molto importante. Errare permette di conoscersi a fondo e, soprattutto, di responsabilizzarsi. In più occasioni lo psichiatra si è appellato ai genitori dicendo di permettere ai loro figli di sbagliare.
In un’intervista al Corriere della Sera del 14 gennaio, Crepet ha affermato che è fondamentale “credere nei bambini e nei ragazzi, quindi lasciarli sbagliare. Oggi c’è una schizofrenia da iper controllo: a scuola c’è il registro digitale, ma alle due di notte non sai dov’è tua figlia 13enne”.
In un’altra occasione, sempre parlando di registro elettronico e di responsabilizzazione dei giovani, a La Repubblica lo psichiatra ha detto: “Il registro elettronico è la più grande boiata che abbiano mai potuto inventare” perché ha privato gli alunni “di sbagliare, togliendo loro qualsiasi autonomia“.
Un altro appello ai genitori lo ha lanciato in un’intervista a Il Giornale pubblicata all’indomani dell’omicidio di Giulia Cecchettin, nel novembre 2023: “Mamme, papà siate rivoluzionari: insegnate ai vostri figli a essere liberi. Lasciateli sbagliare, altrimenti non cresceranno e a 22 anni non sapranno gestire cose che avrebbero dovuto imparare a gestire a 16”.