Salta al contenuto

Caterina de' Medici, vita e pensiero politico della regina di Francia

Marco Netri

Marco Netri

GIORNALISTA E IMPRENDITORE

Ho iniziato a scrivere da giovanissimo e ne ho fatto il mio lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche e il Master in Giornalismo conseguiti alla Luiss, ho associato la passione per la scrittura a quello per lo studio dedicandomi per anni al lavoro di ricercatore. Oggi sono imprenditore di me stesso.

Figura controversa, appartenente a un ramo minore mediceo discendente di Lorenzo il Magnifico solo in linea femminile tramite la figlia Lucrezia, fino alla fine dell’Ottocento è stata descritta dalla storiografia francese come una donna “fredda, gelosa, vendicativa, avida di potere e pronta a tutto per raggiungere i suoi scopi“, sulla stessa falsariga del ‘Principe’, che Nicolò Machiavelli ‘dedicò’ a suo padre, il duca di Urbino Lorenzo di Piero de’ Medici. Caterina, ad ogni modo, è stata ‘rivalutata’ in epoca contemporanea, soprattutto per i suoi sforzi finalizzati alla conciliazione tra cattolici e protestanti e per la sua infinita cultura: parlò italiano, francese e latino, comprese quasi perfettamente il greco e realizzò una biblioteca personale di 2.118 libri, compresi alcuni manoscritti rari, dei più disparati argomenti: dalla storia all’arte, dalla teologia all’astronomia, dalla medicina all’alchimia, da matematica e scienze a danza e musica.

Chi era Caterina de’ Medici

Caterina Maria Romula de’ Medici nacque a Firenze il 13 aprile 1519 dal duca di Urbino Lorenzo di Piero de’ Medici, posto a capo della Repubblica della città, e la principessa francese Maddalena de La Tour d’Auvergne, contessa di Boulogne, ma rimase orfana prestissimo: la madre morì il 28 aprile di febbre puerperale e il padre, probabilmente da tempo malato di sifilide, il 4 maggio successivo. Il re Francesco I pretese che venisse allevata in Francia, in modo tale da tenerla in ostaggio per far rispettare a Leone X gli accordi presi, ma il papa si oppose. Crebbe così con la nonna Alfonsina Orsini e, alla sua morte nel 1520, con le vecchie zie Clarice de’ Medici e Maria Salviati. Ereditò il titolo di duchessa di Urbino, ma il nuovo pontefice Adriano VI – alleato degli Asburgo – nel 1521 la privò di ogni diritto nello storico centro marchigiano. La situazione cambiò due anni più tardi, con l’elezione di Clemente VII, all’anagrafe Giulio de’ Medici e cugino di suo nonno. Il papa fece trasferire Caterina, insieme al ‘bastardo’ Alessandro nel palazzo di sua proprietà, Palazzo Medici Riccardi. Dopo un periodo turbolento, con il sacco di Roma del 1527, la ribellione dei fiorentini contro il governo del cardinal Passerini nel medesimo anno e l’assedio del capoluogo toscano da parte di Carlo V nel 1529, Caterina – tenuta in ostaggio in vari monasteri – all’età di otto anni raggiunse quello benedettino delle Murate, dove fu allevata amorevolmente dalle suore di clausura. Quindi, nel 1530, si ricongiunse con Clemente VII a Roma, il quale si spese al fine di assicurarle un matrimonio vantaggioso. Dopo aver ‘sondato’ Ercole d’Este, Giacomo V di Scozia, Henry FitzRoy, Federico Gonzaga, Guidobaldo della Rovere e Francesco II Sforza, il pontefice accettò la candidatura di Francesco I, combinando la sua unione con quella del secondogenito del sovrano, Enrico, parallelamente a quella di Alessandro – nominato duca di Firenze – con la figlia illegittima di Carlo V, Margherita d’Austria. Caterina apprese rapidamente il francese, seppur si dica che lo abbia parlato per tutta la vita con un ‘forte accento italiano’, e – il 28 ottobre 1533 – vennero celebrate delle sfarzose nozze nella chiesa di San Ferreolo a Marsiglia. Alla presenza del papa e del re di Francia, i due 14enni ‘consumarono’ il matrimonio già la prima notte. Il 25 settembre 1534, però, la morte di Clemente VII mise in crisi l’alleanza tra lo Stato transalpino e quello vaticano e, con essa, la relazione tra i giovani. Molti cortigiani, infatti, ritenevano disonorevole per un erede al trono francese il matrimonio con una figlia di banchieri, definito una mésalliance, cioè una disalleanza. La ragazza, però, intelligente, colta, modesta e ubbidiente, si fece ben volere da tutti, a partire dal monarca – che la inserì nella petite bande, la cerchia di favoriti che lo seguiva ovunque andasse – e dalla regina Eleonora, ma anche dalla sorella di Francesco I, Margherita di Navarra, e dalle sorelle del marito, Margherita e Maddalena. Fu proprio per partecipare alle battute di caccia del suocero, dal quale ‘rubò’ – come precedentemente fatto con Clemente VII – ogni segreto politico, che inventò la famosa ‘cavalcata all’amazzone’.

Caterina de’ Medici, da delfina a Regina di Francia

Il 10 agosto 1536 morì il primogenito del re, il delfino Francesco di Valois: Enrico e Caterina divennero così i legittimi eredi al trono di Francia. La ragazza venne prima accusata di aver avvelenato il cognato, ‘un’arte tipicamente italiana’, ma Francesco I non dette alcun peso a tali maldicenze, quindi le vennero data la colpa di non aver ancora generato eredi. In realtà Caterina, profondamente innamorata del marito, soffriva la sua indifferenza e la sua passione per l’amante Diana di Poitiers, di venti anni più grande. A peggiorare la situazione ci fu la nascita, nel 1538, della figlia avuta da Enrico con Filippa Duci, Diana, durante una campagna militare in Italia. Sulla giovane Medici si abbatté così la minaccia del ripudio a causa di un’ipotetica sterilità. La sua reazione fu quella di chiedere al re di essere spedita in convento, di far sciogliere il matrimonio e permettere ad Enrico di risposarsi, ma la richiesta commosse Francesco I a tal punto che si schierò dalla sua parte, così come Margherita di Navarra e la stessa Diana di Poitiers, convinta del fatto che avrebbe avuto ‘meno influenza’ sul ragazzo se si fosse risposato. La delfina provò qualsiasi rimedio per restare incinta, dai medicinali ai cataplasmi, fino a bere urina di mula, ma furono i consigli del medico ed astronomo Jean Fernel, che riscontrò delle anormalità nell’apparato sessuale di entrambi, a risolvere la delicata situazione: venne così al mondo il futuro re Francesco II nel gennaio 1544, seguito da Elisabetta nel 1545, Claudia nel 1547, Luigi nel 1549 (scomparso meno di un anno dopo), Carlo (poi Carlo IX) nel 1550, il futuro Enrico III nel 1552, Margherita nel 1553, Ercole Francesco nel 1554 e, infine, le gemelle Giovanna (nata morta) e Vittoria (spentasi dopo poche settimane) nel 1556, al termine di un parto complicatissimo, con Caterina stessa che rischiò una prematura dipartita, costretta di lì in avanti a rinunciare a nuove gravidanze. Il 1547 fu l’anno in cui i delfini salirono al trono di Francia, con il nuovo sovrano che ridistribuì completamente il potere, dando grande influenza all’amico e confidente Anne de Montmorency e nominando Diana di Poitiers duchessa di Valentinois. Quest’ultima, offuscò la regina persino nel giorno della sua incoronazione – il 10 giugno 1549 – e, più in generale, interferì nell’educazione e nella crescita dei figli, fino alla morte di Enrico, nel 1559, dopo dieci giorni di agonia per una ferita alla testa riportata durante un torneo cavalleresco. Salì così al potere Francesco II, appena 15enne e sposato con Maria Stuarda, mentre Caterina, che iniziò a vestirsi di nero in segno di lutto, restò piuttosto in disparte, tanto nelle questioni politiche, quanto negli eventi pubblici. Tuttavia, fu particolarmente abile a condurre un doppio gioco tra i Guisa, famiglia principesca da cui discendeva la nuora, ricchi e cattolici, e le forze protestanti. Nel 1560, però, Francesco II, di salute cagionevole dalla nascita, morì a causa di una sincope. Seppur addolorata, Caterina prese in mano le redini del potere. Ispirata tanto dalla corrente dell’erasmismo, orientato verso una politica di pace, e del neoplatonismo, che predicava la missione divina del sovrano, la regina – il 17 gennaio 1562 – promulgò l’editto di Saint-Germain, che riconosceva la libertà di coscienza e di culto per i protestanti, in cambio della restituzione di tutti i luoghi ‘sacri’ di cui si erano appropriati. Caterina sedò abilmente la prima guerra di religione, imprigionando i Guisa autori della strage di Wassy, e nell’agosto 1563 – al compimento dei 18 anni di Carlo IX – si vide confermare dal figlio tutti i poteri sin lì posseduti. Nel 1567, però, a seguito della ‘sorpresa di Meaux’, una cospirazione (che fallì) organizzata da Luigi I di Borbone-Condé allo scopo di rapire il re e la sua famiglia, la popolarità di Caterina e della sua ‘politica della tolleranza’ diminuì bruscamente. L’ultima, disperata mossa per riportare la pace in Francia fu quella di organizzare il matrimonio di sua figlia Margherita con il principe di Borbone Enrico III di Navarra ma, messa alle strette, acconsentì a far abbattere i principali capi ugonotti arrivati a Parigi per le nozze: il cosiddetto massacro della notte di San Bartolomeo, andato in scena tra il 23 e il 24 agosto 1572. Quindi, il 30 maggio di due anni più tardi, Carlo IX morì di tubercolosi, lasciando alla madre la reggenza del Paese, fino all’arrivo del nuovo sovrano Enrico III, considerato il suo ‘figlio preferito’. Mentre Enrico governava, Caterina avviava negoziati e viaggiava per l’Europa al fine di far rispettare gli editti di pace. Nel 1578, poi, fece imprigionare ed arrestare l’amante della figlia di Margherita, permettendole di riconciliarsi con il marito, il re di Navarra, salvo evitarla per il resto della sua vita. Perseguì il proprio ideale fino al 1588 – a pochi mesi dalla sua morte, sopraggiunta il 5 gennaio dell’anno successivo – quando, allo scoppio della Giornata delle barricate, affrontò la ribellione, percorrendo a piedi le strade di Parigi e aprendosi un varco tra le barricate. Si spense circondata dall’amore dei propri cari ma, dal momento che Saint-Denis era nelle mani dei congiurati, non poté esservi sepolta e le sue spoglie rimasero a Blois, per essere tumulate nella basilica soltanto 22 anni più tardi.