Simone de Beauvoir è suna scrittrice, saggista, filosofa, insegnante e femminista francese. Il vero nome è Simone Lucie Ernestine Marie Bertrand de Beauvoir e nasce a Parigi il 9 gennaio del 1908. Proveniente da una famiglia benestante, riceve un’educazione rigida e severa. La bancarotta del nonno materno porta però la famiglia a vivere anni di disagi economici e ristrettezze.
Grazie alla sua passione per lo studio, Simone si iscrive all’istituto Désir dove dimostra la sua intelligenza. Fortemente interessata alla letteratura francese, contemporanea e per i capolavori dei surrealisti, studia alla Sorbona dove ottiene l’abilitazione all’insegnamento della filosofia. In questi anni entra a far parte del movimento socialista, mentre all’università conosce Levi-Strauss, Raymond Aron, Merleau-Ponty e Jean Paul Sartre. Con quest’ultimo il legame è anche sentimentale, oltre che intellettuale, e durerà per tutta la vita anche se i due non convoleranno mai a nozze.
Dal 1930 Simone de Beauvoir inizia a insegnare prima a Marsiglia, poi a Rouen e infine a Parigi fino al 1943, quando viene licenziata e interdetta a vita dall’insegnamento per corruzione di un minore a causa di una relazione con una delle sue studentesse. Insieme a Sartre sempre dagli anni ‘30 viaggia in giro per il mondo e conosce numerosi autori come Ernest Hemingway, Marcel Proust e Virginia Woolf. Assiste anche all’espandersi del nazismo e del fascismo, senza però mai esporsi.
Nel 1943 pubblica il primo romanzo, L’invitata, che tratta il tema dell’inserimento di un terzo personaggio in una coppia che ne muta l’equilibrio. L’anno successivo affronta il tema della guerra nel secondo libro Il sangue degli altri. Dopo la Liberazione, con Sartre, Paulhan, Merleau-Ponty e altri intellettuali, fonda la rivista Les Temps Modernes, in cui pubblica articoli sulla filosofia esistenzialista e gli eventi contemporanei.
Nel 1947 la scrittrice va negli Usa e poi in Brasile, a Cuba, in Cina e Unione Sovietica. Dopo aver pubblicato Il secondo sesso, diventa famosa in tutto il mondo anche se l’opinione pubblica si divide a causa delle posizioni che la scrittrice assume sulla condizione femminile a livello sociale e morale.
Cinque anni dopo riceve il premio Goncourt per uno dei suoi romanzi più celebri: I Mandarini, che parla delle paure e delle speranze della società francese del dopoguerra. Tra metà anni ’50 e inizio anni ’60 Simone scrive anche la sua autobiografia articolata in quattro volumi: Memorie di una ragazza per bene, L’età forte, La forza delle cose e A conti fatti.
Simone de Beauvoir è considerata la madre del femminismo che sostiene con impegno dagli anni ’60. Dopo aver pubblicato un altro romanzo autobiografico dedicato alla madre scomparsa di recente, Una morte dolcissima, tra il 1966 e il 1967 realizza i libri Le belle immagini e La donna spezzata.
Segue e sostiene la rivoluzione studentesca parigina del ’68 e partecipa alle manifestazioni organizzate dal movimento femminista. Nel 1971 redige il Manifesto delle 343 puttane firmato appunto da 343 fra intellettuali, attrici, e donne comuni che si autodenunciano per avere fatto ricorso all’aborto, all’epoca punito con il carcere da 3 mesi a 6 anni. Insieme ad altre donne fonda la Lega per i diritti delle donne, organizzazione di cui nel 1974 diventa Presidente.
Dopo la morte di Sartre, deceduto il 15 aprile del 1980, nel 1981 la scrittrice pubblica La cerimonia degli addii, in cui racconta i suoi ultimi dieci anni di vita. Le ultime due opere di Simone de Beauvoir sono Lettera al castro e ad altre amiche e Quando tutte le donne del mondo. Muore a Parigi il 14 aprile del 1986.