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Prof Enrico Galiano Fonte foto: IPA

Prof Galiano e l'omicidio Pascoli: "Questa cosa mi fa impazzire"

Prof Enrico Galiano sorprende con una storia "true crime" legata alla vita di Giovanni Pascoli e a una sua celebre poesia: l'appassionata lezione

Francesca Pasini

Francesca Pasini

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Content Writer laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, vivo tra l'Italia e la Spagna. Amo le diverse sfumature dell'informazione e quelle storie di vita che parlano di luoghi, viaggi unici, cultura e lifestyle, che trasformo in parole scritte per lavoro e per passione.

Chi l’avrebbe mai detto che dietro alle vite apparentemente noiose scritte sul libri di scuola di grandi personaggi della letteratura si celassero storie appassionanti e degne dei più incredibili true crime, ai quali ci stiamo tanto appassionando?

A ricordarlo, con un esempio che ricorda come la letteratura e le storie di vita che le ruotano attorno sappiano essere anche molto emozionanti, è stato Enrico Galiano, professore di italiano e scrittore, con un video pubblicato sul suo profilo social. I protagonisti sono Giovanni Pascoli e una delle sue più celebri opere poetiche.

La storia “true crime” di Pascoli raccontata da prof Galiano

Questa cosa mi fa impazzire. Nei nostri libri di italiano c’è un true crime più emozionante di tanti veri true crime”. Inizia così il racconto appassionato di prof Enrico Galiano (che ha curiosamente salutato i propri alunni al termine dell’anno scolastico con un “Non mi mancherete”): il docente ha narrato la storia relativa a un fatto che segnò profondamente la vita di Giovanni Pascoli.

La storia è ambientata nel giorno di San Lorenzo, il 10 agosto 1867. Ruggiero Pascoli, il padre del poeta, stava tornando a casa in calesse da solo, partito poco tempo prima dalla villa che amministrava: Villa Torlonia, in Romagna. Sarebbe dovuto rientrare con un certo Achille Petri, ma all’ultimo minuto non si fece trovare e così tornò a casa da solo.

Ma lungo la strada percorsa da Ruggiero Pascoli, due uomini lo stavano aspettano in un fosso e gli spararono alla testa con un colpo di fucile, uccidendolo sul colpo. La sua cavalla, però, continuò il percorso fino a trasportarne a casa il cadavere. “Però il caso si chiuse in fretta: inchiesta contro ignoti, nessun colpevole”, ha proseguito Galiano nel racconto. “Ma due ragazzi si misero a indagare: uno aveva solo 12 anni e si chiamava Giovanni Pascoli, l’altro era suo fratello Raffaele”.

Fu così che, indagando, i due giovani ottennero risposte spaventose: “Si venne a sapere che un uomo si era vantato dell’omicidio in osteria proprio quella notte – ha continuato Galiano -: il suo nome era Luigi Pagliarani, un repubblicano violento, noto brigante”. Ma quella sera non con lui c’era probabilmente anche Michele della Rocca. Era un contrabbandiere, “però aveva anche un hobby da sicario”, ha aggiunto il docente.

“Ma se ci sono i due killer, ci deve essere anche un mandante e per i fratelli Pascoli quel mandante aveva un nome preciso: Pietro Cacciaguerra, un signorotto di Savignano che voleva prendere il posto di Ruggiero come amministratore della tenuta di Torlonia, e guarda caso lo ottenne subito dopo il delitto”. Ma Cacciaguerra godeva di protezione politica e così, non troppo misteriosamente, il suo nome presente in un rapporto ufficiale scomparve dalla scrivania della pretura.

La poesia di Giovanni Pascoli che parla dell’omicidio

È da questa storia true crime incredibile che è nato uno dei componimenti più importanti e celebri di Giovanni Pascoli: la poesia “X agosto” (10 agosto). Pubblicata il 9 agosto 1896 sulla rivista “Marzocco”, venne inserita in seguito nella quarta edizione di “Myricae“.

“Parla di una rondine che stava facendo ritorno e poi però si ferma bruscamente”, ha spiegato prof Galiano:

“Ritornava una rondine al tetto: l’uccise”

Un verso che cela il momento autobiografico di Pascoli, in cui il padre venne fucilato: “Nessuna descrizione, solo una fucilata nascosta dietro un verbo e un segno di punteggiatura”, ha aggiunto Galiano, che ha concluso il suo video con “quella strofa finale atroce”:

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

Il testo della poesia “X agosto”

San Lorenzo, Io lo so perché tanto
di stelle per l’aria tranquilla
arde e cade, perché sì gran pianto
nel concavo cielo sfavilla.

Ritornava una rondine al tetto:
l’uccisero: cadde tra spini:
ella aveva nel becco un insetto:
la cena dei suoi rondinini.

Ora è là come in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano;
e il suo nido è nell’ombra, che attende,
che pigola sempre più piano.

Anche un uomo tornava al suo nido:
l’uccisero: disse: Perdono;
e restò negli aperti occhi un grido
portava due bambole in dono…

Ora là, nella casa romita,
lo aspettano, aspettano in vano:
egli immobile, attonito, addita
le bambole al cielo lontano.

E tu, Cielo, dall’alto dei mondi
sereni, infinito, immortale,
oh! d’un pianto di stelle lo inondi
quest’atomo opaco del Male!

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