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Marco Polo: le avventure e le scoperte narrate ne 'Il Milione'

Il libro, scritto da Rustichello da Pisa sotto dettatura, è il resoconto dei viaggi in Asia del noto mercante veneziano

Silvia Pino

Silvia Pino

GIORNALISTA PUBBLICISTA

Ho iniziato con le lingue straniere, ho continuato con la traduzione e poi con l’editoria. Sono stata catturata dalla critica del testo perché stregata dalle parole, dalla comunicazione per pura casualità. Leggo, indago e amo i giochi di parole. Poiché non era abbastanza ho iniziato a scrivere e non mi sono più fermata.

Quando fu scritto ‘Il Milione’

‘Il Milione’, il resoconto dei viaggi in Asia intrapresi da Marco Polo insieme al padre Niccolò e allo zio Matteo, e delle sue esperienze alla corte di Kublai Khan, il più grande sovrano orientale dell’epoca, per il quale fu al servizio per quasi 17 anni, venne scritto tra il 1296 e il 1298 – sotto dettatura del mercante veneziano – da Rustichello da Pisa, durante la comune prigionia nelle carceri di San Giorgio a Genova. L’autore di romanzi cavallereschi utilizzò il franco-veneto, un idioma culturale diffuso nel Nord Italia tra la fascia subalpina e il basso Po, ma ne esiste un’altra versione in lingua d’oil, parlata dai crociati e dei mercanti occidentali in Oriente. Ad ogni modo, secondo alcuni ricercatori, il testo sarebbe stato successivamente rivisto – con la collaborazione di alcuni frati dell’Ordine dei domenicani – dallo stesso Marco Polo una volta rientrato a Venezia. Considerato un vero e proprio capolavoro della letteratura di viaggio, oltre che una storia autobiografica è anche un’enciclopedia geografica e un trattato storico-geografico, con descrizioni che si spingevano ben oltre il Karakorum, arrivando fino al Catai, e testimoniando l’esistenza di una civiltà mongola molto sviluppata ed assolutamente paragonabile a quelle europee.

L’introduzione de ‘Il Milione’

Nonostante il libro sia stato un successo immediato, inizialmente con il titolo ‘Le divisament dou monde’, o con quello quattrocentesco ‘Livre des merveilles du monde’, divenuto poi ‘Livre de Marco Polo citoyen de Venise, dit Million, où l’on conte les merveilles du monde’, quindi abbreviato in ‘Libro di Marco Polo detto Milione’, in ‘Libro di Milione’ e, infine, in ‘Il Milione’, non esiste il manoscritto autografo di questo testo. È composto da 209 capitoli, divisi in un prologo, che narra le vicende dalla famiglia Polo, invitando il lettore a conoscere “un mondo meraviglioso e diverso“, e l’esposizione ordinata dei luoghi visitati durante il viaggio. Il mercante veneziano introdusse così il suo romanzo nel 1° capitolo: “Signori imperadori, re e duci e ttutte altre genti che volete sapere le diverse generazioni delle genti e lle diversità delle regioni del mondo, leggete questo libro dove troverrete tutte le grandissime meraviglie e gran diversitadi delle genti d’Erminia, di Persia e di Tarteria, d’India e di molte altre province. E questo vi onterà il libro ordinatamente siccome messere Marco Polo, davio e nnovile cittadino di Vinegia, le conta in questo libroi e egli medesimo le vide. Ma ancora v’à di quelle cose le quali elli non vide, ma udille da persone degne di fede, e però le cose vedute dirà di veduta e ll’altre per udita, acciò che ‘l nostro libro sia veritieri e sanza niuna menzogna”.

Il riassunto de ‘Il Milione’

Tra il 2° e il 17° capitolo, Marco Polo spiega l’origine della fortuna del padre e dello zio, partiti in principio alla volta di Costantinopoli, per spingersi poi in Crimea e in Bulgaria, dove incontrarono Barca Caan, il re dei Tatari d’Occidente, che di lì a poco entrò in guerra con l’omologo d’Oriente Hulagu Khan. Non potendo tornare indietro, fuggirono attraversando la Turcomannia, il fiume Tigri, il deserto del Gobi, fino all’attuale Uzbekistan, dove vennero notati da alcuni ambasciatori del Gran Khan, incuriositi dai loro tratti latini, mai visti prima. Vennero pertanto portati al cospetto di Kubilai Khan, che li ricevette con grande curiosità, chiedendo loro di portare al Papa dell’olio della lampada che ardeva al Santo Sepolcro di Gerusalemme. In viaggio verso la Città Santa, tuttavia, ad Acri, incontrarono un legato pontificio, Tedaldo Visconti da Piacenza, che comunicò loro la morte di Clemente IV e lo stallo, il più lungo della storia, nella nuova elezione. Fecero quindi ritorno a Venezia, dove Niccolò scoprì della prematura scomparsa della moglie, che aveva nel frattempo dato alla luce un figlio di nome Marco, ormai 15enne. Attesero invano per oltre due anni la nomina del nuovo Papa, ma tale notizia arrivò soltanto dopo aver deciso di ripartire insieme al giovane rampollo: si trovavano già a Laiazzo quando seppero che la carica era stata assunta proprio da Tedaldo, che affidò loro due frati domenicani, Niccolò da Venezia e Guglielmo da Tripoli, incaricati di illustrare la dottrina cristiana al Gran Khan. A questo punto, vi è un salto temporale, con l’arrivo dei tre veneziani a Xanadu, dove Marco viene presentato alla corte del Gran Khan Kubilai. Si racconta di come il sovrano mongolo trattasse i tre come persone fidate, a cui delegava importanti e delicate ambascerie in diverse regioni dell’impero. Tra il 18° e il 74° capitolo, poi, il libro presenta le terre d’Oriente, descrivendo implicitamente l’itinerario seguito dai tre mercanti-ambasciatori, quello che secoli dopo sarà ribattezzato la Via della Seta. Marco cita l’Erminia (Armenia), la Turcomannia (Turchia), il Georgiens (Georgia), la città di Mosul, il saccheggio della città di Baudac (Baghdad), Toris (Tabriz), la Persia (Iadis, il reame di Creman, Camandi, il piano di Formosa e il mare Oziano con il porto di Ormuz), il deserto del Gobi, il Khorasan, l’odierno Afghanistan, di cui l’autore resta affascinato, il Tangut, ai confini con il Catai, il Kashmir, il Turkmenistan cinese, la provincia di Chingitalas dove assistettero alla lavorazione di materiale ignifugo, Zhangye, Caracorum, la parte settentrionale dell’ansa del Fiume Giallo, fino a Xanadu, città che il Gran Khan Kubilai aveva fondato da poco. Di questo meraviglioso viaggio descrisse con estrema accuratezza ogni città, fiume, paesaggio e persona incontrata, commentandone usi e costumi, confrontati con quelli della cultura mediterranea, ma giungendo alla conclusione che “tra tutti gli signori del mondo non hanno tanta ricchezza quanta ne ha il Gran Khan solo“. Dal 75° al 103° capitolo, invece, c’è prima una parte interamente dedicata alle battaglie combattute dal sovrano per consolidare il proprio impero, poi un suo dettagliatissimo ritratto sia fisico che morale, mentre dal 104° al 209° la narrazione si sposta sulla presentazione di tutte le province mongole, di tanto in tanto inframmezzata da alcune battaglie combattute in diverse località. Nel 1292 Marco, Niccolò e Matteo Polo ripartirono via mare verso Venezia, per fare ritorno in patria tre anni più tardi.