Un minore su 20 lascia la scuola per lavorare: allarme in Italia
Il rapporto Anmil punta i riflettori sullo sfruttamento del lavoro minorile e sui dati in Italia: in quali regioni il fenomeno è più diffuso
L’Anmil, Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, nella Giornata Internazionale per i diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza, ha diffuso i dati sul lavoro minorile in Italia puntando i riflettori sul numero allarmante di giovani costretti ad abbandonare la scuola. “Siamo abituati a pensare che questo problema riguardi solo i Paesi più poveri“, ha detto il presidente Emidio Deandri, “ma è presente anche in realtà economicamente avanzate come l’Italia”.
Il rapporto Anmil sui minori lavoratori
Secondo l’Anmil, in Italia quasi un minore su 20 è costretto a lavorare, al posto di andare a scuola, con gravi rischi per la sicurezza. I dati Inail parlano di circa 6.000 infortuni l’anno a carico di lavoratori minorenni, con un’incidenza doppia rispetto alla media. Il report dell’associazione segnala che in prevalenza si tratta di apprendisti maschi, impiegati in settori come industria, ristorazione, commercio, agricoltura e costruzioni.
Le regioni più colpite sono Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna, e quasi il 10% dei minori infortunati sono stranieri per lo più di origine albanese, marocchina e rumena. Il presidente dell’Anmil Deandri ha sottolineato però che i dati ufficiali riguardano solo i lavoratori regolari tra i 16 e i 17 anni, mentre il sommerso resta un’incognita. L’associazione ha ipotizzato possano esserci almeno 2.000 infortuni all’anno a carico di minori irregolari, non denunciati e quindi esclusi dalle statistiche.
Le principali cause del lavoro minorile
Ma cosa porta i minorenni ad andare a lavorare piuttosto che a scuola. Dai dati riportati dall’associazione Save The Children, il 56,3% dichiara di aver trovato un’occupazione per avere soldi per sé, mentre nel 32,6% dei casi il motivo è la necessità o volontà di offrire un aiuto materiale ai genitori.
La maggioranza dei minori, ovvero il 53,8% che dichiara di aver lavorato durante l’ultimo anno o in passato, ha iniziato dopo i 13 anni, mentre il 6,6% prima degli 11 anni. Circa due terzi dei minorenni che hanno sperimentato forme di lavoro sono di genere maschile (65,4%) e il 5,7% ha un background migratorio.
Nella ricerca “Domani (Im)possibili” emerge infine che il 43,7% degli adolescenti tra i 15 e i 16 anni aiuta in vario modo la famiglia ad affrontare le spese e, tra questi, il 18,6% ha svolto e svolge qualche attività lavorativa per non gravare sulla famiglia in difficoltà: uno su due ha meno di 16 anni.
Che tipo di lavoro fanno i minori
I settori in cui sono impiegati in prevalenza gli adolescenti sono la ristorazione, nel 25,9% dei casi, e la vendita al dettaglio nei negozi e attività commerciali, nel 16,2%. Non mancano però occupazioni anche più pesanti e usuranti come le attività di campagna (9,1%) e in cantiere (7,8%).
Per quanto riguarda le nuove forme di lavoro giovanile, il 5,7% si occupa di attività online come la realizzazione di contenuti per social o videogiochi, o ancora il reselling di sneakers, smartphone e pods per sigarette elettroniche. Nel periodo in cui lavorano, più della metà degli intervistati lo fa tutti i giorni o qualche volta a settimana e circa 1 su 2 lavora più di 4 ore al giorno.
Dall’indagine “Non è un gioco” è emerso che tra i 14-15enni intervistati che lavorano, quasi 1 su 3 (29,9%) lo fa durante i giorni di scuola, tra questi il 4,9% salta le lezioni per lavorare. Dai dati si evince infine che la percentuale di minori bocciata durante la scuola secondaria di I o di II grado è quasi doppia tra chi ha lavorato prima dei 16 anni rispetto a chi non ha mai lavorato.