Canto XXII del Purgatorio di Dante: riassunto e analisi
Il canto ventiduesimo del Purgatorio si colloca in una fase significativa del cammino dantesco verso la purificazione e la salvezza, rappresentando un momento di transizione dalla sesta alla settima cornice del monte del Purgatorio.
Protagonisti del canto sono Dante, Virgilio e Stazio, quest’ultimo appena uscito dalla sua purificazione per l’avarizia e pronto a salire spiritualmente insieme ai due poeti. L’atmosfera generale del canto è pervasa da un senso di leggerezza e di speranza, riflesso del superamento di una tappa fondamentale e dell’ingresso in una nuova fase del percorso. Questo canto si distingue per la sua densità tematica: si parla di poesia, di salvezza, di fede, di libero arbitrio e si fa riferimento ad alcune figure emblematiche della classicità e del cristianesimo.
Il tono del canto è più disteso rispetto a quelli precedenti, ma non meno profondo: è il momento della riflessione intima, del confronto tra maestri e allievi, del riconoscimento reciproco tra spiriti affini. Dante approfitta di questo tratto di cammino per interrogare Stazio sulla sua conversione, sulla funzione della poesia, sulle dinamiche della salvezza, costruendo un discorso che ha un grande valore simbolico, personale e letterario.
- Il cammino insieme a Stazio: leggerezza e armonia
- La conversione di Stazio: grazia e libertà
- La poesia come via verso la verità
- Il superamento dell’avarizia e l’approdo alla settima cornice
Il cammino insieme a Stazio: leggerezza e armonia
All’inizio del canto, la presenza di Stazio, ormai liberato dalla pena e unito a Dante e Virgilio, imprime al viaggio un tono più sereno e confidenziale. I tre procedono insieme, e Dante si sorprende nel notare che Stazio, pur essendo un’anima purgante fino a poco prima, non mostra alcun segno di fatica, nonostante si stia salendo lungo il monte.
Questo dettaglio introduce uno degli elementi più delicati e affascinanti della teologia dantesca: nel Purgatorio, il corpo delle anime non ha peso materiale, ma è il peccato stesso, come macchia spirituale, a rappresentare un peso. Una volta purificato, l’anima torna leggera, libera, pronta ad elevarsi. Questa leggerezza, che si manifesta nel passo sicuro e senza sforzo di Stazio, è la metafora della liberazione dal peccato e della gioia spirituale che segue il perdono.
Il cammino, che nelle cornici precedenti era spesso faticoso e oppressivo, ora diventa simbolo di concordia e comunione, con tre anime che si accompagnano con affetto, rispetto e interesse reciproco. L’unità del gruppo è anche un’immagine della comunità dei salvati, in cui non c’è più competizione o superbia, ma solo condivisione del bene e desiderio di verità.
La conversione di Stazio: grazia e libertà
Uno dei momenti più significativi del canto è il racconto, da parte di Stazio, della propria conversione. Dante, incuriosito e affascinato dalla storia di quell’anima, chiede come sia avvenuto il suo passaggio alla fede cristiana. Stazio, con tono pacato e riflessivo, racconta di essere stato toccato dal messaggio evangelico in modo progressivo, a partire dalla lettura dei testi sacri, ma anche dalla riflessione sulla poesia virgiliana, in particolare sulla quarta egloga.
Tuttavia, ciò che colpisce maggiormente è l’equilibrio che Stazio descrive tra grazia divina e libero arbitrio. Egli spiega che la grazia di Dio fu decisiva, ma che non avrebbe mai potuto operare se lui stesso non avesse deciso di aprirsi al cambiamento. Questo passaggio è fondamentale nella visione teologica del poema: l’anima non è salvata per obbligo o destino, ma perché accoglie liberamente l’amore di Dio.
La salvezza è una sinergia tra l’iniziativa divina e la risposta umana, tra un dono e un’accoglienza consapevole. Il racconto di Stazio è anche un monito contro la presunzione e l’inerzia: l’anima deve agire, deve voler cambiare, deve abbandonare le proprie sicurezze per abbracciare la verità, anche se questo comporta difficoltà e incertezze. La figura di Stazio diventa così esemplare, perché rappresenta colui che ha saputo ascoltare la voce della coscienza e trasformarla in decisione.
La poesia come via verso la verità
In questo canto, la poesia non è solo un tema marginale, ma un elemento centrale. Stazio afferma chiaramente di aver amato profondamente Virgilio e di aver appreso da lui non solo la bellezza della parola, ma anche la giustizia dei sentimenti e la verità morale. In particolare, riconosce di dovere al poeta mantovano la propria prima ispirazione spirituale.
Tuttavia, Stazio è anche consapevole che la poesia da sola non basta: essa è una guida preziosa, ma ha bisogno di essere completata dalla rivelazione e dalla fede. La poesia, nel mondo dantesco, ha una funzione altissima: è strumento di educazione, di riflessione, di apertura alla trascendenza. Non è idolatria della forma, ma ricerca della sostanza, e quando è autentica, conduce l’anima verso Dio. Dante stesso, attraverso il dialogo tra Virgilio e Stazio, riflette sulla propria missione di poeta e sulla responsabilità che comporta l’uso della parola.
Il canto diventa così un momento di autoriflessione poetica, in cui il protagonista si riconosce come erede di una tradizione che ha in Virgilio e in Stazio due modelli, ma che deve essere superata grazie alla luce della fede cristiana. Il rapporto tra poesia e verità, tra arte e salvezza, tra parola e rivelazione è uno dei fili conduttori più profondi della Commedia, e in questo canto trova una delle sue espressioni più limpide.
Il superamento dell’avarizia e l’approdo alla settima cornice
Nel tratto finale del canto, i tre poeti giungono finalmente alla soglia della settima cornice, quella in cui si espia la lussuria, ultimo dei peccati capitali trattati nel Purgatorio. Il passaggio dalla sesta alla settima cornice avviene con la consueta presenza di un angelo custode, che rimuove un’altra delle “P” incise sulla fronte di Dante. Ogni “P” cancellata è il segno tangibile di un peccato ormai superato, ed è accompagnata da una rinnovata leggerezza, una maggiore capacità di elevarsi spiritualmente.
Il canto si chiude con l’ingresso in una cornice in cui il tema dominante sarà quello dell’amore disordinato, in contrasto con il corretto orientamento dell’affettività e del desiderio. Ma proprio questo passaggio segna anche la chiusura ideale di una fase educativa del viaggio: l’anima di Dante ha ormai interiorizzato molte delle lezioni fondamentali del Purgatorio, e si avvia verso l’ultima prova con maggiore maturità e consapevolezza. Il cammino non è più un vagare incerto, ma una salita ordinata, guidata dalla ragione, dalla grazia e dalla compagnia di spiriti illuminati.