Alexandros: testo, parafrasi e figure retoriche
La poesia “Alexandros” di Giovanni Pascoli esplora il tema del contrasto tra il desiderio umano di conoscenza e l’inevitabile confronto con i propri limiti. Attraverso la figura storica di Alessandro Magno, il poeta riflette sull’aspirazione all’infinito e sulla consapevolezza dei confini insormontabili che caratterizzano l’esperienza umana.
- Alexandros: il testo e la parafrasi
- Alexandros: contesto e significato
- Alexandros: analisi della poesia
- Temi principali del componimento
- Alexandros: le figure retoriche
Alexandros: il testo e la parafrasi
Ecco il testo della poesia “Alexandros” di Giovanni Pascoli:
Giungemmo: è il Fine. O sacro Araldo, squilla!
Non altra terra se non là, nell’aria,
quella che in mezzo del brocchier vi brilla,
o Pezetèri: errante e solitaria
terra, inaccessa. Dall’ultima sponda
vedete là, mistofori di Caria,
l’ultimo fiume Oceano senz’onda.
O venuti dall’Haemo e dal Carmelo,
ecco, la terra sfuma e si profonda
dentro la notte fulgida del cielo.
Fiumane che passai! voi la foresta
immota nella chiara acqua portate,
portate il cupo mormorìo, che resta.
Montagne che varcai! dopo varcate,
sì grande spazio di su voi non pare,
che maggior prima non lo invidïate.
Azzurri, come il cielo, come il mare,
o monti! o fiumi! era miglior pensiero
ristare, non guardare oltre, sognare:
il sogno è l’infinita ombra del Vero.
Oh! più felice, quanto più cammino
m’era d’innanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!
Ad Isso, quando divampava ai vènti
notturno il campo, con le mille schiere,
e i carri oscuri e gl’infiniti armenti.
A Pella! quando nelle lunghe sere
inseguivamo, o mio Capo di toro,
il sole; il sole che tra selve nere,
sempre più lungi, ardea come un tesoro.
Figlio d’Amynta! io non sapea di meta
allor che mossi. Un nomo di tra le are
intonava Timotheo, l’auleta:
soffio possente d’un fatale andare,
oltre la morte; e m’è nel cuor, presente
come in conchiglia murmure di mare.
O squillo acuto, o spirito possente,
che passi in alto e gridi, che ti segua!
ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Niente…
e il canto passa ed oltre noi dilegua.
E così, piange, poi che giunse anelo:
piange dall’occhio nero come morte;
piange dall’occhio azzurro come cielo.
Ché si fa sempre (tale è la sua sorte)
nell’occhio nero lo sperar, più vano;
nell’occhio azzurro il desiar, più forte.
Egli ode belve fremere lontano,
egli ode forze incognite, incessanti,
passargli a fronte nell’immenso piano,
come trotto di mandre d’elefanti.
In tanto nell’Epiro aspra e montana
filano le sue vergini sorelle
pel dolce Assente la milesia lana.
A tarda notte, tra le industri ancelle,
torcono il fuso con le ceree dita;
e il vento passa e passano le stelle.
Olympiàs in un sogno smarrita
ascolta il lungo favellìo d’un fonte,
ascolta nella cava ombra infinita
le grandi quercie bisbigliar sul monte.
Parafrasi:
Siamo arrivati: è la fine. O sacro Araldo, suona la tromba! Non c’è altra terra se non quella lassù, nel cielo, quella che brilla al centro del vostro scudo, o Pezetèri (soldati a piedi): terra errante e solitaria, inaccessibile. Dall’ultima sponda vedete lì, mercenari di Caria, l’ultimo fiume, l’Oceano senza onde. O voi che venite dall’Haemo e dal Carmelo, ecco, la terra svanisce e sprofonda nella notte luminosa del cielo.
O fiumi che ho attraversato! Voi portate la foresta immobile riflessa nelle acque limpide, portate il cupo mormorio che permane. O montagne che ho superato! Dopo avervi oltrepassato, lo spazio che si vede da voi non sembra così vasto, tanto che prima lo si immaginava più grande. Azzurri come il cielo, come il mare, o monti! o fiumi! Sarebbe stato meglio fermarsi, non guardare oltre, sognare: il sogno è l’infinita ombra della Verità.
Oh! Ero più felice quanto più cammino avevo davanti; quanto più sfide, quanto più dubbi, quanto più destino! Ad Isso, quando il campo notturno ardeva al vento con le mille schiere, i carri oscuri e gli infiniti armenti. A Pella! Quando nelle lunghe sere inseguivamo, o mio Capo di toro, il sole; il sole che tra foreste nere, sempre più lontano, ardeva come un tesoro.
Figlio di Amynta! Non conoscevo una meta quando partii. Un canto tra gli altari intonava Timotheo, il flautista: un soffio possente di un andare fatale, oltre la morte; e mi è nel cuore, presente come in una conchiglia il mormorio del mare. O squillo acuto, o spirito possente, che voli in alto e gridi, che ti segua! Ma questo è il Fine, è l’Oceano, il Nulla… e il canto passa e oltre noi svanisce.
E così, piange, dopo essere giunto ansimante: piange dall’occhio nero come la morte; piange dall’occhio azzurro come il cielo. Poiché accade sempre (questa è la sua sorte) che nell’occhio nero la speranza diventi più vana; nell’occhio azzurro il desiderio più intenso. Egli ode belve fremere lontano, egli ode forze sconosciute e incessanti attraversare l’immensa pianura di fronte a lui, simili al trotto di mandrie di elefanti.
Intanto, nelle terre dell’Epiro aspre e montuose, le sue vergini sorelle filano per il caro Assente la lana milesia. A tarda notte, tra le industri ancelle, torcono il fuso con le loro dita di cera; e il vento soffia e passano le stelle. Olympiàs, immersa in un sogno confuso, ascolta il lungo mormorio di una fonte e, nella profonda ombra infinita, sente il bisbiglio delle grandi querce sul monte.
Alexandros: contesto e significato
Giovanni Pascoli scrisse “Alexandros” nel 1904 come parte della raccolta “Poemi conviviali” , una serie di componimenti poetici che si concentrano su figure storiche e mitologiche. Questa poesia si ispira alla figura di Alessandro Magno, l’emblematico condottiero macedone che incarna il desiderio umano di superare ogni confine geografico, culturale e conoscitivo.
Pascoli affronta il tema del viaggio e dell’aspirazione all’infinito, mostrando come il sogno di Alessandro si scontri con i limiti dell’esistenza umana. Il poeta utilizza Alessandro come simbolo dell’uomo che cerca l’assoluto , solo per scoprire che la conoscenza suprema porta con sé una profonda malinconia e il senso del nulla. L’opera riflette anche una dimensione esistenziale e filosofica: il sogno come “infinita ombra del vero” rappresenta il desiderio di trascendere la realtà tangibile per avvicinarsi all’ignoto.
Dal punto di vista storico, Pascoli inserisce il personaggio di Alessandro in un contesto simbolico, dove ogni dettaglio del viaggio diventa metafora della condizione umana. L’oceano, la notte, e il “nulla” rappresentano la fine del percorso, il limite ultimo al quale l’uomo giunge con la sua incessante ricerca.
Alexandros: analisi della poesia
“Alexandros” si distingue per la sua struttura articolata e il suo stile elevato. La poesia è suddivisa in sei strofe che sviluppano un percorso narrativo e riflessivo, seguendo le tappe simboliche della vita di Alessandro Magno. Pascoli adotta una metrica regolare, alternando versi endecasillabi e settenari, una scelta che conferisce musicalità e solennità al componimento. L’uso di enjambement collega i versi, creando un fluire continuo delle immagini.
Temi principali del componimento
La poesia affronta alcuni temi fondamentali che si intrecciano per dare profondità al messaggio di Pascoli. Innanzitutto, emerge il tema della ricerca dell’assoluto , rappresentata dalla figura di Alessandro Magno, simbolo dell’uomo mosso da un’ambizione sconfinata che lo spinge a superare ogni limite, fino a trovarsi inevitabilmente di fronte al nulla. Un altro elemento centrale è il contrasto tra sogno e realtà : il sogno diventa la proiezione ideale dell’uomo, la sua aspirazione verso l’infinito, ma la realtà si impone con la sua inesorabile concretezza, ponendo confini invalicabili. Infine, la poesia esprime la malinconia del successo , poiché Alessandro, pur raggiungendo l’estremo confine del mondo conosciuto, non trova la realizzazione, ma solo un senso di vuoto, insoddisfazione e perdita. Questo messaggio universale riflette la condizione umana, sospesa tra l’aspirazione all’infinito e i limiti della realtà.
Gli elementi naturali, come i fiumi, le montagne e l’Oceano, sono carichi di significato. Rappresentano non solo ostacoli fisici ma anche sfide interiori che l’uomo deve affrontare nel suo cammino verso la conoscenza.
Alexandros: le figure retoriche
Pascoli fa ampio uso di figure retoriche per amplificare la forza espressiva della poesia. Ecco alcune delle principali, con una spiegazione dettagliata:
- Allitterazione: l’uso della ripetizione del suono “s” nel verso “Passano le stelle” crea un effetto di continuità e leggerezza, evocando il movimento del cielo notturno.
- Metafora: nel verso “Il sogno è l’infinita ombra del Vero” (II strofa), il sogno è rappresentato come un’ombra, simbolo di un legame indiretto e incompleto con la verità assoluta. Allo stesso modo, nel verso “Passargli a fronte nell’immenso piano, / come trotto di mandre d’elefanti” (V strofa), il rumore delle forze incognite è paragonato al trotto degli elefanti, enfatizzando la potenza e il mistero di ciò che è ignoto
- Similitudine: questa figura retorica è evidente nel verso “Piange dall’occhio nero come morte; / piange dall’occhio azzurro come cielo” (V strofa), dove il dualismo tra morte e cielo simboleggia i due poli opposti della condizione umana: la disperazione e la speranza.
- Enjambement: la figura retorica è presente in tutta la poesia, come ad esempio tra i versi “ecco, la terra sfuma e si profonda / dentro la notte fulgida del cielo” (I strofa). L’idea si estende oltre la fine del verso, creando un effetto di continuità che riflette il senso di esplorazione e scoperta.
- Personificazione: nel verso “Fiumane che passai! voi la foresta immota nella chiara acqua portate” (II strofa), i fiumi e le montagne sono animati, diventando simboli della natura che accompagna e testimonia il viaggio umano.
- Anastrofe: in questo caso “Montagne che varcai! dopo varcate, / sì grande spazio di su voi non pare” (II strofa), l’ordine delle parole è invertito per dare maggiore enfasi alle montagne, protagoniste simboliche della strofa.
- Climax: Pascoli utilizza la figura retorica del climax nel verso “Quanto più cimenti, quanto più dubbi, quanto più destino!” (III strofa). L’intensificazione progressiva delle difficoltà sottolinea la crescita esistenziale del protagonista, evidenziando il suo confronto con sfide sempre maggiori.
- Antitesi: un esempio si trova nel verso “Nell’occhio nero lo sperar, più vano; / nell’occhio azzurro il desiar, più forte” (V strofa), dove il contrasto tra il nero e l’azzurro simboleggia le forze opposte che governano l’animo umano: la vanità della speranza e l’intensità del desiderio.
- Sinestesia: nel verso “Dentro la notte fulgida del cielo” (I strofa), la combinazione di percezioni sensoriali diverse, come la notte e la luce, genera un’immagine suggestiva e ricca di significato simbolico, che evoca il contrasto tra oscurità e luminosità.
La poesia “Alexandros” non è solo una celebrazione della figura storica di Alessandro Magno, ma un’indagine profonda sulle aspirazioni e sui limiti dell’essere umano. Attraverso un linguaggio ricco e simbolico, Pascoli invita il lettore a riflettere sulla tensione tra il desiderio di infinito e la realtà della finitezza.