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Analisi terzo canto del Paradiso: Piccarda Donati

È nel Cielo della Luna, tra gli spiriti che non portarono a compimento i voti, che Dante incontra la prima anima e apprende dei gradi di beatitudine.

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Il terzo canto è quello che realmente apre l’esperienza in Paradiso di Dante che, dopo la trasumanazione del primo e la spiegazione di Beatrice sul sistema delle influenze celesti nel secondo, per la prima volta, verrà a contatto con una delle anime che popolano il Regno dei Cieli. Si tratta di Piccarda Donati, che illuminerà il poeta sui gradi di beatitudine e l’inadempienza al voto.

Sintesi

Dante e Beatrice si trovano nel Cielo della Luna e il poeta è sul punto di ringraziare la donna amata per la spiegazione sul sistema delle influenze celesti, quando qualcosa lo distrae, attirando la sua attenzione. Sullo sfondo luminoso del pianeta, infatti, gli sembra di scorgere volti e figure di persone umane, ma talmente tenui e indefinite da sembrare immagini riflesse, così Dante si volta convinto che si tratti di qualcuno alle sue spalle, ma trova solo il bonario sorriso sfuggito a Beatrice, che lo avvisa del fatto che quelle davanti a lui sono vere anime, che appaiono in questo cielo perché vennero meno ai loro voti sulla terra, e lo invita ad interrogarle.

Tra queste, Dante si rivolge all’anima che gli pareva più ansiosa di parlare e le chiede del suo nome e della sua condizione. Si tratta di Piccarda Donati, che il poeta non aveva riconosciuto ma che conosce, in quanto sorella dell’amico Forese, che nel Purgatorio ne aveva annunciato il destino di beatitudine. L’anima spiega al perplesso Dante che la collocazione, sua e delle altre, nel cielo più basso del Paradiso non comporta una beatitudine di grado inferiore, perché l’ordine generale del cosmo voluto da Dio ha assegnato loro questa sorte e ciò basta a renderle felici di essere chiamate a partecipare al suo disegno di perfezione.

Analisi primo canto del Paradiso: il “trasumanar”

Poi Piccarda, rispondendo a Dante, racconta quale sia stato il voto che non ha potuto compiere in vita, di come fu strappata a forza dal monastero delle clarisse da parte del malvagio fratello Corso, per costringerla a sposare il guelfo nero Rossellino Della Tosa e di come questa violenza la portò a morire di crepacuore.

Infine, Piccarda Donati indica a Dante un’altra anima splendente, che come lei fu privata dell’abito religioso, senza allontanarsi dal suo voto a Dio. Si tratta di Costanza d’Altavilla, moglie del figlio del Barbarossa, Enrico VI di Svevia, e madre dell’ultimo imperatore Svevo, Federico II.

Quindi l’anima si allontana, intonando in maniera soave l’Ave Maria, e Dante torna a volgere lo sguardo su Beatrice, che però risplende di una luce tale da costringerlo ad abbassare gli occhi e a rinviare al canto successivo la prossima domanda.

Analisi

Il terzo canto del Paradiso è quello che per la prima volta mette Dante a contatto con le anime e tramite la figura di Piccarda Donati spiega qual è la legge che regola i diversi gradi di beatitudine nel regno dei Cieli.

L’apparizione di Piccarda era stata preannunciata nel ventinovesimo canto del Purgatorio dal fratello Forese, in contrapposizione con la futura dannazione dell’altro fratello, il malvagio Corso. Dante conosceva l’anima quando era in vita, ma non la riconosce immediatamente, e se ne scusa, perché l’immagine di lei gli appare differente. In effetti, siamo nel regno degli spiriti difettivi, gli unici nel percorso di Dante in Paradiso ad assumere vagamente parvenze umane, ma talmente diafane ed evanescenti da sembrare riflesse su un vetro o su uno specchio d’acqua tersa, tanto che inizialmente il poeta si guarderà alle spalle, pensando che Piccarda sia dietro di lui, suscitando un sorriso in Beatrice, che si rende conto del suo disorientamento.

Come detto, la figura di Piccarda Donati è utilizzata da Dante per chiarire la legge che regola i gradi di beatitudine, stabiliti dalla volontà di Dio e per questo accolti senza titubanze dai beati, che non rimpiangono in alcun modo la loro collocazione. Tanto più che, come spiegato e ribadito anche più avanti da Beatrice, la residenza di tutte le anime è l’Empireo e che solamente per aiutare Dante a comprendere vengono posizionate nei diversi cieli.

L’ultima parte del canto è dedicata all’inadempienza al voto, tramite l’esperienza personale di Piccarda, che dopo aver narrato la vicenda, associa al suo destino quello dell’Imperatrice Costanza, anche lei costretta con la forza a rinunciare alla monacazione, per diventare la madre di Federico II. Un riferimento, che appartiene più al mito che alla storia, del quale Dante si serve per dimostrare come la via della salvezza non sia necessariamente legata alle vicende terrene o alla condanna della Chiesa, come già sottolineato a più riprese nel Purgatorio e come continuerà a evidenziare anche nel Paradiso, con i canti dedicati al problema della giustizia.