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Giovani innamorati a scuola Fonte foto: iStock

Studenti e relazioni amorose, lo studio choc in Italia

Come vivono gli studenti le relazioni amorose: secondo un sondaggio dell'Università di Torino spesso si confonde il sentimento con il possesso

Patrizia Chimera

Patrizia Chimera

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Giornalista pubblicista, è appassionata di sostenibilità e cultura. Dopo la laurea in scienze della comunicazione ha collaborato con grandi gruppi editoriali e agenzie di comunicazione specializzandosi nella scrittura di articoli sul mondo scolastico.

Cos’è l’amore per gli studenti? I giovani come vivono il rapporto di coppia? Un sondaggio ha svelato che spesso questo nobile sentimento si trasforma nelle generazioni più giovani in un vero e proprio malessere. Talvolta diventa ossessione, voglia di controllo, possessione, aspetti che danno un quadro allarmante di come gli studenti vivono le relazioni amorose. Lo studio choc condotto in Italia ha svelato che bisogna lavorare molto sull’educazione sentimentale.

L’amore per gli studenti: lo studio

Il Centro Interdisciplinare di Ricerche e Studi delle Donne e di Genere (Cirsde) dell’Università di Torino ha condotto uno studio all’interno di un progetto volto a valorizzare l’educazione sentimentale e l’educazione alle relazioni. Spesso se ne parla nel dibattito pubblico, soprattutto per portare anche tra i banchi di scuola tematiche importanti e spesso troppo sottovalutate come queste.

Il sondaggio è stato condotto coinvolgendo 459 studenti, con un’età media di 15,7 anni. Il 43% maschi, il 57% femmine, l’88% nato in Italia. Il Cirsde ha previsto, inoltre, anche dei momenti di confronto tra ragazzi e formatori, da cui sono nati brevi video per riflettere sui temi delle relazioni, del consenso e della parità. Alla fine del progetto le stesse domande saranno nuovamente proposte a studenti e studentesse, per comprendere se la percezione è cambiata oppure no.

Quando l’amore diventa possessione tra i giovani

L’amore tra i banchi delle scuole superiori di Torino spesso diventa possesso. Il Corriere della Sera ha riportato le parole di Norma De Piccoli, referente del programma e professoressa di psicologia sociale a Unito, che si è occupata dello studio. “La gelosia e il possesso sono considerate da molti ancora come forme di amore. Emergono dei dati abbastanza preoccupanti e per questo è necessario sensibilizzare le giovani generazioni, fare educazione all’affettività. Proprio perché tra i 15 e i 16 anni stanno facendo le loro prime sperimentazioni”.

Il 30% degli intervistati non si opporrebbe alla richiesta del partner di un controllo continuo su quello che fa, mentre per il 15% si è detto neutrale di fronte alla questione. Il 55%, invece, ha affermato di non voler assolutamente sottostare a nessuna forma di controllo da parte del compagno o della compagna.

Alla domanda “Non vorrei che il mio partner mi chiedesse cosa sto facendo ogni minuto della giornata” circa uno studente su due si è detto in disaccordo con questa affermazione, quindi non avrebbe problemi a una forma di controllo considerata ossessiva.

Le ragazze sono più sensibili rispetto ai ragazzi

La professoressa Norma De Piccoli ha anche riferito che studenti e studentesse hanno una visione differente. “Le femmine sono molto più sensibili. I maschi, invece, tendono a sottovalutare il fenomeno e le sue conseguenze”. Dalle risposte è emerso, infatti, che quasi la metà degli studenti interpellati (45%) ritiene che la violenza sia ricollegabile a un “mancato controllo dell’impulso sessuale”, una reazione involontaria, quasi istintiva. La percentuale è più bassa tra le donne, fermandosi al 36%.

Nel sondaggio si è parlato anche di cat calling, grazie all’affermazione “Francesca sta camminando per la strada quando due uomini le urlano commenti a sfondo sessuale”: l’83% delle ragazze ritiene che questa situazione sia una molestia, contro il 68% dei ragazzi che la pensa allo stesso modo.

La docente ha sottolineato che “i numeri della componente maschile sono bassi. C’è differenza tra i sessi, riflettiamo su questi fenomeni e notiamo come spesso le ragazze vengano ancora percepite come oggetti. La letteratura ormai ci dice che non ci sono più stereotipi definiti come 30 anni fa ma continua a esserci l’idea, sbagliata, che le donne siano più portate a fare certe cose e gli uomini altre”.