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​ Canto XXX del Purgatorio di Dante: riassunto e commento

Francesca Mondani

Francesca Mondani

DOCENTE DI INGLESE E ITALIANO L2

Specializzata in pedagogia e didattica dell’italiano e dell’inglese, insegno ad adolescenti e adulti nella scuola secondaria di secondo grado. Mi occupo inoltre di traduzioni, SEO Onsite e contenuti per il web. Amo i saggi storici, la cucina e la mia Honda CBF500. Non ho il dono della sintesi.

Il Canto 30 del Purgatorio si apre in un’atmosfera di attesa solenne, densa di significato spirituale. Dopo la processione sacra descritta nel canto precedente, tutto si ferma per lasciare spazio a un momento decisivo: l’apparizione di Beatrice. Il corteo si arresta, i canti cessano, l’aria si riempie di una luce nuova, e il grifone si ferma, come se l’intero universo trattenesse il respiro. Dante percepisce che sta per accadere qualcosa di straordinario, ma non può ancora immaginare fino a che punto questo incontro cambierà la sua esistenza interiore.

L’arrivo di Beatrice non è solo un evento narrativo, ma un passaggio simbolico che segna la fine della guida di Virgilio e l’inizio di una fase più alta del cammino spirituale: quella dell’intelligenza illuminata dalla grazia. Beatrice, vestita di bianco, cinta di verde e coronata di fiamme rosse, incarna le tre virtù teologali – Fede, Speranza e Carità – e appare come una figura maestosa e inaccessibile, specchio di una verità divina che ora si rende visibile a chi ha completato il percorso della purificazione.

Il congedo di Virgilio e il passaggio alla guida divina

Uno dei momenti più toccanti del canto è il congedo di Virgilio, che avviene senza parole. Dante si volta per cercarlo, ma si rende conto che la guida amata è scomparsa. Il dolore che ne segue è profondo, sincero, e mette in luce tutta l’umanità del poeta.

Virgilio rappresentava la ragione umana, la filosofia, la guida che ha accompagnato Dante nei momenti più oscuri dell’Inferno e del Purgatorio. La sua uscita di scena, silenziosa e discreta, segna un momento di rottura ma anche di superamento: per accedere alla visione del divino non basta più la sola ragione, serve l’intuizione illuminata dalla fede. Questo passaggio è centrale nell’economia dell’opera, perché ribadisce che il cammino verso la verità non può fermarsi alla logica umana. L

a commozione di Dante è autentica, perché perdere Virgilio significa anche perdere un rapporto profondo, costruito sulla fiducia e sulla saggezza. Ma proprio in questo dolore si apre la possibilità dell’incontro con una guida superiore, che parla un linguaggio più alto: quello dell’amore assoluto.

Il rimprovero di Beatrice

L’apparizione di Beatrice non è immediatamente rassicurante o dolce: al contrario, il primo gesto della donna è un rimprovero severo. Beatrice si rivolge a Dante con parole dure, accusandolo di essersi smarrito dopo la sua morte, di aver deviato dal cammino della verità, nonostante l’amore che lei gli aveva ispirato. Questo rimprovero, lungi dall’essere un semplice richiamo morale, assume una funzione salvifica: mette Dante di fronte alla sua responsabilità, al peso delle sue scelte, al bisogno di affrontare la verità senza più illusioni.

La voce di Beatrice è come uno specchio che costringe il poeta a guardarsi dentro, a riconoscere i propri errori, a prendere consapevolezza del proprio allontanamento spirituale. Non si tratta di una condanna, ma di un atto d’amore severo, che punta alla trasformazione interiore. In questo momento, Dante non è ancora pronto ad elevarsi alla beatitudine: deve prima accettare il dolore della verità, che passa attraverso la parola della donna amata, ora figura della sapienza divina.

Il pianto di Dante e la purificazione finale

Il dolore che nasce dalle parole di Beatrice provoca in Dante una reazione intensa e sincera: il pianto. Non è un semplice sfogo emotivo, ma una vera e propria catarsi spirituale. Le lacrime diventano il segno tangibile del pentimento, la manifestazione esterna di un’anima che ha finalmente compreso il peso delle proprie colpe. Beatrice, vedendolo piangere, non si intenerisce subito: la sua fermezza sottolinea che la redenzione non è un dono automatico, ma richiede verità, onestà e una conversione autentica.

Solo quando Dante, travolto dal rimorso, abbassa completamente ogni difesa, Beatrice inizia ad aprirsi alla compassione, preparando il terreno per la riconciliazione. Il pianto, quindi, non è solo simbolo di dolore, ma anche di purificazione e di rinascita: attraverso il dolore riconosciuto e accolto, Dante si rende finalmente degno di varcare la soglia del Paradiso.